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4a Puntata – La storia bavosa dei capalesi di Gomorra

L TESTO:

Nella regione centrale di Mafiopoli ci sta un quadrato di terra, un fazzoletto di regione che una volta era Campagna e che adesso in onore della Gomorra (una particolare specie di monnezza umana che ci cammina sopra a quel fazzoletto) adesso il Principe di Mafiopoli l’ha chiamata Campania, dal passato remoto di campare. Campania in provincia di Mafiopoli è l’isola che non c’è, è la terra del rovescio: Campania in provincia di Mafiopoli è quello che non ti aspetti. Arrivi e ti aspetti di arrivare su una strada, perché no magari in un di quelle belle strade tutte riasfaltate con la mano saggia di Michelino Aiello (che a forza di saggiare strade tra Monreale e Altofonte è diventato benemerito ed è riuscito a regalarci una prostata nuova in inox a Zio Binnu Provenzano), e invece nella terra di Gomorra le strade non ci sono. Te le aspetti? E speri. A Gomorra con l’asfalto ci pettinano i negri e le serrande dei rivoltosi e le strade sono tutte di bel percolato, che è la scia bavosa dei Capalesi, i reucci del posto. Quel paio di mulattiere aiellamente asfaltate portano alle reggie dei reucci, lì sì, perché costa pulire le ruote del mercedes dalla polvere e dalla scia che lasciano i compari. Un magico sistema di strade, anzi il magico ‘o sistema di strade. Tant’è che uno dei reucci primi lo chiamano mica per niente Sandrocàn perché ci pare una scimmia e balzella felice sulle liane. Anche se non si chiama Sandro ma i Capalesi dicono che è una licenzia poetica. La terra di Gomorra è nata da poco, è terra giovane figlia di raccolta differenziata: storie di Romolo, Remolo e Cutolo. Si comincia dentro una carrozzeria, perché per fondare le nuove regioni a Mafiopoli bisogna essere capaci di sfasciare e sistemare, sistemare le frecce addolcire le frizioni. Il Bardellino è carrozziere serio e provato e lo sa bene, lui che vuole aggiungerci la sua nuova regione Gomorra sulla cartina insieme al vecchio compare Iovine. Perché a Mafiopoli i giovani ci vogliono cambiare vita, e per cambiare vita se non ci hai le poppe per fare la velina allora devi inventarti un onesto lavoro di rappresentanza sul territorio: rappresentanza capillare, a porta a porta, professionale, regolare e continua, pressante senza farlo pesare come i venditori di enciclopedie, insomma. È che il vecchio cumulo Cutolo attaccato alla lupa ci voleva rimanere lui. E allora a Gomorra l’aria diventava elettrica. Che alla Società dell’Energia Mafiopolitana si chiedono ancora oggi come ci fa ad essere per terra così tanta elettricità e così pochi pagatori di bollette, che ci hanno 3000 contenziosi su 4500 utenze. Ma i Mafiopolitani dicono che l’elettricità e la scossa sono un dono di Dio, ed è immorale andare in posta a pagarli. E così è, se vi pare, amen. Ed è per questo che a Cutolo ci hanno messo una bomba sotto la sua residenza di Ottaviano. Perché i Capalesi sono morali. E così è, se vi pare, amen. E comincia a sbocciare la terra florida e fiorente dei Capalesi di Gomorra. A Mafiopoli la storia di Gomorra si studia in seconda elementare e i bambini imparano subito a segnarci sul mappamondo quella bella terra differenziata in tutta la zona che ci hanno chiamato “mazzoni” dal passato remoto di mazzate nella zona di Campani dal passato remoto di campare della repubblica di Mafiopoli. Dove tutto va la rovescio. Va tutto così storto che al Casale del Principe ci hanno fatto anche due record del guinnes dei primati (nel senso di primati e mica di primi) che a un giro di elezione su 30 consigliori comunali 17 erano semi-capalesi; che a Bardellino bardellinavano gli occhi di soddisfazione a pensarci. E la sagra dello sparo sventagliato ha portato la pro loco dei Capalesi sulla bocca di tutto il mondo, e a Gomorra è sempre una panettona e televisiva nevicata di spari. Una gioia, una paranza, un tripudio di civiltà.
“siamo in guerra e non lo sappiamo!” – disse un giorno lo scemo del villaggio con la fisarmonica sbilenca e il cappello dell’elemosina. “non è vero!” risposero in coro Sandrocàn, Zagaria e il vecchio Iovine. “È il suono dolce dei fuochi artificiali!” dissero in coro come Qui, Quo e Qua.
Ma se c’è una fierezza dell’ambasciatore di Gomorra, se c’è una cosa che è nei cataloghi dei souvenir di tutto il resto di mondo è la gestione dei riufiuti. Di tutti i rifiuti. I rifiuti delle botteghe a cucirsi il pizzo sugli orli della giacca è cosa rara ma ben differenziata: per gli umidi i kalashnikov e per i secchi le pistole 9×21 (che le chiamano così perché sono 10 anni che ci provano a fare la somma). Per i rifiuti del water e del lavandino ci applicano la differenziata, differenziano ora questo ora quello conto corrente. Lavoro fino da ragionieri ragionevoli e ragionati. Per i rifiuti tossici, dicono i reucci dei Capalesi che i rifiuti tossici sono una vergogna, e siccome loro sono i paladini della moralità con un’azione forte li hanno fatti finire sotto terra.
“siamo immersi nella monnezza e non lo sappiamo!” disse un giorno lo scemo del villaggio con la fisarmonica sbilenca e il cappello dell’elemosina. “non è vero!” rispose il Principe cacchiavellico mentre smonnezzava con lo scopino sotto il tappeto, come Qui, Quo e Qua.
“ma allora perché i Capalesi hanno ucciso Michele Orsi?” richiese lo scemo del villaggio con la fisarmonica sbilenca e il cappello dell’elemosina. “Perché proprio lui che ci teneva l’aziendina che aveva vinto l’appalto per la mescolanza dei rifiuti? Perché Gomorra se l’è trivellato?” insisteva curioso. “non è verò” urlò il principe Cacchiavellico all’inaugurazione del nuovo ponte da Messina al cesso di Sandrocàn, “non gettiamo fango su Gomorra! Amico di Orsi era anche di qualcuno del Bertolaso, lo sceriffo delle mescolanze monnezzare!, Bertolaso è al soldo dello stato! Mica di Gomorra!”
Mafiopoli su quella risposta rimase così, così mezza mezza come si rimane sulle risposte mezze mezze. E intanto scendeva la sera, e con la sera il nero del buio e il nero dei neri sparati per esercitazione. Una meravigliosa giornata di mezze risposte e senza domande: molto free, liberty, e mafiusy. All’Americana.

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