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Ho incontrato Giulio Cavalli

Ho incontrato Giulio Cavalli. Attore ed autore teatrale che vive attualmente sotto scorta. Per motivi diversi già ci sentivamo per telefono o per email. Ma l’occasione di potergli stringere la mano mi ha permesso di farmi un’idea sull’uomo, sulla cultura, su ciò che accade in Italia. Giulio vive sotto scorta perché minacciato di morte dalla Mafia. Caso unico nel suo genere in Italia e forse in Europa. Nessuna raccolta di firme o vesti che si strappano. Giulio non ne fa un dramma, tantomeno un martirio. Non è piangente su se stesso ne lamentoso. Ecco, forse la spiegazione: se non sei un gadget televisivo o mediatico, non vai bene. Eppure Cavalli non è solo Radio Mafiopoli. I suoi spettacoli toccano diversi temi: Linate 8 ottobre 2001, sulla tragedia che costò la vita a 118 persone. Bambini a dondolo, sul dramma del turismo sessuale che coinvolge i minori. Non solo mafia, ma società italiana con i suoi drammi e le sue tragedie. Ultimamente Cavalli è stato querelato preventivamente da Fiorani (proprio il banchiere ospite di Lele Mora), perdendo, ovviamente, per uno spettacolo sulla Popolare di Lodi. Cavalli è un uomo di cultura, di denuncia, di studio. Ricorda, racconta, tramanda storie, narrazioni, nomi, piccole indegnità del nostro Paese. Eppure non lo sento spesso. Non si ascoltano tante interviste di Cavalli nel circo mediatico. Già, Giulio è posato e non si mette in posa, recita e studia, non blatera slogan. Giulio è cittadino non martire, dice quello che pensa senza fare il conteggio della popolarità mediatica. Cavalli beffa la Mafia con il suo palcoscenico puntato verso le coscienze. Non si trastulla con le parole, ma riflette le angosce di una nazione. Eppure rischia la vita. Per davvero. Non è uno scherzo. Lo vogliono morto. Eppure Cavalli sorride, si preoccupa ma non lo da a vedere. Sarebbe salutare sentirlo parlare, dargli più spazio per i suoi testi scritti, eccellenti nella loro composizione, profondità, semplicità. Ma Giulio pone noi al primo posto e non se stesso. Ma questa è una nazione che gli piace il sangue spettacolo, i martiri mediatici. La normalità della cultura, quella vera, beh è roba da teatranti.

Sergio Nazzaro

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