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Aprile 2010

Cornuti e derisi: Fiorani si salva con lo scudo fiscale?

Gianpiero Fiorani, ex amministratore delegato della Banca Popolare Italiana, dopo un patteggiamento a 3 anni e 3 mesi per associazione a delinquere, truffa e appropriazione indebita e una condanna in primo grado a 3 anni e 6 mesi per falso in bilancio, propone una transazione di 40 milioni di euro al suo ex istituto di credito.

La transazione proposta da Fiorani è la risposta all’azione di responsabilità votata dal 68,4% dei soci della banca di cui era Amministratore Delegato. Ma in cosa consiste l’azione di responsabilità? L’art. 2392, c.1 cod.civ. afferma che “gli amministratori devono adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze. Essi sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza di tali doveri, a meno che si tratti di attribuzioni proprie del comitato esecutivo o di funzioni in concreto attribuite ad uno o più amministratori”. Ammettendo anche che il patteggiamento non sia un segnale di assunzione di responsabilità o, per meglio dire, di conferma di irresponsabilità, la condanna per falso in bilancio certamente evidenzia una scarsa diligenza nella gestione del proprio incarico. Non credo possa esserci segnale di peggior gestione di una società di quello rappresentato da una condanna per falso in bilancio e, del resto, l’ampia maggioranza dei soci che ha votato per l’azione di responsabilità è giunta alla medesima conclusione.

La legge all’art.2393 c.6 cod.civ. dispone che “la società può rinunziare all’esercizio dell’azione di responsabilità e può transigere, purché la rinunzia e la transazione siano approvate con espressa deliberazione dell’assemblea”. Forse è necessario ricordare la propensione di Fiorani all’accordo che ha caraterizzato gli ultimi percorsi giudiziari a partire dal patteggiamento sino ad arrivare alla transazione. Ma in quest’ultima proposta di soluzione della controversia c’è un aspetto da non sottovalutare. Una parte dei 40 milioni di euro offerti da Fiorani arriverebbero da alcuni conti di banche site in Svizzera e a Singapore. Come? Attraverso la manna dello scudo fiscale. La proroga prevista dal Governo fino al 30 aprile per il rientro dei capitali dall’estero eleva l’aliquota al 7%, percentuale che resta irrisoria.

Quindi, Fiorani è riuscito a trasferire all’estero ingenti capitali. In seguito alla richiesta di risarcimento della sua ex banca propone una transazione di 40 milioni di euro. Non ha più il problema di giustificare il rientro dei capitali perchè, grazie allo scudo fiscale, si assicura la copertura da eventuali accertamenti amministrativi o giudiziari e automaticamente non possono essere accertate eventuali violazioni di natura tributaria e previdenziale, poiché non sono punibili i reati di omessa o infedele dichiarazione.

A questo punto la parola conclusiva spetta al Consiglio di Gestione del Banco Popolare che, spero, possa imporre a Fiorani di affrontare le sue responsabilità senza ulteriori scorciatoie.

Ronde lombarde per la pubblica responsabilità

  • Milano è una carcassa egocentrica che sfila da metropoli. Mentre s’incipria il quadrilatero delle vetrine e della piazza ha lasciato da anni i quartieri periferici a cuocere a fuoco lento. Il problema delle occupazioni abusive degli alloggi popolari (dietro cui molto spesso esiste un vero e proprio racket organizzato) è una consuetudine storica e quasi sclerotizzata. Una città che marcisce tanto più si allontana dalla piazza è il simbolo di un’integrazione realizzata dal reddito piuttosto che dalle opportunità. Associazioni come SOS RACKET E USURA di Frediano Manzi raccontano di centinaia di segnalazione (firmate ) che arrivano dalle periferie e dipingono scenari di criminalità e solitudine dove la prepotenza, l’intimidazione e la ghettizzazione sono le vere e uniche armi del “controllo”. Esistono sacche di inciviltà dove il sistema “stato” è vinto rispetto all’alternativa criminale più o meno organizzata che garantisce velocità, efficienza e organizzazione a basso costo convertendo i diritti in privilegi da restituire un poco al mese. Vicende come quella delle famiglie Pesco, Priolo e Cardinale in via Padre Luigi Monti 23 disegnano periferie che non devono essere compromessi accettabili.

Da domani i volontari dell’associazione SOS RACKET e USURA distribuiranno dei questionari nelle zone più difficili di Milano, in una tourné curiosa e attiva che vuole provare ad infilare il dito tra le croste dei quartieri, da Giambellino a viale Sarca, da via Ciriè a piazzetta Capuana: un tentativo di “misurare” l’influenza della città. Un caravanserraglio di portatori sani di domande in una Lombardia che ha sempre temuto le risposte. In una Milano che, come le donne che non accettano di invecchiare, ha risolto coprendo tutti gli specchi.

L’iniziativa di Frediano e i suoi volontari è una discesa in campo di cittadinanza attiva, comunque la si possa pensare. Domani sarò con lui in piazzetta Capuna per distribuire i questionari sullo stato dell’arte dell’usura e del racket nella zona, partendo dal bar Quinto alle portinerie della zona, ma la sua battaglia è una battaglia di tutti. Ancora di più per i professionisti delle “ronde” e della sicurezza in gran cassa.

Quei quartieri non sono vigne pre elettorali ma vivono, cucinano, stendono, sorridono, chiudono e scendono con i ritmi della quotidianità. Senza nessun divisionismo partitico, senza “federalismi” e  rozze recriminazioni territoriali, sarebbe il caso di scendere tutti a rinfoltire il battaglione delle domande.

Ronde lombarde per la pubblica responsabilità come antidoto alla malattia della “sicurezza” permeabile e indifferente padana.

Questionario sull’usura (formato DOC)
Questionario sulla sicurezza (formato DOC)
Modulo di adesione (formato DOC)
Il programma (formato DOC)

A Quarto Oggiaro al fianco di Frediano Manzi

Domani (ma da tempo e ancora per molto tempo) sarò al fianco di Frediano Manzi per “l’inaugurazione” della sede promessa mai arrivata all’Associazione SOS Racket e Usura.

COMUNICATO STAMPA

Domani, 22 aprile 2010 l’Associazione sos racket e usura riprenderà la propria attività interrotta lo scorso 7 febbraio 2010, presentando la nuova sede dell’Associazione a Milano in piazzetta Capuana a Quarto Oggiaro,dopo chè centinaia di cittadini attraverso lettere,e mail e appelli, ci hanno chiesto di non abbandonarli.

I volontari dell’Associazione inizieranno la distribuzione di duecentomila questionari ai cittadini ed ai commercianti, dalle ore 10,00 alle ore 19,00

Il primo questionario servirà a monitorare i fenomeni del racket,dell’usura e della infiltrazione della criminalità organizzata nella nostra città,mentre il secondo sarà rivolto a tutti gli abitanti dei quartieri popolari,affinché ci descrivano la presenza di organizzazioni criminali che “vendono” alloggi di proprietà del Comune di Milano e cioè il cosiddetto racket degli alloggi.

Saranno presenti alla inaugurazione della sede: Giulio Cavalli Consigliere Regionale Idv, Mario Furlan Presidente City Angel’s, Paolo Bocedi Presidente Associazione Sos Italia Libera, Enrico Marcora Consigliere Regionale Udc, Massimo Brugnone Responsabile per la Lombardia del movimento antimafia Ammazzateci Tutti, Beatrice Uguccioni Presidente del Consiglio zona 9, Massimo Gatti Capogruppo lista civica Un’Altra Provincia, Paolo Uguccioni Presidente Comitato di via Venezia Buenos Aires e tanti altri.

Si comunica inoltre che molti Comuni hanno aderito alla nostra iniziativa distribuendo sul loro territorio già da domani il questionario sull’infiltrazione della criminalità organizzata del racket e dell’usura.

I Comuni che hanno aderito e che domani saranno presenti con dei rappresentanti sono: Comune di Motta Visconti, Canegrate, Cornaredo, Nerviano, Senago, Trebbia, Ossona, Cesate, Lavena Ponte Tresa ed altri se ne stanno aggiungendo in queste ore.

Domani alle ore 15,00 l’Associazione sos racket e usura terrà una conferenza stampa a Milano in piazzetta Capuana durante la quale verrà presentata a tutti gli organi di informazione che saranno presenti la nuova sede ed i questionari che andremo a distribuire.

Frediano Manzi

Presidente Associazione sos racket e usura

Milano,li 21 aprile 2010

www.sos-racket-usura.org tel. 338.75.00.104 – 347.90.34.353 fax 02.990.26.691

e-mail : f.manzi@sos-racket-usura.org – – comunicazioni@sos-racket-usura.org

Auguri ufficiali di “buona Padanità”

Come forse sapete il Consiglio Regionale si insedierà probabilmente il 18 maggio; intanto stiamo preparando l’organizzazione e studiando gli impegni che ci aspettano (con alcune novità di cui racconteremo su questo sito nei prossimi giorni). Intanto, nel palazzo del Consiglio di via Filzi, in un limbo di arrivanti e partenti, arrivano le lettere di congratulazioni per tutti i neoeletti: quelle belle missive impersonali stampate al chilo e con il nome e cognome schizzati di fretta a penna.

La busta della Provincia di Milano (guidata da Guido Podestà) l’ho aperta invece con la cura d’obbligo per i buoni rapporti istituzionali e sono rimasto fulminato dall’augurio:

[…] desidero esternarti le mie più sentite e sincere congratulazioni […] convinto che saprai interpretare al meglio il ruolo dei cittadini […] Ti auguro pertanto un buon lavoro all’insegna della Padanità che ci caratterizza e che contraddistingue il buon lavoro degli Amministratori Lombardi […] firmato Il vice Presidente vicario del Consiglio della Provincia di Milano arch. Raffaele Cucchi

All’insegna della “Padanità“? (maiuscola)?

Caro Raffaele Cucchi,la ringrazio per gli auguri (anche se per noi semiteatranti suonano sempre come corvi per una nostra deformazione professionale). Mi preme però sottolineare come (forse per l’ennesima visione ingorda di chi ha una visuale univoca della politica lombarda) se per “Padanità” intende lo spirito xenofobo che ha sporcato questa regione con i recenti rigurgiti fascisti, se per “Padanità” intende quella politica da madriano con un orizzonte che si esaurisce al confine del rione; se per “Padanità” intende quell’appassimento della solidarietà che sta sulle pale delle ruspe fuori dai campi rom, se per “Padanità” intende lo spettacolino torbido delle targhe rimosse a Peppino Impastato, se per “Padanità” intende l’immigrazione rivenduta come criminalità appesa da trofeo vicino ai musi di cinghiale, se per “Padanità” intende le retate natalizie, se per “Padanità” intende la collettività vissuta come debolezza, allora sono sicuro fin da adesso di non volere mantenere l’impegno. Proprio per “interpretare al meglio il ruolo dei cittadini che mi hanno dato fiducia” come ha ben scritto lei.

Pronto a costituirmi, porgo distinti saluti

Giulio Cavalli

La lettera in pdf qui

Il nuovo inceneritore? semplicemente, non serve

Ho già avuto modo di parlare del nuovo inceneritore che dovrebbe sorgere tra Opera e Rozzano. Ho detto come sia l’ennesimo progetto speculativo agli ordini di una politica lombarda sempre più grumo affaristico piuttosto che reale risposta alle esigenze del territorio e dei cittadini. Martedì 20 aprile alle 18:00 presso il Circolo Clapiz del P.D. di via Neera 7, a Milano ne parleremo insieme io, voi, i consiglieri di zona e  il consigliere comunale a Milano Aldo Ugliano. Insieme progetteremo le iniziative e le strategie per un’opposizione che sia forte e unita. Per una battaglia che difenda il territorio lombardo sempre pronto a svendersi al migliore affarista. Oggi Legambiente chiarisce il punto: un inceneritore in Lombardia non serve. E se non serve ai Lombardi, a chi serve?

Il comunicato stampa di Legambiente Lombardia:

“Pura speculazione economica, la Lombardia è già oggi la regione italiana più dotata di inceneritori. C’è chi vuole guadagnarci senza preoccuparsi delle ricadute sui cittadini e il territorio”. Così Damiano Di Simine, presidente regionale di Legambiente, in merito all’ipotesi di un nuovo inceneritore nel Parco Sud Milano. “Basta guardare i dati per comprendere che chi propone nuovi impianti non ha a cuore il benessere dei lombardi ma solo l’idea di fare profitto facile”.

Ormai in Lombardia il sistema della raccolta differenziata ha superato i vecchi metodi: infatti vengono raccolti in modo separato il 47% dei rifiuti mentre solo il 10% finisce in discarica, e il 40% avviato a incenerimento. Non esiste più la necessità di nuovi inceneritori ma solo l’urgenza di ridurre la percentuale di quota residua ancora oggi avviata a discarica, migliorando la raccolta differenziata nelle provincie e città più arretrate (Pavia, Brescia e il capoluogo milanese). “Il problema non è la localizzazione nel Parco Sud, ma il fatto che di nuovi inceneritori non c’è bisogno, né al Parco Sud né altrove in Lombardia – conclude Di Simine – Dobbiamo investire per rispettare gli obblighi perentori imposti dalla nostra legislazione nazionale (raccolta differenziata da portare al 65% entro il 2012), attivare strategie nazionali di riduzione della produzione dei rifiuti, sviluppare le tecnologie e gli impianti su cui la Lombardia è in ritardo, prima di tutti quelli per la lavorazione della frazione organica con produzione di biometano e compost: discutere di nuovi inceneritori significa parlare d’altro rispetto alle vere necessità del sistema di gestione dei rifiuti”.

Incenerire i rifiuti costa di più che fare una buona raccolta differenziata

Sfatato l’antico mito che mandare i rifiuti agli inceneritori conviene alla tasche dei cittadini: riciclare costa meno e fa risparmiare. Ma a chi avesse ancora qualche dubbio che ambiente e risparmio possano andare d’accordo, rispondono i dati di uno studio della Regione Lombardia: nei territori che fanno maggior ricorso all’incenerimento, questa scelta si traduce in un maggior costo a carico dei cittadini. Questo è vero in particolare nei capoluoghi, come ben sanno a Cremona, città al 44% di raccolta differenziata, dove il costo medio per abitante è di 128 euro, mentre a Pavia, che a fatica raggiunge il 28% potendo contare sul mega-inceneritore di Parona, la spesa schizza a 161 euro, ben 33 euro in più. Ma più in generale il risparmio appare chiaro anche confrontando i dati medi provinciali: le provincie che superano il 50% di raccolta differenziata e che mandano all’inceneritore solo piccole quote dei propri rifiuti spendono meno di quelle in cui si trovano la gran parte degli inceneritori lombardi: nelle province di Milano, Brescia e Pavia si spende infatti di più che in quelle di Bergamo, Cremona e Varese. E’ quanto emerge da uno studio commissionato da Regione Lombardia sui costi del conferimento e smaltimento dei rifiuti che mette a confronto il sistema dei sacchetti colorati con il tradizionale utilizzo dell’inceneritore. E dal paragone gli impianti di incenerimento ne escono decisamente sconfitti mentre la raccolta differenziata si dimostra il sistema più conveniente per la gestione dei rifiuti lombardi.

“Per questa ragione domenica saremo a Trezzo d’Adda, a contestare il progetto di ampliamento dell’inceneritore – dichiara Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia – un intervento che, se realizzato, suonerebbe come un vero insulto agli abitanti dell’Adda-Martesana, uno dei territori più virtuosi per quanto riguarda la raccolta differenziata: lo diciamo qui come al Parco Sud, la Lombardia non ha più bisogno di nuovi inceneritori, deve invece investire sulle tecnologie per il trattamento delle frazioni da riciclare, a partire dagli impianti che lavorano la frazione organica per trasformarla in metano”.

I dati dello studio, che Legambiente rende pubblico a poche ore di distanza dalla manifestazione contro l’inceneritore di Trezzo, parlano chiaro: in provincia di Brescia, la più superdotata di inceneritori che nel 2008 hanno accolto ben 801.000 tonnellate di rifiuti, la raccolta differenziata non supera il 39% e la spesa media per ogni cittadino è pari a 104 euro. Ben diverso il costo medio per abitante nella provincia di Lodi che invece differenzia il 54% dei suoi rifiuti e fa spendere solo 83 euro pro capite. E se la provincia di Lodi risparmia oltre 20 euro rispetto a quella di Brescia, tra le province di Cremona e quella di Milano (comprendente Monza) il risparmio è di 11 euro a cittadino. Dal dossier, scaricabile dal sito della Regione Lombardia, emerge anche un altro dato: tra la raccolta porta a porta e i cassonetti costa meno la raccolta domiciliare rispetto a quella stradale. In media 69,31 euro per abitante con il porta a porta e 74,45 euro per i cassonetti.

“A far la differenza, anche in questo caso, è l’efficienza e l’efficacia dei sistemi di gestione – rileva Lidia Crivellaro, responsabile dell’Ecosportello di Legambiente Lombardia – a incidere sui costi sono soprattutto aspetti come la qualità delle raccolte differenziate, che permettono di ridurre la quota di scarto e ottenere il massimo di riciclaggio e valorizzazione dei materiali. Determinante è dunque il ruolo di amministratori locali e aziende di gestione della raccolta, un aspetto che invece si perde quando si punta tutto sullo smaltimento indifferenziato attraverso gli inceneritori”.

Il prossimo appuntamento è domenica prossima, alle 11.00 davanti al comune di Grezzago, con arrivo alle 11.30 all’area dell’inceneritore di Trezzo: il progetto di ampliamento dell’impianto infatti prevede due nuove linee di incenerimento, che ne aumenterebbero la capacità per ben 190.000 tonnellate/anno.

Fonte: elaborazioni Legambiente su dati ARPA Lombardia (quantità), Regione Lombardia (www.ors.regione.lombardia.it) (costi)

L’Ufficio stampa Legambiente Lombardia 02 87386480 – 349 1074971

Via Padova e il Risiko di propaganda

Me la immagino con la faccia attonita mentre pronuncia la frase con gli occhi dolci della propaganda: “ci rivediamo entro il 31 marzo”. Era il 23 febbraio e il sindaco di Milano Letizia Moratti aveva convocato un “tavolo” con circa venti associazioni pochi giorni dopo l’omicidio del giovane egiziano in via Padova a Milano.

Il cardinale Dionigi Tetammanzi al Teatro dal Verme pochi giorni fa è stato chiaro: “Il problema migratorio è complesso ma perché la sicurezza viene accostata sempre solo alla legalità? Non c’è una sicurezza che può essere legata anche all’accoglienza? E l’accoglienza è da intendersi in senso “passivo”, come un semplice aprire i confini o i paesi o le braccia, o anche in “attivo” come impegno per l’integrazione?”

E a Tettamanzi non sarà sfuggito che la “sicurezza” passiva è un concetto che sopravvive sulla paura: l’ingrediente principe della campagna leghista che miete voti sull’amplificazione degli allarmi. Sarà per questo che oggi via Padova è uno spettacolino ambulante della paura: il quartiere è diventato un accampamento militare all’aria aperta come piace al gendarme De Corato. I cittadini? per niente contenti: “siamo in stato d’assedio” dicono, mentre agli spacciatori basta spostarsi di un angolo. Poco male.

La Moratti dichiara “La nostra politica coniuga legalità e solidarietà. Per questo in città non ci sono ghetti e sommosse contro lo Stato“. Le risponde Asfa Mahmoud, presidente della Casa della Cultura islamica di via Padova 144 che nonostante la cacofonia del cognome è tutt’altro che un pericoloso attentatore come dovrebbe insegnare il recente Ambrogino d’oro ricevuto per la sua collaborazione con le istituzioni:  “Il nostro quartiere sembra diventato una caserma. Avevamo molta fiducia, quando il sindaco ci ha convocato a Palazzo Marino. Ma poi non è stato più nulla. Nessuno si è più fatto vivo e di tante belle parole non c’è rimasto che un pugno di mosche“.

Eppure, il gioco del Risiko politico per spostare soldatini a truccare i quartieri con l’ombretto della sicurezza sembra fare presa nella pancia molle di una bella fetta di elettorato. Eppure dal 2007 le statistiche ci dicono che il numero di reati in discesa: non sono più i fatti a determinare le opinioni, le opinioni si sono separate dai fatti. In un gioco dove la domanda e l’offerta sono monopolio della stessa parte.

Per finire come prevedeva Germaine Greer che probabilmente l’unico posto in cui un uomo può davvero sentirsi al sicuro è un carcere di massima sicurezza, non fosse per l’incombente minaccia di venire liberato.

Una Regione (non insediata) che manifesta contro se stessa

Formigoni ha vinto. Anzi, per essere onesti ha stravinto. Il Consiglio Regionale non si è ancora insediato eppur si muove.

Motivo di tanto dinamismo la paventata costruzione di un nuovo cancrovalorizzatore nel Parco Agricolo Sud Milano tra Opera e Rozzano (ai confini di Assago e a poco lontano da Buccinasco).  Per essere più precisi il Corriere della Sera dell’11 aprile scrive: …nei confini vincolati del Parco Sud tra Noverasco, Quinto Stampi e Ronchetto delle Rane…”.

Ora, al di là della scelta politica di costruire un termovalorizzatore (che, secondo l’opinione ufficiale di LEGAMBIENTE, non serve), tra l’altro in una località “protetta” e, guarda caso, ancora una volta nel Sudmilano diventato oramai la latrina per tutti i bisogni della città, c’è un’immagine che più di tutte lascia perplessi: alla manifestazione contro il progetto sfilano i i Sindaci della Lega e del PDL appoggiati dall’Assessore regionale della Lega Davide Boni.

Dopo la manifestazione nazionale del 20 marzo del Governo contro se stesso in piazza San Giovanni oggi a Opera la Lombardia si esercita nell’autoerotismo di protesta.

Per un monopolio che sia conclusivo: quello delle decisioni e quello del dissenso.

Surgelati, trapani e sberleffi alla mafia

Il giornalista Sergio nazzaro racconta l’autore costretto a vivere sotto scorta per i suoi spettacoli.

Esce “Fronte del palco”, libro-intervista all’attore lodigiano Giulio Cavalli

I surgelati, i trapani e l’antimafia. Un sottotitolo strano per raccontare la vita di chiunque, a meno che non si chiami Giulio Cavalli. Dai surgelati venduti a bordo di un furgone al teatro: la vita dell’autore e attore lodigiano finisce in un libro dal titolo Fronte del Palco: surgelati, trapani e antimafia, uscito ieri per Editori Riuniti (pp.200, euro 15).A firmarlo è Sergio Nazzaro, giornalista (ha collaborato con testate come «Il Sole 24 ore», «Left Avvenimenti» e «Megachip») e scrittore, già autore di diversi testi tra cui il viaggio negli inferi della camorra casertana Io per fortuna c’ho la camorra (Fazi Editore, 2007) mentre uscirà a breve MafiAfrica, primo reportage italiano sul potere della mafia africana nel paese. Aneddoti (tra questi il sequestro a lieto fine subito da Cavalli da un malvivente quando vendeva i prodotti di una nota marca di surgelati), riflessioni e confessioni: il libro tocca tutti gli aspetti della vita del direttore artistico del Nebiolo di Tavazzano, dagli esordi ad oggi.Un botta e risposta lungo 200 pagine in cui l’attore lodigiano, ora anche consigliere regionale per l’Italia dei Valori, racconta pubblico e privato di quanto gli è successo nei suoi 32 anni di vita «da lavoratore – spiega Sergio Nazzaro – perché non c’è nulla di radical chic nell’alzarsi alle 5 del mattino per vendere surgelati eppure è stato questo il primo palco di Giulio. Qui ha imparato a raccontare e a raccontarsi con le parole giuste, senza cercare di piacere ad ogni costo». Parole che si sono fatte via via più scomode attraverso il racconto di storie mai rassicuranti. Il «fronte» di Giulio, la trincea che lo porta ad essere l’unico attore in Italia sotto scorta inizia quasi volontariamente nel momento in cui sceglie di «esporsi». Prima un lavoro sulla strage di Linate dell’8 ottobre 2001, poi il turismo sessuale e infine la criminalità organizzata con Do ut des, riti e conviti mafiosi, lo spettacolo coprodotto dai comuni di Lodi e Gela che ha scatenato le prime intimidazioni, A cento passi dal Duomo (la mappe delle cosche nel Nord Italia) e la questione ambientale con L’Apocalisse rimandata ovvero benvenuta catastrofe del premio Nobel Dario Fo. «Sapere affrontare tante questioni mette in crisi le etichette della cultura tradizionale ed è uno dei tratti salienti di Giulio, ciò che lo rende non una vittima, ma come dice lui “un faro sulle storie degli altri” – ha spiegato ancora l’autore – : una posizione non identificabile da quei media in cerca di eroi facili da raccontare». Da qui secondo Nazzaro il silenzio dei grandi giornali, che ha stimolato la sua curiosità di giornalista. «Non credevo possibile che le grandi testate ignorassero la storia di un attore che a soli 32 anni si trova minacciato dalla mafia, sotto scorta e a colloquio con il capo dello Stato al Quirinale (in occasione della consegna dei premi Eti e De Sica dello scorso novembre, ndr) – ha detto Nazzaro – , ma questo è un paese che vive sotto ricatto e in cui vince la gerontocrazia». Un dialogo a due voci, scritto in vari incontri tra il Lodigiano e la capitale, «in cui ho avuto la libertà di chiedere qualsiasi cosa» e «in cui vige la regola del non prendersi troppo sul serio».

Rossella Mungiello

DA IL CITTADINO L’ARTICOLO QUI

Il rischio di incentivare la ‘ndrangheta

Il movimento terra è una delle attività più citate nelle relazioni antimafia e meno conosciute tra la gente: è l’attività imprescindibile per ogni cantiere. Dove c’è da spostare sabbia, scavare, trasportare residui lì c’è un impresa per la movimentazione terra. Al nord (e in particolar modo in Lombardia) il movimento terra è il lembo del lenzuolo sotto cui trafficano e si arricchiscono le melme mafiose travestite da imprenditori. Si infilano nei subappalti come zanzare sotto la camicia e fingono l’espressione degli onesti faticatori. Oggi, in Lombardia, affidare il “movimento terra” a qualcuno di loro è il nuovo modo lombardo per pagare il pizzo fingendo di non accorgersene, è il compromesso nordico per “stare a posto” nella profonda Lombardia.

Gente come Marcello Paparo (entrato addirittura nei cantieri della TAV e con una bella Mercedes tutta bucherellata per un attentato scampato)  o gli uomini della cosca dei Barbaro-Papalia che pascolano tra Buccinasco, Corsico e Cologno Monzese (come racconta l’operazione “Parco Sud”) sono gli esempi più alti di una nuova strategia di business coperto dalla polvere delle macerie e dell’indifferenza. La terra vale oro e si nota poco.

Il procuratore capo di Milano, Manlio Minale, quando fa riferimento all’Expo 2015 chiarisce che «il punto che favorisce l’infiltrazione mafiosa è proprio la mancanza nei contratti d’appalto della voce sul movimento terra». Un business che, assieme al settore dello smaltimento dei materiali, rappresenta la porta d’ingresso delle cosche negli appalti. Anche perché, spiega Minale, «non c’è la necessità della certificazione antimafia ». Occore quindi rivedere le norme che regolano il settore, «la cui consegna – dice il magistrato – non può essere lasciata alla direzione dei lavori sui cantieri».

Ed è per questo che già da tempo ci siamo promessi di proporre con urgenza una legge regionale per rivedere quanto prima la regolamentazione.

Quello stesso movimento terra per il quale il presunto boss Salvatore Barbaro (figlio del più noto Mimmo l’Australiano) ha dichiarato “io ci ho una passione”. Roba che per farla “basta avere la terza media come scrivono i giornali, ma bisogna anche averci una certa precisione”.

Insomma, roba che scotta. Nonostante i piagnucolii dei guappi calabresi che si fingono lavoratori.

Oggi si mette in moto la macchina organizzativa degli incentivi. Un bonus totale di 300 milioni di euro che riguarda ciclomotori, cucine, elettrodomestici, abbonamenti a internet veloce, case ecologiche, motori marini e prodotti industriali, che produrrà – secondo il governo – benefici per un milione di famiglie. E spulciando tra i documenti del Ministero dell Sviluppo Economico si trova anche il settore “macchine agricole e movimento terra” per un importo totale di 20 milioni di euro fruibile come sconto del 10% dei macchinari in acquisto. Il provvedimento è firmato dai ministri allo Sviluppo economico Claudio Scajola, all’Economia e Finanze Giulio Tremonti e all’Ambiente Stefania Prestigiacomo e punta a favorire l’acquisto di prodotti innovativi e a basso consumo energetico.

Senza cadere nell’errore di banalizzare e criminalizzare un’intera categoria chiedo, fin da subito, che sia reso pubblico l’albo delle aziende che usufruiranno degli incentivi: i rivenditori e, per questo particolare settore, gli acquirenti finali.

Ci verranno a parlare di privacy, utilizzandola come una scusa impropria per coprire la trasparenza dei nomi. Quando, però, si erogano incentivi grazie al denaro pubblico, i cittadini hanno sempre il diritto di conoscere l’utilizzatore finale.

Intanto rischiamo di incentivare la ‘ndrangheta che si mangia l’Expo.

L’acqua pubblica e il valore della collettività

Ho già avuto modo di dire quanto l’acqua pubblica sia (e debba rimanere) un bene comune e un diritto umano e debba essere garantita dalla pubblica amministrazione con la massima qualità. Mi sono impegnato (e lo farò nel Consiglio Regionale) a chiedere che questo punto venga scritto nello statuto della Lombardia.

Oggi ho ricevuto la lettera del Comitato promotore del referendum sull’acqua che chiede che la battaglia per l’acqua pubblica non diventi un’argomentazione strumentale di partito e sono assolutamente d’accordo con loro.

Ci sono dei valori (che siamo chiamati a difendere con i denti) che pretendono un’urgenza e un’unione che sfondino i muri dei partiti e delle associazioni: i diritti negati sono un unico confine in cui o si sta da una parte o dall’altra, tutti insieme. Lo scippo del diritto all’acqua pubblica deve seminare un corteo di “esigenti” che sventolano tutti  in alto lo sdegno e l’appetito per l’obbiettivo.

Se è vero come spiega Marco Bersani che “la coalizione che appoggia i referendum è la più ampia aggregazione formale di movimenti, associazioni laiche e cattoliche, forze politiche e sindacali che si sia mai riunita intorno a un tema simile” confido che IDV, TUTTE le associazioni e TUTTI i partiti (ancora di più oggi che è terminata la “raccolta” elettorale) riconoscano il valore dell’impegno comune per un bene comune. Ognuno mettendo in moto, senza esibizionismi, la propria professionalità e i propri luoghi d’azione.