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Via Padova e il Risiko di propaganda

Me la immagino con la faccia attonita mentre pronuncia la frase con gli occhi dolci della propaganda: “ci rivediamo entro il 31 marzo”. Era il 23 febbraio e il sindaco di Milano Letizia Moratti aveva convocato un “tavolo” con circa venti associazioni pochi giorni dopo l’omicidio del giovane egiziano in via Padova a Milano.

Il cardinale Dionigi Tetammanzi al Teatro dal Verme pochi giorni fa è stato chiaro: “Il problema migratorio è complesso ma perché la sicurezza viene accostata sempre solo alla legalità? Non c’è una sicurezza che può essere legata anche all’accoglienza? E l’accoglienza è da intendersi in senso “passivo”, come un semplice aprire i confini o i paesi o le braccia, o anche in “attivo” come impegno per l’integrazione?”

E a Tettamanzi non sarà sfuggito che la “sicurezza” passiva è un concetto che sopravvive sulla paura: l’ingrediente principe della campagna leghista che miete voti sull’amplificazione degli allarmi. Sarà per questo che oggi via Padova è uno spettacolino ambulante della paura: il quartiere è diventato un accampamento militare all’aria aperta come piace al gendarme De Corato. I cittadini? per niente contenti: “siamo in stato d’assedio” dicono, mentre agli spacciatori basta spostarsi di un angolo. Poco male.

La Moratti dichiara “La nostra politica coniuga legalità e solidarietà. Per questo in città non ci sono ghetti e sommosse contro lo Stato“. Le risponde Asfa Mahmoud, presidente della Casa della Cultura islamica di via Padova 144 che nonostante la cacofonia del cognome è tutt’altro che un pericoloso attentatore come dovrebbe insegnare il recente Ambrogino d’oro ricevuto per la sua collaborazione con le istituzioni:  “Il nostro quartiere sembra diventato una caserma. Avevamo molta fiducia, quando il sindaco ci ha convocato a Palazzo Marino. Ma poi non è stato più nulla. Nessuno si è più fatto vivo e di tante belle parole non c’è rimasto che un pugno di mosche“.

Eppure, il gioco del Risiko politico per spostare soldatini a truccare i quartieri con l’ombretto della sicurezza sembra fare presa nella pancia molle di una bella fetta di elettorato. Eppure dal 2007 le statistiche ci dicono che il numero di reati in discesa: non sono più i fatti a determinare le opinioni, le opinioni si sono separate dai fatti. In un gioco dove la domanda e l’offerta sono monopolio della stessa parte.

Per finire come prevedeva Germaine Greer che probabilmente l’unico posto in cui un uomo può davvero sentirsi al sicuro è un carcere di massima sicurezza, non fosse per l’incombente minaccia di venire liberato.