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Giugno 2013

Nando ci mette il dito

In questo gran parlare di mafie, antimafia, Lombardia, nord e ‘ndrangheta esce un articolo coraggioso (sì, coraggioso) di Nando Dalla Chiesa sui giudici e l’antimafia al nord. Alzare il grado di discussione prendendosi la responsabilità di sollevare osservazioni sulle interpretazioni del 416 bis  e le sue diverse emersioni in questo quadro evoluto (o forse, involuto) lombardo: Nando dice quello che in molti hanno pensato ma non hanno voluto dire. Alcuni sviluppi giudiziari “su” in Lombardia indicano un “federalismo del 416 bis” che chiede attenzione e discussione.

Ci sono procure e direzioni distrettuali antimafia che funzionano bene, e alle quali dobbiamo essere grati per avere tutelato la convivenza civile rimediando agli oceani di ignavia della politica e delle classi dirigenti.

Ma poi, quando si cerca di seguire lo svolgimento dei processi, quando si mette bene la lente di ingrandimento sul lavoro di piemme e giudici di vario ordine e grado, si compie la sgradevole scoperta. Anche il potere giudiziario dà la sua robusta mano a diffondere l’idea che in fondo al nord la mafia non ci sia.

Sono ormai molte le occasioni in cui si è costretti a constatare che per applicare il 416 bis (ossia per imputare il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso) la magistratura del nord richiede un tasso di mafiosità superiore, a volte molto superiore, a quello sufficiente per applicarlo al sud.

Sembra quasi che per essere considerati mafiosi in pianura padana o in Liguria si debba risultare affiliati a tutti gli effetti a un clan con tanto di rito di iniziazione, si debba appartenere a famiglie considerate mafiose da generazioni e si debba già essere stati condannati per mafia in altri processi, possibilmente in Calabria o in Sicilia.

Da qui le assoluzioni incredibili, la rinuncia aprioristica a contestare l’associazione mafiosa (sono “solo” trafficanti o usurai), la costruzione di una giurisprudenza arbitraria e assolutamente contra legem.

L’articolo da leggere è qui.

Peccato

IDV riparte da Ignazio Messina. Peccato.

Chi è Messina. Ignazio Messina, 49 anni, ha aderito all’Italia dei Valori nel 1998 diventando il portavoce regionale, in Sicilia, fino al 2003. Si candida per la prima volta con il partito Di Pietro alle elezioni politiche del 2001 alla Camera dei Deputati nella circoscrizione Sicilia 1 e nel collegio uninominale di Sciacca dove ottiene 4.301 voti ma non viene eletto. Nel 2004 si ricandida come sindaco del Comune di Sciacca, ripresentando la “Lista Messina” e con l’appoggio di Rifondazione Comunista e Verdi, ma non riesce a superare il primo turno. Eletto consigliere comunale, al ballottaggio fa apparentare la sua lista con la coalizione di destra che sostiene il candidato sindaco di Forza Italia ed e’ determinante per la sua vittoria, a scapito tutto il resto del cartello di centrosinistra. Messina diventa vicepresidente del Consiglio Comunale e sostiene la maggioranza per tutto il mandato. (da Repubblica)

Le commissioni placebo per l’antimafia

C’è qualcosa di sinistro nel silenzio che circonda la Commissione Antima­fia del Consiglio Regionale della Lom­bardia in questi mesi e, più in genera­le, nell’abitudine nazionale alle istitu­zioni antimafiose trattate come merlet­ti doverosi per consenso e smussati nell’azione: la sensazione che ci basti così.

L’istituzione di una Commissione An­timafia viene celebrata, al solito, con conferenze stampa dai toni polizieschi e severi e dalla ricorrenza di nomi eroici del passato (così difficili, del resto, da scovare nel contemporaneo) insieme alle fotografie di rito. Poi poco o nulla. Qual­che commemorazione in sale ben bardate o l’audizione formale di qualche saggio per riempire i verbali sono gli slanci che ci arrivano.

Eppure la Commissione Antimafia ha due vie possibili da seguire per essere viva e presente e quindi utile: o essere la voce pungente di una comunicazione che non vuole concedere spazi e pieghe all’indifferenza (in fondo è il cuore dell’azione di tante associazioni antima­fia da Libera fino alle più piccole realtà locali) oppure un luogo di studio silen­zioso ed operoso di pratiche amministra­tive e di analisi (il Comune di Milano sta lavorando sotto questo profilo). Il resto è solo una coccarda effimera e inutile per mettere a tacere le critiche.

Stupisce, del resto, che nel luogo in cui nel Consiglio comunale di Milano coor­dina il presidente David Gentili (che su questi temi lavora da anni nella propria esperienza politica) in Regione Lombar­dia ci sia Gian Antonio Girelli che pur essendo un ottima persona e un politico capace, per carità, viene da esperienze nel campo sanitario e nelle politiche so­ciali.

Ecco, ogni tanto assale il dubbio che la Commissione Antimafia (in tutte le sue mille declinazioni di nome che si ritrova ad avere nelle diverse amministrazioni) sia una testimonianza che “si basta sol­tanto nell’esistere” come un testimonian­za di impegno.

Qualcuno dice che comunque è un ini­zio, certo, nella Regione dell’ex assessor­e Zambetti che si comprava tranquillam­ente voti al supermercato della ‘ndran­gheta ma il dubbio, ed è un dubbio dolo­roso, è che in nome della pochezza pas­sata ci si debba accontentare del bro­dino presente.

Forse varrebbe l’adagio di Giovanni Falcone: “Se vogliamo combattere effi­cacemente la mafia, non dobbiamo tra­sformarla in un mostro né pensare che sia una piovra o un cancro. Dobbiamo rico­noscere che ci rassomiglia”.

(scritto per I Siciliani Giovani)

Dunque non ha senso aver paura della morte.

Riguardo alla morte, condivido l’idea degli epicurei: finché si vive non c’è la morte, e quando c’è la morte non ci sono io. Dunque non ha senso aver paura della morte.

(Margherita Hack, Firenze 1922 – Trieste 2013)

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Enrico Letta e il decreto lavoro: io sono leggenda.

Tito Boeri per Lavoce.info sul decreto del Governo Letta e le bugie:

l pacchetto di misure per il lavoro varato martedì dal governo prevede una riduzione del 33 per cento del costo del lavoro per le assunzioni di persone con meno di 30 anni fino all’esaurimento delle risorse disponibili. Gli sgravi possono avere una durata massima di 18 mesi (nel caso di nuove assunzioni) oppure 12 mesi (nel caso di trasformazioni di contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato). L’esperienza passata è eloquente circa l’inefficacia di incentivi temporanei alle assunzioni. Analisi ospitate a più riprese su questo sito dimostrano che i posti aggiuntivi sono pochissimi e che gli sgravi vanno per lo più a imprese che avrebbero comunque fatto le assunzioni. Il rischio è ancora più alto se i fondi finiscono e bisogna introdurre lotterie (i cosiddetti rubinetti) per razionare i potenziali beneficiari. (1) Difficile, infatti, che un datore di lavoro decida di creare posti di lavoro a tempo indeterminato davvero aggiuntivi in virtù di un contributo pubblico che poi, alla prova dei fatti, potrebbe non essere erogato.
Ma anche ipotizzando che tutti i fondi disponibili andassero alla creazione di posti aggiuntivi, si è ben lontani dalla cifra di 200 mila nuovi posti di lavoro cui ha fatto riferimento il presidente del Consiglio Letta (che per la verità si riferiva all’impatto complessivo del provvedimento, compresa la “manutenzione” della legge 92) o anche dai 100 mila attribuiti dal ministro Giovannini a questo specifico provvedimento. Gli stanziamenti sin qui previsti sono, infatti, di circa 100 milioni nel 2013, 150 nel 2014 e 2015 e 100 nel 2016 per le regioni del Mezzogiorno. A questi fondi dovrebbero aggiungersi altri 300 milioni per le regioni del Nord (il condizionale è d’obbligo perché in attesa di avere il testo licenziato dal Consiglio dei ministri non è chiaro quali siano le coperture), da spalmare su quattro anni, quindi -poniamo- 75 milioni all’anno all’anno per i prossimi quattro anni. Ogni anno sarebbero cosi disponibili al massimo 225 milioni di euro. I salari medi lordi di giovani con meno di 30 anni sono di 19.768 euro. In termini di costo del lavoro per il datore del lavoro, questo significa 24 mila euro. Il 33 per cento di tale importo è pari a 8 mila euro (oppure a 674 euro per 12 mensilità). La legge prevede però che lo sgravio non possa essere più di 650 euro mensili. Quindi il vincolo è stringente. Dunque, dividendo i 225 milioni per 7.800 (650 x 12) si ottengono 28.846 posti di lavoro. Siamo ben lontani dai 100 mila e ancor più dai 200 mila.

(1) Si veda AnastasiaBoeri e Cipollone

#occupygezipark l’architettura della protesta

Per un feticista della memoria come me non può che essere una bella scoperta il tumblr di Herkes İçin Mimarlık che decide di lasciare traccia e ripercorrere l’architettura della protesta. Scrivono nella presentazione del progetto:

“Le proteste a Istanbul indicano una cosa semplice per noi: abbiamo bisogno di nuovi paradigmi per definire l’architettura in queste situazioni in cui viene portata via dagli architetti e creata dalle persone”.

“Ciò che ci interessa  è anche il modo in cui queste strutture vengono accettate e diventano parte della comunità”

“Durante #occupygezipark l’architettura è diventata uno strumento di critica, una resistenza passiva. La creazione di una memoria collettiva è molto importante ora che il governo turco sta cercando di cancellare quello che è successo. Noi manteniamo il ricordo degli avvenimenti di piazza Taksim”.

Tutti i disegni sono qui.

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La ciclicità dello Ior

Lo scandalo di oggi è la puntata ennesima di un percorso che spaventosamente si assomiglia da sempre.

Basta leggere:

Scandali recenti

  • Scandalo Enimont

Nel 1993, negli anni di Tangentopoli, il giudice Borrelli del pool di Mani pulite appurò il transito nelle casse dello IOR di 108 miliardi di lire in certificati del Tesoro destinati a quello che fu conosciuto comescandalo Enimont. In quell’occasione, in via del tutto eccezionale, lo IOR decise di rispondere ad una rogatoria richiesta dal pmAntonio Di Pietro che lavorava allora nel pool di Mani pulite ed indagava sul caso. Tuttavia i magistrati hanno poi denunciato che la banca vaticana aveva falsificato i documenti, nascondendo i conti di Giulio Andreotti e non trasmettendo la documentazione su molte altre posizioni. Successivamente, per far tornare i conti, ulteriore documentazione inviata venne ritenuta falsa. Da allora, questo risulta esser stato l’unico caso in cui lo IOR abbia risposto a rogatorie internazionali. Secondo il giornalista Peter Gomez, lo IOR risulta essere l’unica banca del mondo ad aver trasmesso informazioni false alla magistratura italiana[38]. Alti prelati e dirigenti dello IOR, tra cui il presidente Angelo Caloia[9], rimasero immuni da processo o arresto a motivo dell’articolo 11 dei Patti Lateranensi che recita: «Gli enti centrali della Chiesa Cattolica sono esenti da ogni ingerenza da parte dello Stato italiano»[39] .

  • Operazione Sofia

Il giornalista Gianluigi Nuzzi nel suo libro sostiene che lo IOR fosse impegnato nella fondazione di un partito di centro destinato a sostituire la Democrazia Cristiana, crollata in seguito a Tangentopoli[19]. A tal proposito, Giancarlo Capaldo, procuratore aggiunto di Roma, coordinatore dell’inchiesta sul golpe bianco-porpora afferma:

« L’operazione Sofia, vale a dire il tentativo di creare il Grande Centro che avrebbe preso il potere[40]»
  • Caso Fiorani – BPI

Il 10 luglio 2007, uno dei “furbetti del quartierino” Giampiero Fiorani rivelò ai magistrati milanesi la presenza, nella BSI svizzera, di tre conti della Santa Sede da «due o tre miliardi di euro» e di aver versato in nero nelle casse dell’APSA (la Banca centrale vaticana) oltre 15 milioni di euro[9][41].

  • Caso Anemone – Grandi Opere

Nell’inchiesta sulle “grandi opere” del 2010 sugli appalti del G8 a La Maddalena (nota anche come “Caso Anemone”), è stato accertato che Angelo Balducci (ex presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici, arrestato per corruzione) avesse un conto presso lo IOR, dove – secondo i pubblici ministeri – avrebbe trasferito buona parte delle sue rendite[42]. Nel 2006, interrogato dall’allora PM di Potenza Henry John Woodcock, aveva ammesso lui stesso l’esistenza di tale conto, usato per ripagare un debito da 380 000 euro contratto da monsignor Franco Camaldo, prelato d’onore e cerimoniere del Papa, intermediario nell’acquisto di una villa dove avrebbe dovuto avere sede un nuova loggia massonica[42][43][44]. Balducci aveva un conto allo IOR in quanto “gentiluomo di Sua Santità” nonché “consultore” e “supervisore” del patrimonio della Propaganda Fide[44], la quale ha affittato decine di abitazioni a molti dei 412 personaggi inclusi nelle liste dell’imprenditore Diego Anemone[43]. I magistrati sospettano ulteriori collegamenti con lo IOR a seguito di sequestri di documentazione contabile, in particolare a Angelo Zampolini, intermediario della “cricca” di Anemone e Balducci nell’acquisto di un appartamento a Roma per l’ex ministro Claudio Scajola[43]. Gli inquirenti ritengono altresì che parte del denaro accumulato da alcuni degli indagati con le tangenti pagate da Anemone e da altri imprenditori si trovi depositato presso IOR[43].
L’Unità di informazioni finanziarie della Banca d’Italia ha appurato che tra i beneficiari dei bonifici transitati su di un conto dello IOR presso la banca Intesa SanPaolo c’è don Evaldo Biasini, economo dellaCongregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue, coinvolto nell’inchiesta e, secondo i pm perugini, custode dei fondi neri di Diego Anemone[45]. I documenti dei magistrati di Perugia e la contabilità sequestrata a Don Evaldo Biasini svelano come i soldi tenuti da Don Bancomat per conto di Diego Anemone transitassero per i conti IOR della Congregazione del Preziosissimo Sangue[46].

  • Operazioni di riciclaggio

Nel maggio 2010 la procura di Roma ha aperto un’indagine sui rapporti sospetti tra lo IOR e altre dieci banche, fra cui UnicreditIntesa SanpaoloBanca del Fucino[47]. Le quotidiane operazioni da milioni di euro fra questi istituti e lo IOR sotto forma di miriadi di assegni dagli estremi non chiari, avevano destato già nel 2009 i sospetti dell’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia. È stato accertato dai magistrati che lo IOR utilizzava in modo cumulativo un conto aperto presso la filiale 204 della Banca di Roma in via della Conciliazione a Roma, versandovi assegni da parte dei propri clienti senza dare alcuna comunicazione in merito, violando così le norme antiriciclaggio (legge 173/1991 e D.Lgs 231/2007)[47][48]. Attraverso tale conto sarebbero transitati circa 180 milioni di euro tra il 2006 e il 2008, per poi interrompere le operazioni con l’integrazione della Banca di Roma nel gruppo Unicredit[47][48]. I PM sospettano che le transazioni attraverso conti “schermati” intestati allo IOR celino in realtà operazioni per conto di società o singoli individui con residenza fiscale in Italia, volte all’occultamento di reati vari, dall’evasione fiscale alla truffa[47][48]. La Guardia di Finanza ha inoltre accertato casi di beneficiari fittizi fra quelli comunicati agli inquirenti[47]. La magistratura italiana non ha però competenza ad indagare sullo IOR senza una rogatoria internazionale, a causa della sua natura formalmente estera[47][48].
Il 20 settembre 2010 vengono sequestrati dalla procura di Roma (su segnalazione della Banca d’Italia) 23 milioni di euro depositati su un conto del Credito Artigiano Spa intestato allo IOR, per operazioni bancarie effettuate in violazione della normativa antiriciclaggio[49][50]. Le operazioni incriminate sono trasferimenti ordinati dallo IOR di 20 milioni da un conto presso il Credito Valtellinese alla JP Morgan diFrancoforte e di 3 milioni alla Banca del Fucino[50][51]. Restano indagati il presidente dello IOR, Ettore Gotti Tedeschi, e il direttore generale Paolo Cipriani.[49]
Nel frattempo sono venute alla luce anche altre due operazioni sospette, ovvero un prelievo in contanti da 600.000 euro, effettuato nell’ottobre 2009 dallo IOR per finalità non precisate su un conto Intesa SanPaolo, e assegni per 300.000 euro incassati nel novembre dello stesso anno su un conto Unicredit. Dall’analisi degli inquirenti è risultato fittizio il nome del negoziante fornito dallo IOR, mentre la cifra proveniva in realtà da una banca di San Marino[45][52]. Alcuni dei conti di transito presso le banche italiane utilizzati dallo IOR nei recenti scandali legati al riciclaggio sono attivi dai tempi del Banco Ambrosiano.[53]

A seguito di questi eventi, il Papa ha comunicato il 30 dicembre 2010 che verrà finalmente data applicazione alla convenzione monetaria firmata con l’Unione europea il 17 dicembre 2009, attraverso l’adozione di leggi antiriciclaggio che entreranno in vigore il 1º aprile 2011.[10]

Tuttavia “l’emanazione di tale normativa”, come successivamente rappresentato in una comunicazione della Banca d’Italia[54], “di per sé, non modifica il regime applicabile allo IOR quale banca insediata in uno stato extracomunitario a regime antiriciclaggio non equivalente”.

Nel Marzo 2012 la procura di Roma ha avviato una rogatoria internazionale per conoscere i movimenti di denaro del conto corrente dello IOR presso la Jp Morgan di Francoforte[55].

  • Vatileaks e dimissioni di Ettore Gotti Tedeschi
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Vatileaks.

Nel corso dei primi mesi del 2012 si è verificata una sistematica fuga di documenti riservati vaticani riguardanti i rapporti all’interno e all’esterno della Santa Sede. Tali documenti evidenzierebbero, tra l’altro, lotte di potere all’interno del Vaticano e alcune irregolarità nella gestione finanziaria dello Stato e nell’applicazione delle normative antiriciclaggio. Il 24 maggio2012Ettore Gotti Tedeschi, presidente dal settembre 2009, si presenta dimissionario al Consiglio di sovrintendenza e lascia la presidenza con la sfiducia del Consiglio. I quotidiani parlano di posizioni inconciliabili tra lui e altri interlocutori istituzionali riguardo l’attuazione delle norme di trasparenza bancaria[56]. Il giorno successivo gli subentra ad interim, come da statuto, il vicepresidente Ronaldo Hermann Schmitz, con ratifica della Commissione cardinalizia di vigilanza. La Commissione cardinalizia adotta formalmente la sfiducia votata all’unanimità dal Consiglio di sovrintendenza il giorno prima, che addebitava all’ex presidente di «non aver svolto varie funzioni di primaria importanza per il suo ufficio» e forse anche di aver fatto filtrare all’esterno notizie riservate[57]. Il 27 viene diffuso un duro comunicato del Consiglio di sovrintendenza con le motivazioni della sfiducia[58]. Il 2 giugno viene comunicato formalmente per lettera all’ex presidente il trasferimento delle sue competenze al vicepresidente, che diviene presidente ad interim [59].

Il 28 giugno2012 lo IOR ha aperto per la prima volta le porte a un gruppo di giornalisti guidati dal direttore generale Paolo Cipriani con i i quattro membri del Consiglio di Sovraintendenza, Cipriani ha affermato che nello IOR non ci sono conti cifrati e dal 1996 c’è la tracciabilità di tutti i conti, ha controlli interni e esterni antiriciclcaggio (l’Autorità di Informazione Finanziaria e la Deloitte per il bilancio), i conti sono circa 33mila, il capitale totale è di circa sei miliardi di euro, il 70% delle operazioni avvengono in Europa, il 65% è in euro, il 30% in dollari e il resto in altre valute. Dal momento che non è una banca, quindi senza scopo di lucro, gli interessi non sono superiori al 5%. I dipendenti nel 2012 erano 112, cui si aggiungono alcuni consultori esterni per casi particolari. Lo IOR supporta gli enti eccleasiastici in oltre 150 paesi del mondo[60]. (via)

Avete notato il silenzio della politica tutto intorno?

Se armi la pace, ami la guerra

Siamo convinti che anche l’impegno sottoscritto dalla mozione approvata ieri in parlamento di limitarsi alla realizzazione dei tre F35 già acquistati è una decisione errata perché sottrae risorse necessarie ai settori di primaria importanza per la nostra società come educazione, sanità, welfare, ambiente, cultura e occupazione.

Crediamo inoltre che il conseguimento della pace non si raggiunge attraverso l’impiego di nuovi e sofisticati sistemi d’arma, al contrario esige un processo di disarmo e di riduzione delle spese militari, la promozione della giustizia e lo sviluppo sociale, l’impiego di metodi di non violenza attiva e il dialogo. Tutto ciò è suggerito anche dall’insegnamento della dottrina sociale della chiesa cattolica ripetutamente sottolineato anche dai pontefici in questi ultimi cinquant’anni. “La guerra è avventura senza ritorno” – ammoniva Papa Giovanni Paolo II – parole a cui fanno eco quelle di Papa Francesco “La guerra è il suicidio dell’umanità”.

Le risorse impiegate per il riarmo non solo hanno un enorme e ingiustificato costo sociale, sono un ostacolo per la sicurezza e la pace tra le nazioni che mai si possono realizzare con l’uso della forza e la violenza.

Poche parole, chiare da quelli di Nigrizia.