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Meritocrazia alla lombarda. La solita.

Un esercito di amici degli amici. Ogni volta che deve cambiare tutto poi alla fine non cambia niente. Basta leggere qui.

a normativa, per la verità, stabilisce il numero massimo dei componenti delle segreterie dei membri della giunta (dieci per il governatore, otto per il suo vice e sei per ogni assessori) da scegliere fra il personale già in servizio al Pirellone. Se occorre una competenza specifica e se tale competenza è irreperibile all’interno della Regione, si ricorre a personale esterno. L’impressione è che gli assessori interpretino la legge in maniera molto liberale e anzi quasi anarchica, spesso scegliendo non in base a curricula ed esperienza, bensì amicizia, parentela e vicinanza politica. Solo Alberto Cavalli, assessore alle infrastrutture e alla mobilità, ha rinunciato a farsi una segreteria sul modello dei suoi colleghi di giunta: due segreterie prese in prestito dalla struttura dei dipendenti regionali.

Tipico malcostume italiano è invece quello dei politici che una volta non rieletti pensano bene di farsi reclutare come consulenti dai colleghi di partito. A mò di esempio basta citare Mario Labolani che risulta collaboratore dell’assessore al territorio Viviana Beccalossi. Labolani, che si occupa di «rapporti con i rappresentanti istituzionali, enti e associazioni che a vario titolo sono coinvolte nella redazione delle proposte di leggi regionali sul consumo e difesa del suolo», si è seduto in giunta a Brescia dal 2008 al 2012 in qualità di assessore al verde pubblico in quota Fratelli d’Italia.

Di contro l’ex assessore provinciale milanese, il leghista Stefano Bolognini, ha rifiutato l’offerta del suo partito di essere parcheggiato provvisoriamente come collaboratore presso l’assessore alla cultura Cristina Cappellini. Non così Roberto Valenti, ex vicesindaco di Marcallo con Casone, un comune di 5 mila abitanti vicino a Magenta, dove per dieci anni è stato sindaco con un monocolore del Carroccio Massimo Garavaglia, oggi assessore al Bilancio nella giunta Maroni. Valenti, travolto dalle polemiche per le bollette troppo alte del suo cellulare di servizio, fu messo in disparte dalla Lega alle elezioni dello scorso maggio. Fuori dalla lista e fuori dai giochi. Ma con uno stipendio extra. Valenti oggi guadagna 28 mila e 500 euro “per attività di comunicazione, gestione rapporti con i giornalisti, stesura testi”.

Poi ci sono quelli che lo stipendio lo ricercano esclusivamente negli enti pubblici. Un fulgido esempio lo fornisce il consigliere comunale milanese di Forza Italia Pietro Tatarella che vanta un curriculum ineguagliabile: consulente dell’assessore alla casa e all’housing sociale, membro del comitato tecnico-scientifico del Fondo provinciale per la Cooperazione Internazionale, consigliere di amministrazione dell’Ente Fiera di Castelbarco. Praticamente un tuttologo se non fosse che il suo curriculum è privo di qualsiasi competenze in ciascuno di questi ambiti.

C’è poi il modello a conduzione familiare come quello dell’assessore alla casa, housing sociale e pari opportunità Paola Bulbarelli. Non la sua di famiglia ma quella di Daniela Santanché. La «pitonessa» è riuscita a piazzare l’avvocatessa Valeria Valido, che è stata a lungo tempo la sua più stretta collaboratrice nonché amica del faccendiere della P4 Luigi Bisignani, a caposegreteria dell’assessore. A seguire contratti per un ex dipendente della sua società, Visibilia, e per l’ex assistente della nipote Silvia Garnero già assessore della Provincia di Milano.

In ultimo tra i collaboratori degli assessori lombardi non poteva mancare una figura più che imbarazzante, il mandante dei manifesti «Via le BR dalle Procure» affissi nell’aprile 2011 lungo le strade di Milano in occasione delle elezioni comunali. Giacomo Di Capua, caposegreteria del vicepresidente di Regione Lombardia e assessore alla sanità Mario Mantovani, finì condannato per vilipendio dell’ordinamento giudiziario dopo che inizialmente venne accusato un altro esponente pidiellino, Roberto Lassini, che fu costretto coram populo a rinunciare alla candidatura nella lista a sostegno di Letizia Moratti. I Pm milanesi nel 2012 ottennero l’archiviazione per Lassini e la condanna di Di Capua «ritenuto l’ideatore del contenuto dei manifesti diffamatori e sostanzialmente il committente delle affissioni». Caduto in disgrazia il primo, per il secondo la poltrona è garantita. Voce del capitolo rapporto fiduciario, con uno stipendio che tutti indicano come molto elevato. Piccolo dettaglio: regione Lombardia non lo rende noto. Giorni e giorni di ricerca sono stati inutili, il compenso del pupillo di Mantovani resta un oggetto misterioso.