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Il PIL salvato dalla mafia

L’Italia e i suoi conti salvi grazie a «Mafia spa». Non è uno scherzo o un titolo a metà tra il serio e il faceto di qualche giornale straniero, ma quanto reso possibile dalla revisione dei criteri per calcolare la ricchezza italiana. Sono regole che non ha chiesto il governo italiano per sistemare la sua sgangherata contabilità statale, ma l’effetto dei nuovi parametri europei per il conteggio del Pil. Logico però che, essendo il nostro Paese più soggetto alle creazione di economia illegale, l’addendo che si somma al totale della ricchezza sia uno dei più alti in Europa. Il primo effetto è che la criminalità generalmente considerata e la prostituzione hanno gonfiato la ricchezza del 2011. Complessivamente, in quell’anno sui quali sono applicati i nuovi parametri, il contributo dell’illegalità vale 15,5 miliardi di euro. L’effetto numerico è una lievitazione del Pil di un + 0,9%.

Nello specifico, 10,5 miliardi di euro provengono dalla commercializzazione di droga, 3,5 miliardi dalla prostituzione. Più modesto il valore dell’attività di contrabbando di sigarette che risulta pari a 0,3 miliardi.

La rivalutazione complessiva del valore del Pil è di 3,7 punti percentuali per effetto dei cambiamenti introdotti dal Sec 2010 al sistema di misurazione e delle innovazioni introdotte dall’Istat.

In questo modo, il Pil dell’Italia per il 2011 è quindi ora stimato in 1.638,9 miliardi di euro contro i 1.579,9 miliardi della stima in Sec95 con una rivalutazione di 59 miliardi (3,7% del precedente livello in valore). Alla rivalutazione del Pil nominale del 2011 hanno contribuito per 1,6% (pari a 24,6 miliardi di euro) le modifiche dovute alle innovazioni metodologiche introdotte dal Sec2010. La revisione è attribuibile per ulteriori 0,8 punti percentuali alle modifiche connesse al superamento di riserve europee sull0implementazione del Sec95. La restante parte della rivalutazione corrispondente all’1,3% deriva dalla combinazione di molti effetti dovuti alle innovazioni introdotte nelle fonti e nelle metodologie nazionali. In questo ambito va inclusa la nuova stima dell’economia sommersa, la cui quota sul nuovo livello del Pil risulta pari a 11,5%. L’applicazione del Sec 2010 è definita da un apposito Regolamento Ue del Parlamento europeo e del Consiglio (n.549/2013), relativo al Sistema europeo dei conti nazionali e regionali dell’Unione Europea. Al momento non è ancora disponibile un quadro completo dell’impatto che il passaggio ai nuovi standard contabili ha determinato sui conti dei diversi paesi europei.

Si può comunque osservare che, con riferimento ad anni corrispondenti a quello dell’Italia per la definizione del periodo di benchmark, in Germania è stata operata una rivalutazione del Pil pari al 3,4% (di cui 2,7 punti dovuti al nuovo Sec, anno 2010), in Francia del 3,2% (di cui 2,4 punti per il nuovo Sec anno 2010), nel Regno Unito del 4,6% (di cui 2,3 punti attribuiti al nuovo Sec, anno 2009). In base al nuovo calcolo cambiano anche gli altri parametri dei conti pubblici. Il rapporto tra deficit e Pil si abbassa di 0,2 punti percentuali passando dal 3,7% al 3,5% con riferimento al 2011. Il saldo primario resta invariato all’1,2% del Pil. In particolare, alla rivalutazione del Pil nominale 2011, in base al Sec 2010, hanno contribuito per 1,6 punti percentuali (24,6 miliardi) le modifiche dovute alle innovazioni metodologiche introdotte dal Sec 2010. Di questi 20,6 miliardi di euro è attribuibile alla capitalizzazione delle spese per ricerca e sviluppo. Riguardo all’economia sommersa e illegale, è pari a 187 miliardi, l’11,5% del Pil 2011, la stima dell’economia sommersa e illegale secondo l’Istat. Nel ricalcolo del Pil nominale 2011, in base alle nuove norme Sec 2010, si definisce meglio, grazie all’affinamento della metodologia, il peso dell’economia non osservata. Si tratta delle somme connesse a lavoro irregolare e sottodichiarazione. A queste si aggiungono anche le attività illegali (droga, prostituzione e contrabbando), per un combinato che fa sì che l’economia non osservata, è di oltre 200 miliardi (12,4% del Pil).

Per il 2011 l’insieme dell’economia sommersa e illegale valeva il 12,4% del Pil pari a circa 200 miliardi di euro su 1.638 miliardi complessivi del Pil. Il peso percentuale sul Pil è pari allo 0,9% per le attività illegali, dell’11,5% per l’economia sommersa.

La revisione dei criteri dà una mano non indifferente a chi, al ministero dell’Economia, lavora sulle misure di riduzione del deficit e sulle risorse disponibili per la crescita. Un Pil più elevato aumenta infatti il denominatore del rapporto con il deficit. Dunque un margine di flessibilità in più, solo sulla carta, trattandosi di Pil nominale, per liberarsi dalla schiavitù di Maastricht.

(Filippo Caleri per Il Tempo)