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Motivazioni processo “la svolta”: il 416 bis in Ligura

Imperia.”La Svolta”, “Roccaforte”, “Spiga”, “Maglio”, “Crimine”, “Infinito“. Questi sono solo alcuni nomi di diverse operazioni e processi anti ‘ndrangheta portati avanti sul territorio ligure e nazionale.

Sono nomi particolari che, sentendoli per la prima volta, non comunicano niente, ma in realtà dietro queste brevi parole si cela un mondo complesso di intercettazioni, osservazioni, pedinamenti portati avanti dalle forze dell’ordine per smascherare la presenza anche nella nostra terra della mafia. Precisamente della ‘ndrangheta che, anche se operante in modo silente, senza faide e uccisioni in pieno giorno, ha minato profondamente il territorio ligure, infiltrandosi in modo capillare nelle istituzioni, nella realtà amministrativa e politica e quindi indirettamente nella vita di ogni singolo comune cittadino.

La sentenza del processo “La Svolta” ha segnato un punto di non ritorno per la lotta alla criminalità organizzata perchè, per la prima volta, è stato riconosciuto il reato di associazione mafiosa, il 416 bis, in Liguria, e tutto questo è stato possibile solo grazie ai processi precedenti che hanno creato una sorta di rete, una mappa, che tassello dopo tassello ha portato ad avere sotto gli occhi degli inquirenti un quadro completo dell’associazione ‘ndranghetistica nel ponente ligure.

Ecco perchè il passaggio fondamentale delle motivazioni della sentenza del processo “La Svolta” è: “Per la dimostrazione della sussistenza del reato associativo è necessario avere un quadro panoramico delle vicende dei fatti criminosi commessi in un arco di tempo più o meno prolungato. Una visione parcellizzata dei fatti difficilmente consentirebbe di individuare i requisiti di un agire organizzato con metodo mafioso“.

In queste poche parole si racchiude la motivazione essenziale per cui in questo storico processo è stato contestato agli imputati, per la prima volta in Liguria, il reato 416 bis di associazione mafiosa. Lo sguardo che i giudici hanno infatti mantenuto su tutto il processo è stato molto ampio, senza focalizzarsi su singoli avvenimenti, ma trovando in ogni fatto un collegamento e una connessione con indagini passate (le stesse Maglio, Infinito, Crimine… di cui sopra).

Come si legge nelle motivazioni della sentenza, depositate il 5 gennaio, hanno avuto un ruolo fondamentale le deposizioni del Maresciallo Camplese e del Maresciallo Torrente, ma anche le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, Francesco Oliverio e Gianni Cretarola, che hanno “sostanzialmente dato conferma di fatti già ampiamente dimostrati sulla base di altri elementi di prova“.

Il processo “La Svolta” è stato infatti basato sulla grande consistenza quantitativa e qualitativa delle risultanze delle attività di intercettazioni e “le conversazioni intrattenute da imputati (tra di loro o con terzi) hanno rappresentato il nucleo probatorio fondamentale, stante la ovvia, particolare attendibilità di dichiarazioni fatte da soggetti ignari di essere ascoltati”.

Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia sono state così riconosciute solo dopo la dimostrazione di credibilità soggettiva del dichiarante, di una sua attendibilità intrinseca e della presenza di riscontri esterni individualizzanti, non lasciando spazio a opinioni. “Gran parte dei dati indicati da Oliverio e Cretarola erano in ogni caso già noti in quanto evidenziati in importanti sentenze di ‘ndrangheta acquisite nel presente processo“, inoltre i due collaboratori hanno riconosciuto in foto molti soggetti chiamati in causa nel processo e hanno riportato fatti vissuti direttamente o hanno indicato precisamente la fonte della loro conoscenza.

Ai fini della costituzione di un sodalizio criminoso sono dunque essenziali diversi elementi che sono stati ritrovati in questo processo: “elemento personale con un minimo di tre persone, la struttura operativa organizzata articolata in ruoli e competenze, i fini perseguiti il cui ambito viene ad essere dilatato e l’elemento centrale in aggiunta dato dalla capacità dell’organizzazione di sprigionare per il solo fatto della sua esistenza una carica intimidatrice idonea a piegare ai propri fini la volontà di quanti vengano in contatto con gli affiliati all’organismo criminale”.

(fonte)