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Maggio 2015

#MarioPiccolino uno di quelli che se non sono entrati nell’antimafia istituzionale e televisiva per voi non esistono

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Una cosa che non troverete scritta da nessuna parte è che Mario fosse considerato un “eccentrico”. Succede in tutti gli angoli d’Italia che la prima mossa per isolare chi denuncia ad alta voce sia quella di sottolineare le stranezze, di dargli un aspetto caricaturale in modo che Prefettura e Forze dell’Ordine possano arrogarsi il diritto di prendere la questione poco sul serio. E così nel Paese delle scorte usate come mantelli da una classe dirigente piena di ombre, ammazzare Piccolino diventa una passeggiata. Piccolino chi? mi stanno scrivendo in queste ore: uno di quelli che se non sono entrati nell’antimafia istituzionale e televisiva per voi non esistono. Un Piccolino così.

L’articolo completo scritto per L’Espresso lo trovate qui.

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Elogio della gentilezza (Left: cosa ci abbiamo messo dentro questa settimana)

1Gli affezionati che seguono questo piccolo blog sanno come da qualche settimana io abbia in testa il tarlo del “quando abbiamo smesso di essere buoni”. Ne ho scritto qui e qui e anche in redazione abbiamo avuto modo di interrogarci.

Per questo penso che il numero di Left in edicola da oggi sorprenderà i miei lettori per il tema in copertina: “elogio della gentilezza”.

Ho avuto modo di parlarne per la storia di copertina con Cecilia Strada, presidente di Emergency, e mentre parlavamo di buoni e buonisti abbiamo finito anche per riflettere sulla sinistra. Nello stesso numero ho intervistato anche Fabio Rustico, ex giocatore dell’Atalanta, ex assessore al Comune di Bergamo e calciatore “atipico” per cultura, istruzione e prese di posizioni. Oggi è finito a gestire un’azienda agricola che si occupa di biodinamica a Pantelleria

Per il resto trovate tutto qui

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Lo dice anche Gratteri: “Quindi ogni volta ci si meraviglia, io invece mi meraviglio che la gente continui a meravigliarsi”

Gratteri-panorama-ditalia013-1000x600“Non posso dare valutazioni politiche, ogni volta che ci sono elezioni di qualsiasi genere c’è sempre ritornello su codice autoregolamentazione. Ma se chi fa le liste conosce chi ci mette, fa un calcolo cinico, mette pregiudicati o faccendieri e calcola che una fetta di elettorato comunque li voterà. Quindi ogni volta ci si meraviglia, io invece mi meraviglio che la gente continui a meravigliarsi”. Così si è espresso Nicola Gratteri, procuratore aggiunto di Reggio Calabria e con Antonio Nicaso autore di Oro bianco (Mondadori editore, 263 pagine, 18 euro), intervistato a Varese nella quarta tappa del tour di “Panorama d’Italia da Maurizio Tortorella, vicedirettore del settimanale.

“Un terzo delle banconote da 500 euro circolanti in Europa si trova in Spagna, che non a caso è il ventre molle europeo della lotta alle mafie. In Spagna” ha detto il procuratore aggiunto di Reggio Calabria “ci sono colonie di colombiani, e depositi ognuno da dieci tonnellate di cocaina. Abbiamo indagato su agenzie che chiedevamo il 5% di provvigione per fare arrivare soldi in Sudamerica e l’agenzia ricevente trattiene un altro 5%”, ha aggiunto Gratteri: “Solo il 9 per cento di questo denaro sporco torna in Sudamerica, il resto rimane in Europa, e questi narcotrafficanti stanno comprando di tutto in tutta Europa”.

Nel suo libro Oro bianco, Gratteri specifica che il 36% di tutto il valore monetario degli euro circolanti in Europa è in banconote da 500 euro, e che un milione di euro espresso con queste banconote pesa solo 2 chili e duecento grammi, mentre in dollari pesa undici chili. “Milano è la più grande piazza europea per il consumo di cocaina” ha detto. “Ma il business della cocaina”  ha aggiunto il magistrato “alimenta enormi interessi economici in tutta Europa”. E ha aggiunto: “Noi ci siamo interessati molto della elite della ’ndrangheta. Una grande ricchezza è in mano al 3-4% degli ‘ndranghetisti, gli altri sono utili idioti, portatori d’acqua al pozzo del capo locale. Avevamo un indagato il quale stava comprando due navi dall’Imi, acciaierie a San Pietroburgo. Quando la ‘ndrangheta va in Germania compra alberghi, ristoranti, pizzerie. Qual è il problema? Io quando vado a Strasburgo mi arrabbio e sono un po’ duro, perché vedo e dico che c’è un’Europa solo economica, che s’interessa solo dell’aspetto bancario e di finanza, di quote latte… Ma intanto che cosa  sta accadendo? In Europa non c’è cultura del controllo del territorio. L’Unione non è attrezzata per contrastare le mafie. La legislazione antimafia italiana è la più evoluta al mondo,e non basta, ma nel resto d’Europa è peggio. Nell’Ue centrale c’è il nulla, è piena di ‘ndranghetista e camorristi. Quando li vedete arrestare in qualche Paese del Centro Europa siamo noi, dall’Italia. Ad esempio: in Olanda non si possono fare provvedimenti di ritardato sequestro, appena si sa che c’è qualcuno ibn possesso di 2 chili di droga bisogna arrestarlo.  Figuratevi andare a parlare a Strasburgo di 416 bis: quando al Parlamento europeo ho detto che in Germania c’è la ‘ndrangheta c’erano dei parlamentari tedeschi che mi volevano mangiare, come in Svizzera”.

Come ministro cosa avrebbe fatto per prima cosa?  “Il 29 luglio 2014” ha risposto Gratteri “si è insediata la commissione da me presieduta, avevo accettato perché senza fini lucro e potevo sceglierne i componenti. Abbiamo presentato un articolato modificando 150 articoli di legge. Per fare questa riforma ci siamo dati delle regole: non abbassare il livello delle garanzie; applicare l’informatica al processo, dire basta alla carta. Usare posta elettronica, videoconferenze, lo scopo generale è quello dinon rendere conveniente delinquere. Alla fine del 2014 finiamo il lavoro, nel gennaio 2015 abbiamo presentato il nostro lavoro a premier e ministri. Ora sta al governo decidere se e cosa portare in Parlamento. A me basterebbe vedere approvato il 50 per cento delle nostre proposte. Sarebbe una rivoluzione”.

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Su De Luca

L’opinione di Celeste Cosantino. Direi chiara:

de-lucaQuando De Luca è sceso in campo autocandidandosi a Presidente della Regione Campania, il Pd di Renzi era in forte imbarazzo: non lo voleva il sindaco di Salerno come governatore. E non solo perché non incarnava l’immaginario giovane e bello (arrogante sì, senz’altro) del renzismo, ma perché le voci e le ombre su De Luca erano insistenti a tal punto da ostacolare anche una parvenza minima di cambiamento.

Ce l’hanno messa tutta per metterlo da parte. Hanno provato con Luigi Nicolais, Pina Picerno, hanno tentato di imporre il neo arrivato Gennaro Migliore. Hanno messo in campo ogni diplomazia con i dirigenti nazionali. Si sono anche inventati una Leopolda in salsa napoletana dal nome Fonderia per dare l’idea che la candidatura doveva nascere dal basso. De Luca, dimostrando una scaltrezza che ad altri è mancata, si è presentato senza essere invitato, è intervenuto, ha conquistato la scena.

Hanno deciso allora, dopo mille rinvii, di fare le primarie. Qualcuno più ravveduto non si è proprio cimentato, qualche altro ha insistito salvo poi doversi miseramente ritirare qualche giorno prima del voto. E così De Luca ha spazzato via tutti e si è lanciato ufficialmente nella sua campagna elettorale.

E così la freddezza di Renzi e dei renziani si è magicamente trasformata in entusiasmo senza se e senza ma. Peccato che c’era ancora qualche piccolo problema da risolvere: le alleanze con gli amici di Nicola Cosentino, un vecchio processo per concussione, la condanna in primo grado per abuso d’ufficio che, per colpa della legge Severino, gli fa rischiare la sospensione dopo l’elezione.

Quindi il Pd candida una persona che molto probabilmente non potrà svolgere il suo mandato. Renzi tace ma De Luca parla, altroché se parla. Ci racconta che si sente più volte al giorno con il premier, ci spiega che nominerà subito un vice che potrà governare al posto suo. Ma soprattutto ci confessa candidamente che quella legge Severino che tanto ci preoccupa lui ha la sensazione che verrà modificata. E il cerchio si chiude.

Fino all’arrivo della commissione antimafia. Che cosa ha fatto la Commissione antimafia? Ha analizzato le candidature alle elezioni regionali in base a un codice etico che anche il Pd ha sottoscritto. Di fronte alle domande su presunti impresentabili, il Pd s’è sempre rifugiato dietro banali trovate come “io non li avrei candidati, io non li voterei, non saranno eletti”. Come se i voti non venissero comunque conteggiati. Strategie di marketing. Ma a due giorni dal voto, esce fuori che nella lista delle candidature che non rispettano questo codice etico c’è anche il nome di De Luca. Che sorpresa ragazzi, e chi se lo aspettava! Alla luce della ricostruzione di questi mesi per Matteo Renzi e corte deve essere stata davvero una notizia.

Contrordine compagni. Qui può finire addirittura 5 a 2. Tutti pancia a terra per De Luca. Ed ecco che, in un batter d’occhio, anche i detrattori di De Luca si trasformano in fan, in sostenitori sfegatati. Si sprecano le dichiarazioni, i tweet: tutti allineati e coperti. Dai colonnelli battezzati, a quelli che ambiscono a diventarlo fino ai penosi servi sciocchi.

Una pagina davvero triste per la politica. Due cose lasciano più – eufemisticamente – perplessi in questa vicenda. La prima. Per spostare l’attenzione dalla sostanza della questione, e cioè il fatto che De Luca era ed è un impresentabile, il Pd è disposto a uccidere simbolicamente, delegittimando completamente la sua figura, una personalità come Rosi Bindi. Senza scrupoli, senza tentennamenti. Altro che rottamazione: siamo alle purghe staliniste. È stato sbagliato dare i nomi a due giorni dalle elezioni? Sì. Ma tanto il Pd lo sapeva sin dall’inizio, tant’è vero che non lo voleva candidare. Quindi le reazioni di oggi sono soltanto frutto della paura di perdere il potere in Campania. Se poi ci aggiungiamo il fatto che si può approfittare per farsi fuori anche un pezzo della minoranza, ancora meglio.

La seconda, la più importante. Qui si sta trattando il tema della legalità e della trasparenza delle istituzioni come un gioco, come una sfida interna, come una qualsiasi gara da vincere. La capacità di una forza politica di contrapporsi alla camorra, di offrire un’alternativa ai cittadini campani, di mostrare che può esistere altro non sono questioni al centro delle preoccupazioni del partito che governa questo Paese. Altro che a testa alta…

Adesso vanno alla ricerca di legittimazioni esterne. Non so chi si presterà a benedire quest’ultimo passaggio per De Luca, sinceramente non mi interessa. Il giudizio su alcune figure, l’opportunità di candidarle e di sostenerle rimangono a prescindere da quello che dicono – o non dicono – alcuni professionisti dell’antimafia. Personalmente non ho bisogno né di Saviano e né di Cantone per dire non solo che De Luca è un impresentabile a 48 ore dalle elezioni, ma che non andava candidato. Per il profilo che ha, per le alleanze che ha messo in campo. E questo è il compito della politica che ha a cuore il futuro dei cittadini

 

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Impresentabili, Bindi: “Indignata sono io, che Pd è diventato questo?”

Renzi-De-Luca-4-990x618Si dice indignata Rosi Bindi, duramente attaccata ieri da gran parte del Partito Democratico a causa della lista dei cosiddetti impresentabili stilata dalla commissione Antimafia. Una lista che, com’è noto, contiene il nome di 16 persone tra cui quello di Vincenzo De Luca, il candidato del Pd in corsa per la presidenza della Regione Campania.  Dagli atti trasmessi dal procuratore della Repubblica di Salerno risulta che pende un giudizio a carico di De Luca in un procedimento del 2002 per il reato di concussione continuata commesso dal maggio 1998 e con “condotta in corso” e altri reati come abuso d’ufficio, truffa aggravata, associazione per delinquere. “Indignati? Indignata sono io, io…Lo hanno candidato loro De Luca e sapevano chi era…, sta succedendo una roba fuori dal mondo, ma che Pd è diventato questo?”, così la Bindi, in un colloquio con Repubblica, risponde alle accuse che le sono piovute addosso. Si dice indignata “che qualcuno voglia con queste accuse senza fondamento delegittimare il lavoro di una istituzione”. “E la mia storia parla da sola. Non conosco l’uso a scopi personali o di parte delle istituzioni. Non mi appartiene e credo che lo sappiano tutti. Giudicheranno gli italiani chi usa le istituzioni per fini politici, ma certamente non sono io”, ha detto ancora.

De Luca e Renzi contro la Bindi – A suo dire di Vincenzo De Luca tutti sapevano tutto, “è stato candidato con la totale conoscenza e consapevolezza della sua situazione”. Per queste ragioni Rosi Bindi ha ribadito di non avere intenzione di replicare “e abbassarmi a interloquire ad accuse assurde”. Ieri, tra i primi a commentare il suo nome nella lista degli impresentabili è stato proprio il candidato Pd per la Campania che ha affermato di essere intenzionato a denunciare Bindi per diffamazione. Il premier Renzi, da parte sua, ha manifestato il suo disappunto perché la vicenda dell’antimafia sarebbe stata usata per una discussione interna al partito.

Bindi: “Legge mi affida un compito di informare” – Rosi Bindi ha difeso anche la scelta della commissione di rendere nota la lista degli impresentabili nell’ultimo giorno di campagna elettorale, a poche ore dunque dal voto per le elezioni regionali 2015. “Meglio dell’ultimo giorno, potrei dire. La verità è che tutti hanno fatto campagna liberamente e se la legge mi affida un compito di informare sulle qualità dei cittadini, quando avrei dovuto farlo? Dopo?”, ha spiegato. Infine, la presidente della commissione Antimafia ha negato che, dopo quanto accaduto ieri, sia più vicina la sua uscita dal Pd: “E perché mai? Non si possono confondere partito e istituzioni”.

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Il grande Mario Piccolino: a Formia come a Gomorra si spara ai blogger

mario-piccolino-latina24oreUn unico colpo, diretto alla testa. Mario Piccolino è morto così, mentre si trovava nel suo studio di Formia. La vittima aveva 71 anni, era un avvocato e un noto blogger di freevillage.itdove pubblicava articoli contro le mafie, indiscrezioni e commenti politici. Un omicidio avvenuto in una città ad alto tasso mafioso, in un territorio – quella di Latina – che Carmine Schiavone chiamava semplicemente “provincia di Casale”, dove da tempo vivono moltissimi esponenti storici dei principali clan dell’agro-aversano.
Piccolino è stato colpito nel suo studio in pieno centro, poco dopo le 17. Un uomo a volto scoperto, di statura media, vestito con una bermuda militare, ha chiesto di lui ad un giovane ingegnere che divideva lo studio con l’avvocato, presentandosi come un cliente. Il testimone ha raccontato di aver sentito prima una breve discussione e poi un unico colpo di arma da fuoco, che ha freddato la vittima. Secondo i primi rilievi l’omicida avrebbe utilizzato una parabellum 9×21.
La squadra mobile di Latina sta ascoltando in queste ore i testimoni, per cercare di dare un volto ed una identità al killer. Al momento c’è grande cautela sui possibili moventi dell’omicidio. Non viene scartata la ritorsione da parte di uno dei tanti clan di camorra che da anni vivono e operano a Formia, considerata fin dagli anni ’80 la “Svizzera dei Casalesi”. Gli investigatori stanno valutando anche la pista di una vendetta da parte di un cliente dell’avvocato, molto conosciuto in città. Nel 2009 Piccolino era già stato aggredito, colpito con un cric sul volto da un uomo che si era introdotto nello studio. L’aggressore è stato poi identificato comeAngelo Bardellino e successivamente rinviato a giudizio.
Formia in questi ultimi mesi sta vivendo un periodo di particolare tensione. Solo qualche giorno fa un giornalista della testata h24notizie.com è stato aggredito in città da un imprenditore. Il comune di Formia ha comunicato che per domani è previsto un consiglio comunale straordinario.
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Claudio Fava (eh beh, un gufo): «Adesso chi vota gli impresentabili si assuma le sue responsabilità»

claudio_fava2«Vogliono denunciare Rosi Bindi per diffamazione? Allora possono denunciare anche me». Claudio Fava, deputato del gruppo misto e vicepresidente della commissione Antimafia difende l’operazione “impresentabili”. «La responsabilità politica è collettiva – spiega – di tutto l’ufficio di presidenza». Nessuna forzatura: i nomi dei 17 candidati, compreso Vincenzo De Luca, sono il frutto di un accurato lavoro di ricerca. Le polemiche di queste ore e il presunto regolamento di conti all’interno del Partito democratico? «Evidentemente Renzi ha problemi a gestire le avventate dichiarazioni dei giorni scorsi, e così preferisce mandare avanti i suoi pretoriani».

Fava, qualcuno adesso accusa la presidente Bindi di aver fatto tutto da sola. 
La decisione di approvare il codice di autoregolamentazione è stata assunta lo scorso settembre da tutti i partiti, con un voto all’unanimità. Circa un mese fa ho personalmente chiesto e ottenuto di effettuare uno screening sui candidati alle elezioni. L’ufficio di presidenza della commissione Antimafia si è assunto la responsabilità di procedere.

Eppure alcuni parlamentari raccontano che la presidente avrebbe mostrato i nomi alla commissione solo pochi minuti prima della conferenza stampa di oggi. Impedendo qualsiasi valutazione. 
Ma guardi che la lista di nomi la presidente non l’aveva mica nascosta nella borsetta. Quella lista è il frutto di diverse verifiche fatte dalle procure e dalla Dna anche grazie al lavoro dei nostri funzionari. Quell’elenco non prevede dibattiti né interventi discrezionali da parte della commissione.

(l’articolo completo è qui)

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Antimafia con il culo degli altri: sono mafiosi solo quelli che non sono nostri amici

renzi_de_lucaMi stupisce che ci si stupisca. Davvero.

C’era bisogno della Commissione Antimafia per sapere che in Campania il gruppo di potere che sostiene De Luca sia la solita poltiglia? Eppure l’aveva detto Saviano, l’hanno scritto decine di giornalisti, l’hanno urlato moltissime associazioni antimafia (tranne quelle “parademocratiche”, ovvio). Ora: non rispondono a tutti questi ma si divertono a impallinare la Bindi che (tra l’altro) hanno messo loro alla Presidenza dell’Antimafia.

Attenti: tra qualche giorno magari Renzi legge la sentenza Dell’Utri e se la prenderà con il protagonismo di certa magistratura palermitana.

Non è vero che non è cambiato niente: sta andando tutto peggio. Sotto mentite spoglie, ovviamente.

(PS A proposito di Dell’Utri. Siamo in dirittura d’arrivo del nostro crowdfunding per il mio prossimo spettacolo e libro. Se volete darci una mano potete farlo qui. E passatene parola. Se potete e se volete. Grazie.)

Expo 2015 spa e la Bracco(baldo)

diana-bracco-presidente-expo-2015-spa_tEvasione fiscale e appropriazione indebita. Diana Bracco, presidente di Expo 2015 Spa, è indagata in qualità di presidente del consiglio d’amministrazione della Bracco spa. L’indagine è stata chiusa ed è stato effettuato un sequestro da circa 1 milione di euro. L’ipotesi è che le fatture false siano servite in relazione a lavori su case private e barche. “Non c’è stata alcuna frode fiscale”, ha commentato l’avvocato difensore di Bracco Giuseppe Bana, “si tratta di contestazioni riguardanti l’inerenza all’attività d’impresa di fatture, situazione non rilevante sotto il profilo penale. Abbiamo già definito con l’Agenzia delle entrate attraverso il ravvedimento operoso, siamo solo al termine delle indagini preliminari e non è stata ancora formalizzata la richiesta di rinvio a giudizio”.

Come si legge in un comunicato del procuratore della Repubblica Edmondo Bruti Liberati, nell’ambito dell’inchiesta condotta dal Nucleo Polizia Tributaria della Guardia di finanza e coordinata dal procuratore aggiunto Francesco Greco e dal pm Giordano Baggio, “è stato notificato avviso di conclusione delle indagini” a carico di Diana Bracco, di Pietro Mascherpa, presidente del Cda di Bracco Real Estate srl, e di due architetti dello studio Archilabo in Monza, Marco Pollastri e Simona Calcinaghi. In particolare Bracco e Mascherpa sono accusati di evasione fiscale attraverso l’emissione di fatture false e di appropriazione indebita.

Dalle indagini “è emerso che fatture” per oltre 3 milioni di euro, confluite nella contabilità e nelle dichiarazioni fiscali “presentate dalle società del gruppo Bracco per i periodi di imposta dal 2008 al 2013″, erano riferite “all’esecuzione di forniture o di prestazioni rese presso locali in uso alle medesime società ma effettivamente realizzate presso immobili e natanti di proprietà, ovvero nella disponibilità” di Diana Bracco e del marito defunto Roberto De Silva.

Lo scorso 5 marzo, si legge ancora nel comunicato, la Guardia di finanza ha eseguito un decreto di sequestro preventivo emesso dal gip Roberta Nunnari nei confronti di Diana Bracco per 1 milione e 42 mila euro “corrispondente all’importo totale dell’imposta complessivamente evasa per effetto dell’utilizzo delle predette fatture”. Nella nota si legge infine che lo scorso 21 maggio “sono stati depositati” in Procura da parte delle Fiamme gialle “i verbali di constatazione delle correlate violazioni di carattere amministrativo”.

Nel 2010 Bracco era stata denunciata dalla Guardia di Finanza di Genova per lo yacht ”If Only”, un 40 metri costruito nei cantieri olandesi Feadship e intestato alla Ceber, società di Milano che ha come ragione sociale il noleggio di unità da diporto. Le quote erano della signora Diana Bracco e della Dolfin srl, interamente detenuta dalla presidente del gruppo farmaceutico. Secondo la finanza, il panfilo, registrato a Sanremo e ormeggiato ad Antibes in Costa Azzurra, sarebbe stato usato privatamente dai Bracco.

(fonte)