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Il senso della stampa per Civati

f5bfc44082f811e1ab011231381052c0_7 (1)Attenzione: lo scrivo cattivo. Un po’ perché non ho il tempo materiale per scriverlo complesso e un po’ perché basta poco per capirmi. Uno di quei pensieri che è già adulto appena è una sensazione.

Pippo Civati esce dal PD, mette in piedi un movimento che possiamo discutere per infiniti giorni ma che sicuramente non ha padri nobili (ahi quanto male hanno fatto i padri nobili!) e nemmeno padroni. Decide di fare dei referendum per mettere nero su bianco le decisioni politiche che non solo non ha condiviso ma che decide di combattere. I referendum sono qui. Un link semplice. A scriverlo ci ho messo una manciata di secondi il tempo di un copia e poi incolla.

Io me lo ricordo bene Pippo inseguito dai cronisti bavosi di Regione Lombardia e poi a Roma mentre cercavano l’articolo ostile di spalla messo nella pagina in cui si scrive del PD. Me li ricordo tutti e vi giuro che alcune volte non ho sopportato il feticismo giornalistico per il “contrario” a prescindere.

Bene. Pippo (avendo tutto da perdere) trova persone disposte a raccogliere firme per il referendum. D’estate. Piena estate. Agosto. Di questo anno così apolitico, anche.

Si può essere d’accordo o no ma tutti i servetti pronti a scrivere un editoriale sulla sua goccia di bava oggi non trovano la penna per scrivere di questa campagna referendaria. Nessuno. Se spara una battuta su Renzi allora sì. Per le iniziative politiche, per quelle, no.

La codardia uccide d’estate. Verrebbe da dire.