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«Mi interessa la grandezza “ordinaria”»: una mia intervista prima di partire per Ravenna

Intervista di Veronika Rinasti a Giulio Cavalli. L’intervista è stata pubblicata sul numero di Ravenna&Dintorni del 17 settembre. Qui l’inserto completo in pdf)

Cavalli con il nuovo spettacolo su Dell’Utri e il romanzo su Michele Landa: «L’ho scritto pensando ai miei figli»

giulio_cavalli_2012_foto_emiliano_boga_alta_ris-2Giulio Cavalli sarà ospite del Grido 2015 sabato 26 settembre con un doppio appuntamento. , romanzo edito da Rizzoli e in uscita il 17 settembre. Alle 21,00 sarà la volta dello spettacolo teatrale in anteprima nazionale L’amico degli eroi, monologo di Giulio Cavalli con musiche di Cisco Bellotti su Marcello Dell’Utri.

Nell’ultimo anno hai scritto un romanzo, uno spettacolo teatrale e hai iniziato a collaborare con Left. Scrittore, attore, giornalista. Hai deciso cosa fare da grande?

In realtà no! Negli ultimi due anni sono finito a fare il giornalista molto spesso, rispetto agli altri miei lavori. Il mio sogno rimane quello di fare lo scrittore e basta. Non per trasmettere alti pensieri o filosofie illuminanti, sono una persona che adora l’ozio e quindi la scrittura è semplicemente la forma più compatibile con me stesso. Mi capita di cambiare metodo a volte, ma questo dipende dal fatto che a seconda del tema trattato, mi sembrano più utili forme diverse. La storia di Michele Landa, ad esempio (il protagonista del romanzo Mio padre in una scatola da scarpe), è talmente umana che sento di non avere la cifra stilistica o la bravura per portarla su un palco. Mi viene più facile raccontarla in un libro.

Nel romanzo hai lavorato molto sulle parole, raccontando nel dettaglio i personaggi e ambientazioni. Quanto sei legato a questo libro?

Mio padre in una scatola da scarpe è il libro che mi rappresenta di più. Negli ultimi anni ho avuto la sensazione di dovermi sempre difendere. Con questo romanzo ho voluto scrollarmi di dosso l’etichetta di quello che si “merita” le minacce. Il processo di delegittimazione ti porta l’ansia di dare un certo tipo di risposta anche quando la delegittimazione in realtà non esiste. Il mio habitat è quello del racconto che non ha bisogno di fatti eclatanti, ma è legato alle piccole cose e forse questo romanzo è il mio lavoro più libero.

Quella di Michele Landa è una storia di cui si è parlato poco a livello nazionale. Perché hai scelto di parlare proprio di lui?

Mi piace molto raccontare la grandezza “ordinaria” delle persone normali. Sono assolutamente contrario alla mitizzazione della mafia e dell’antimafia. Molto spesso l’incontro con la criminalità organizzata si verifica per cause banali, come trovarsi al posto sbagliato nel momento sbagliato, come è successo a Michele Landa. Secondo me c’è un insegnamento molto più umano nella sua vicenda, che nelle storie ormai famose e abusate. La sua storia mi è stata raccontata durante un pranzo, quello di cui parlo alla fine del libro. Mentre scrivevo non mi sono sentito un giornalista, volevo soltanto raccontare la profonda umanità di questa famiglia che si era sempre tenuta fuori dalla criminalità organizzata, dichiarandosi anche ignorante su questo argomento.

Hai pensato ad un lettore ideale mentre scrivevi il romanzo?

Mi piacerebbe riuscire a creare una cultura dell’etica e della legalità che si appassionasse anche alle storie minori. Mi capita spesso di incontrare studenti nelle scuole e cerco sempre di contrastare questa bolsa retorica dell’antimafia, come se Falcone e Borsellino fossero il sussidiario della criminalità organizzata quando nella realtà esistono infinite sfumature di persone. Ho pensato ai miei figli e a quando, da grandi, mi chiederanno il perché di una vita così movimentata. Ecco, questo libro sarà la risposta.

Dopo la presentazione del libro, avremo in anteprima nazionale, anche “L’amico degli eroi”, spettacolo teatrale realizzato con il crowdfounding. In questo caso il progetto sociale è stato un obbligo o una scelta?

Innanzitutto trovo deliranti i bandi per ottenere fondi pubblici. Quindi abbandono per principio tutto quello che mi sembra illogico. E poi non mi avrebbero permesso di farlo. Gli unici spettacoli che ho realizzato con piccoli contributi pubblici sono L’innocenza di Giulio e bambini a dondolo, in cui parlo di turismo sessuale. Ma l’aiuto si limita alla fase di produzione. Gli spettacoli vengono scritti ma non venduti, e in questo modo l’ente compra il “perdono” attraverso il finanziamento.
Per il resto, io mi ritengo una persona fortunata. Ho molte persone che mi seguono, che sono miei lettori e sostenitori…e molto spesso sono anche le mie fonti. Ho pensato perché non provare a metterle insieme, cercando di creare anche un rapporto diretto. Tutto questo mi permette di esprimere anche giudizi etici sul dell’utrismo, cosa che probabilmente con un produttore privato non avrei potuto fare. L’amico degli eroi non è lo spettacolo che ti spiega solo perché Dell’Utri è mafioso, andiamo oltre. Raccontiamo che Dell’Utri, ovvero il siciliano che sogna di essere borghese, incontra il milanese che sogna di poter essere prepotente nelle modalità siciliane, si crea un mix talmente forte da arrivare a governare il paese.

Se dovessi descrivere Dell’Utri in due parole?

Mah…io lo trovo molto simile ad Andreotti. Dell’Utri è il sottovuoto spinto travestito da eroicità, a volte anche da intellettuale. Dell’Utri rimane l’opera d’arte di Silvio Berlusconi che, dopo aver imparato a vendere qualsiasi prodotto, ha venduto alla Lombardia leghista e antiterrona un nuovo modello di siciliano buono e potabile.

Come si articola lo spettacolo?

La prima parte è una narrazione di fatti realmente accaduti della vita di Marcello Dell’Utri. È il “Cavalli che non ti aspetti” perché non ci sono scoop. La seconda parte è in video. È uno spettacolo teatrale con una sorta di cinegiornale all’interno.