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‘L’amico degli eroi’ si è fatto libro

copertina3Questo libro non è un libro. Meglio: non è solo un libro. È la cassetta degli attrezzi per entrare preparati in una storia che si prova a rimuovere come se non fosse mai accaduta. Quando abbiamo deciso di preparare un’operazione culturale sul processo di Palermo che riguarda i rapporti mafiosi di Marcello Dell’Utri ci siamo convinti che l’abbinamento perfetto sarebbe stato uno spettacolo teatrale e un libro come manuale d’istruzioni. Come il bugiardino dentro le medicine, una cosa così, solo che qui il bugiardino c’è uscito di qualche centinaio di pagine perché ci teniamo che l’uso (e soprattutto le controindicazioni) siano chiari a tutti.

L’amico degli eroi’ (che è il titolo dello spettacolo e anche del libro) è un “produzione sociale”: un’idea culturale che è stata sottoposta ai lettori e agli spettatori prima di essere costruita. Abbiamo pensato che anche il percorso di produzione avrebbe dovuto rispettare lo spirito generale: non cadere nella troppo comoda tentazione di smussarci. E per farlo abbiamo deciso di farci produrre dal nostro stesso pubblico: “se funzionerà significherà che ha un senso”, ci siamo detti. E ha funzionato: abbiamo raccolto abbastanza fiducia perché l’idea diventasse forma. E se è vero che non è una novità che uno spettacolo o un libro nasca grazie al crowdfunding (ingarbugliatissima parola inglese per non rischiare di dover dire “produzione sociale”) è pur vero che per me si trattava di un azzardo: io che per lavoro ho il privilegio di scrivere per importanti editori o sostenuto da teatri riconosciuti mi sono buttato lì dove con troppa comodità di solito indichiamo il dilettantismo o al massimo il semiprofessionismo.

Sono convinto invece che la “produzione sociale” sia il punto d’arrivo per un artista che voglia verificare l’empatia e la fiducia con il proprio pubblico. Questo libro e questo spettacolo, altrimenti, difficilmente sarebbero stati così: ci avrebbero fatto notare che “la storia è vecchia”, che “è già stato scritto tutto” o che ci sarebbe stato bisogno di un mezzo scoop, uno spicchio di scandalo per diventare vendibile. E invece questa storia è potente proprio perchè è già pubblica eppure così impolverata, archiviata. Deposta. Una storia deposta senza discuterla.

Mi sono detto «ma davvero solo io ritengo scandaloso che tutto questo sia finito così? Con un mezzo editoriale, qualche trasmissione e pace alla storia?.» Perché se non conosciamo Dell’Utri non riconosceremo i prossimi Dell’Utri. Non è giustizialismo, è memoria. Semplicemente. E allora ci siamo tuffati in questo gorgo di amicizie unte, amorosi sensi corrisposti, convergenti interessi particolari. Ci vuole stomaco, certo, ma è un viaggio che ci tocca fare. Per il nostro Bene. Quello maiuscolo.

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