Vai al contenuto

Caro Cacciari, perché voti una riforma costituzionale sulla quale sputi?

massimo-cacciari

La domanda che pone Roberta De Monticelli a Massimo Cacciari è forse una domanda che ci siamo fatti in tanti:

«Vengo alla questione che vorrei porti questa sera, 9 maggio, dopo averti ascoltato, ospite di “Otto e mezzo”, sviscerare – anzi, eviscerare, a rapidi colpi di spada, con espressività e vigore assolutamente eloquenti – l’“assurdità” e la sgangherata incongruenza della riforma costituzionale che sarà sottoposta a referendum. Quel ridicolo senato fatto di consiglieri regionali e sindaci non solo non risolverebbe il problema del bicameralismo perfetto, che tu ed altri, dicevi, avevate rivoltato in tutti i suoi aspetti (con ben altra attenzione e competenza, si evinceva dal contesto) prima che gli autori della riforma attuale “fossero al mondo”, ma complicherebbe a dismisura – lo hai ben chiarito – il più profondo errore di sistema della democrazia italiana, al quale tornerò fra poco.

Ecco la domanda: perché allora voterai “sì” al referendum, come hai detto? E’ una domanda sincera e smarrita. E se la faccio, è perché credo che molti se la facciano con il mio stesso smarrimento. Molti di quei non molti che della nostra vita civile si preoccupano, che credono o tentano di credere, con la loro fatica quotidiana, che la Repubblica siamo noi, e che se accettiamo una riforma “assurda”, incongrua, incoerente e inefficiente dei suoi fondamenti, della democrazia sfigurata e monca che ne risulterà noi saremo non passivi, ma attivi complici, dunque colpevoli. E quanti di quelli che ti hanno ascoltato continueranno a credere, come Socrate insegnava ai suoi concittadini, che sia doveroso chiedere ragione di ogni decisione che ci riguarda? Che abbia senso applicare la volontà di evidenza, la logica, il buon senso, alle cose che pure sommamente ci riguardano, della politica?

Se anche il più noto filosofo italiano scorna la logica e l’evidenza in politica, e getta il peso di tutto il suo prestigio nel dire sì a una riforma costituzionale sopra la quale sputa? Quanti che ancora non avevano del tutto perduto la voglia di partecipare, cioè di discutere e deliberare nello spazio delle ragioni, dove le parole hanno un senso e le decisioni una coerenza, perderanno la loro residua fiducia nella democrazia? Perché la democrazia non è solo una forma di governo. E’ una civiltà fondata in ragione, il che vuol dire, sulla fragile forza dei nostri interrogativi, sulla fatica dei buoni argomenti. Una Repubblica democratica è fondata su lavoro – sul nostro lavoro di cittadini, così faticoso, così disprezzato. Anche e soprattutto da chi, “nel paese di Machiavelli”, come hai detto, trova come te che si parli troppo di “questione morale”. Cioè di interesse pubblico!»

(la lettera a Cacciari completa è qui)