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Quelli chiusi e quelli aperti

L’Economist propone in copertina un editoriale che propone una chiave di lettura sullo scenario politico internazionale. Chiuso contro aperto: secondo il giornale londinese le due macrocategorie della politica oggi si possono dividere tra chi vuole (ancora) muri e chi invece immagina un continuo processo di allargamento. Negli USA le due fazioni sarebbero rappresentate da Trump e Clinton mentre, scrive l’Economist, in Europa

«I politici in ascesa sono quelli che sostengono che il mondo è un posto cattivo e minaccioso e che le nazioni più sagge dovrebbero costruire muri per tenerlo fuori […] Partiti europei populisti e autoritari, sia di destra che di sinistra, oggi godono del doppio dei consensi su cui potevano contare all’inizio degli anni Duemila».

Chiusi-aperti

A parte il manicheismo della categorizzazione c’è però un aspetto che vale la pena sottolineare: nell’editoriale si dice che per sconfiggere i “costruttori di muri” (che sarebbe forse meglio definire più “evocatori di muri”) serve «una retorica più energica, politiche più coraggiose e tattiche più astute» che è in fondo quello che da un po’ di tempo cerco di scrivere: esiste una timidezza a sinistra che non può non essere scambiata per un goffo tentativo di autopreservazione e poco più. Se davvero Sanders negli USA è riusciti ad apparire rivoluzionario e nuovo riproponendo gli stessi temi che poco fa erano considerati stantii forse significa che i temi, i “nostri” temi, sono straordinariamente moderni. Questa è l’occasione da non perdere. Questa.