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Toh, licenziamenti in aumento del 7,4 per cento

(da Repubblica, eh)

Calano le assunzioni e aumentano i licenziamenti: il dato arriva direttamente dal ministero del Lavoro, riapre il dibattito sulla validità del Jobs act e soprattutto pone l’attenzione sugli effetti della mancata crescita dell’economia. Nel secondo trimestre del 2016, infatti il saldo resta attivo: le attivazioni di contratto sono state 2,45 milioni a fronte di 2,19 milioni di cessazioni e la maggioranza delle cessazioni risultano dovute al termine data di contratto a tempo determinato (1,43 milioni). Ma tra le altre uscite sono aumentate quelle promosse dal datore di lavoro (+8,1%) mentre si sono ridotte quelle chieste dal lavoratore (-24,9%) e in particolare sono aumentati i licenziamenti (+7,4% sul secondo trimestre 2015). Così certificano le comunicazioni obbligatorie pubblicate dal ministero.

Nell periodo considerato i licenziamenti sono stati 221.186, 15.264 in più rispetto al secondo trimestre 2015. Sono invece diminuite le chiusure di contratto dovute alla cessazione dell’attività del datore di lavoro (-10,3%). E tra le cessazioni richieste dal lavoratore sono in calo considerevole sia le dimissioni (293.814, pari a -23,9%) sia i pensionamenti (13.924 , -41,4%). Per le donne sono crollate le uscite per prepensionamento (-47%), probabilmente anche a causa della stretta sui requisiti per la pensione di vecchiaia scattati quest’anno. Un calo ancora più consistente si era registrato nel primo trimestre con le cessazioni per dimissioni per pensionamento delle donne ferme a 3.169 (-64,9%). Fra le assunzioni risultano invece in netto aumento, del 26,2%, gli avviamenti in apprendistato. “Segno dei recenti interventi volti a rafforzare tale strumento di ingresso nel mercato del lavoro, in particolare Garanzia Giovani” precisa il Lavoro nelle comunicazioni obbligatorie. La riduzione di nuove attivazioni – precisa il report del ministero – si accompagna alla stabilizzazione dei contratti in corso. Da notare anche che il dato fornito dal ministero, a differenza di quello dell’Inps, tiene conto di tutto il lavoro dipendente compresi domestici, agricoli, pubblica amministrazione e anche contratti di collaborazione.

Per Gigi Petteni, segretario confederale della Cisl “La riduzione del lavoro stabile, con il taglio dell’incentivo e la crescita del Pil tornata a zero, era ipotizzabile, anche se non di questa entità. Serve una svolta espansiva nelle scelte europee, per sperare di contrastare il contagio della Brexit, ma anche le politiche economiche nazionali dovrebbero puntare al massimo sul potenziamento dei consumi interni”. Secondo la Uil di Guglielmo Loy “questi dati purtroppo fotografano una situazione critica del nostro mercato del lavoro, sia sul versante delle imprese che, inevitabilmente, dell’occupazione, che continua a navigare in acque non buone. In attesa che si mettano in atto politiche

economiche, industriali e fiscali di crescita, occorre ancora dare ossigeno all’unico strumento di tutela per imprese e lavoratori, la cassa integrazione, rendendola più flessibile nella durata”.