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Il populismo s’è fatto bullo

Tira una brutta aria nel campo del referendum costituzionale. Aria densa, che puzza di fritto e che s’appiccica addosso. Aria di propaganda che si fa lama là dove la distruzione dell’avversario è l’obiettivo nemmeno troppo simulato: fa niente se la Costituzione diventa la carta igienica per pulirsi la bava. Non è nemmeno banale populismo; sarebbe meglio forse. Invece qui siamo di fronte al circo delle pulci con l’animo da zecche. Derisioni, congetture spacciate per verità e un certo qualunquismo altezzoso di chi s’atteggia a snob e invece è solo stupido.

Oggi su Repubblica si legge la definizione “il teatrino del no”. “Il teatrino del no” consiste, secondo l’ennesimo illuminato editorialista, nel mettere insieme tutti quelli che sono contro la riforma senza rispettarne i ruoli, le storie e le sensibilità. È il comandamento di Renzi, del resto: “metteteli insieme tutti, fate vedere che stanno insieme alla destra” ha detto catechizzando i suoi. E fa niente se con la destra Reni ci ha governato per anni, si prepara a rivedere la legge elettorale e se con gli scarti della destra (Verdini docet) ha trovato una risicata maggioranza per imporre la riforma della Costituzione. Lui martella sul populismo (mentre dichiara di cercare i voti a destra, eh) e gli altri per eccesso di servilismo bullizzano senza averne contezza.

Ma no, non è nemmeno questo il punto. A questo portamento ormai stinto ci abbiamo fatto il callo. Il tema vero è che l’antipolitica così lungamente condannata per tentare di scalfire il M5S quand’era appena nato e in crescita (a proposito, ha funzionato un mondo, tra l’altro) oggi è l’asse portante della propaganda di governo. Come scrive anche Pippo qui, dei politici che maledicono i politici sono il monumento equestre all’idiozia che ormai s’è attorcigliata su se stessa. Pur di raschiare il fondo del barile ci si riduce a produrre cartelloni pubblicitari i cui si invoca un’Italia con meno politici con una campagna finanziata dagli stessi parlamentari del PD. Ve lo ricordate Totò Cuffaro quando da presidente della regione siciliana appese un po’ dappertutto i cartelloni con scritto “la mafia fa schifo”? Ecco, il sapore del conato è simile a quei tempi lì.

Di cosa c’è bisogno quindi per costruire consenso? Di instupidire il tutto per essere immediati e non dover dare spiegazioni. Quello che Berlusconi faceva con la magistratura, che Salvini fa con gli immigrati e che Trump sta facendo con i messicani qui da noi Renzi e la sua banda lo stanno facendo alla Costituzione. Tirate le somme.

Il fatto è che in campo per questa campagna ci sono tante brave e preparate persone. Tante, davvero. C’è un’Italia fortemente politica che vuole fare politica oltre che sentirsela dire: ci sono professori, costituzionalisti, giornalisti, imprenditori, studenti, ricercatori, insegnati, giovani e giovanissimi, anziani, casalinghe disoccupati. C’è tanto Paese. Tantissimo. Sia del sì che del no, intendiamoci. E mentre questi discutono con misura e impegno, mentre questi studiano i cannoni di governo fanno il deserto tutto intorno. Colpendo anche i loro, se fossero ancora capaci di accorgersene, se fossero ancora capaci di intendere un senso di comunità che non sia utilitaristico nell’immediato.

Che in fondo se lo scopo è davvero quello di “meno politica”, beh, cari Renzi e renzini, ci siete già riusciti senza nemmeno bisogno di togliere il diritto di voto per il Senato che avete in mente: dovrebbe essere un dibattito e invece è una fanfara. La politica, quella alta, è rimasta a casa, ha già spento tutto e chiuso le finestre.

Ma non è tutto male, credetemi: mentre questi giochicchiano a convincerci che destra e sinistra siano uguali noi continuiamo ad impegnarci ad essere seri. Convinti che anche il “come” insieme al “perché” sia politica nonostante questi si siano incagliati sul “per chi”. E prima o poi arriverà, come negli spettacoli troppo superficiali e troppo immaturi, la replica stanca con il patetico sforzo dell’orchestrina. E non riusciranno a cancellare le loro orribili orme. E nemmeno questo teatrino di editorialini.