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Fuori un altro. Un’altra penna (non serva) spezzata

Alessandro Giuli allontanato da Il Foglio. Ne scrive Luca Telese:

«Eppure (evidentemente) il nuovo corso del Foglio ha un altro segno, meno corsaro: l’ Elefantino era un ex ministro che poteva permettersi di fare la fronda a tutti; il suo successore è un trentenne che si è (legittimamente) convinto che il suo giornale debba accompagnare e sostenere la battaglia di Matteo. Quello che sorprende però – è la durezza della comunicazione che arriva al comitato di redazione («Si è interrotto il rapporto di fiducia»), accompagnata da un preannuncio informale di licenziamento. In un giornale in cui, nei primi anni, i pezzi venivano pagati (anche) in bottiglie di champagne, in un giornale così eterodosso da rivelare ben tredici diverse intenzioni di voto da Rifondazione (Marianna Rizzini) all’ala ciellina del Pdl (Ubaldo Casotto). In un giornale così si può essere cacciati per incompatibilità politica? Si dirà: la storia di Giuli è un caso a sé. Anche la storia del direttore di questo quotidiano, cacciato da Libero senza che nessun giornale (tranne Il Fatto) raccontasse perché, era una storia a sé. Anche la vicenda di Bianca Berlinguer, cacciata dalla guida del Tg3 per metterci il curatore di un programma che si era dimesso per un editoriale critico di Massimo Giannini contro il premier, anche quella è un caso a sé. Anche la storia di Massimo Giannini, cacciato da Ballaró con la scusa che faceva il 6% (ma sostituito da uno gradito a Palazzo Chigi, che fa il 3%, però non si tocca) è un caso a sé. Anche l’ allontanamento di Nicola Porro da Virus deve essere un caso a sé. Anche la fine della satira di Francesca Fornario a Radio2 è un caso a sé. Anche chiudere Lillo e Greg è un caso a sé. Anche la vicenda di Massimo Franchi minacciato di un provvedimento disciplinare a l’ Unità per un tweet (fuori orario di lavoro) contro l’ alleanza tra il Pd e Verdini è una storia a sé. Ma diceva Agatha Christie che tre coincidenze fanno una prova. Qui son troppe, le coincidenze. Forse il filo comune di queste storie «a sé» è che non essere giornalista amico di Renzi nell’ Italia di oggi non aiuta a fare carriera.»

(fonte)