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Vincenzo De Luca, lo sceriffo d’argilla

(di Stefano Tamburini per la Città di Salerno, qui)

Là dove c’era il mare a un certo punto si son messi a scavare facendo finta di non sapere che avrebbero fatto un buco nell’acqua e, soprattutto, nelle casse pubbliche salernitane. Acqua torbida, dunque, come uno dei tanti appalti maleodoranti sul piano etico ancor prima che su quello giudiziario.
Anche se i più non lo vedono o fanno finta di non vederlo, c’è infatti qualcosa di peggio del processo che il Capo dei Capi e altre 25 persone dovranno affrontare con l’accusa di falso in atto pubblico.

I soldi di tutti e le mance per gli amici
Giorno dopo giorno, settimana dopo settimana si delinea sempre più chiaro (e non tanto limpido, per la verità) il sistema di potere che da queste parti da anni alimenta se stesso. Una vera e propria macchina del consenso armata di disinformatja e fumi dissuasori e illusori. Basta far capire che chi è dalla parte giusta ha da guadagnare e che gli altri si arrangino…
Ed è il processo al quale ogni giorno andrebbero sottoposte le coscienze di chi ha sacrificato e sta sacrificando fior di milioni (nostri, di tutti) per realizzare un ecomostro con annessa rotonda sul mare funzionale al benessere di quei pochi privati che riusciranno a tener fede, solo loro, al motto propagandistico deluchiano: «Arricchitevi!». Anche la famosa tribù degli adoranti prima o poi dovrà rispondere alla ragione con la ragione e alle argomentazioni con le argomentazioni. Dovrà pur rendersi conto che per il monumento del Capo sono andati in fumo 40 milioni di euro e alla fine, se tutto andrà bene, ce ne vorranno altri venti. E per cosa? Se non per soddisfare l’ego smisurato di Vincenzo De Luca, prima da sindaco e ora da presidente della Regione, pronto a muovere i fili come un puparo su un secondo cittadino ridotto a ventriloquo.
Al di là di come potrà finire questa vicenda giudiziaria, a preoccupare è il sottobosco di commistioni fra imprenditori e politica che fa emergere una melassa informe all’aroma di zolfo. Molti sorridono sulla figura, per certi versi anche un po’ patetica, dell’anziano ex sindaco che gira per strada a far lo sceriffo o per cantieri a recitar da capomastro. Ci scherza anche lui, ma finisce per confessare la propria indole di uomo che non si fida della propria ombra, che cambia in continuazione le pedine del cerchio magico perché alla fine basta il tinello con gli adorati pargoli ai quali trasmettere il segno del comando.
Proprio questa indole rischia di inguaiarlo, nel processo penale per falso in atto pubblico, quello di una variante che altro non è che un’aggiunta di soldi – tanti, troppi – per l’impresa che deve fare quei lavori. Aggiunta motivata dal fatto che all’improvviso ci si era accorti che, sul mare, si potevano trovare infiltrazioni d’acqua. Insomma, neanche lo sforzo di mettere a punto una scusa che potesse reggere.
Quei costi per la Procura sono «artatamente sovrastimati» e fanno parte di un intreccio di strane manovre. Che poi, in inchieste collaterali, si intersecano a loro volta con altre brutte storie. Una fra le tante è quella del titolare dell’impresa che ha beneficiato dei soldi extra e che viene sorpreso a ideare modalità per truccare le primarie del Pd (il Partito deluchiano) in favore del braccio destro di De Luca, l’attuale vice presidente della Regione, Fulvio Bonavitacola. Il magistrato che indaga su questa storiaccia, peraltro, recentemente solo per un caso non è finito allo stesso tavolo di un’iniziativa referendaria con uno dei figli del Capo, Piero , da tempo investito della figura di leaderino del fronte del Sì. Leaderino al quale piace vincere facile perché, unico in Italia, viene portato in giro di fronte a platee preconfezionate e composte solo da adoranti. Mai un confronto con i rivali, non sia che si possa andare incontro a qualche brutta figura. Perché il disegno è quello di raccattar più voti possibile e utilizzarli al bazar delle candidature blindate alle Politiche.

Salerno? No, ormai è Città del Capo (dei capi)
A questo punto manca solo l’ultimo atto: il cambio di nome, da Salerno a Città del Capo (dei capi). L’assolutismo, in questa fase dell’anno XXIII dell’era di Vincenzo De Luca, sta volgendo ormai verso il delirio di onnipotenza: all’interno del Palazzo e anche fuori, al motto di “non avrete altro Capo all’infuori di me”
È davvero difficile star dietro a questa melassa dove peraltro la platea è accecata dai soldi a pioggia distribuiti a mo’ di mancia per la propaganda: gli Abbagli d’artista. E per le voci contrarie ci sono sempre quelli della disinformatja e il silenzio recitato del Consiglio comunale. L’organo sovrano della democrazia cittadina da tempo è ridotto a un’inutile palestra del niente, convocato appena due volte in cinque mesi per discutere di fuffa o della Sagra del già deciso. Dove il presidente dell’assemblea è in balia del Capo, messo lì per chiudere ogni pertugio di discussione, blindare gli ordini del giorno sull’aria fritta e impedire, ad esempio, di far luce sugli schiaffi che girano nelle riunioni di maggioranza. È un esecutore di ordini che duramente riprende un consigliere d’opposizione che osa chieder lumi per lettere spedite dal padre (il Capo, presidente della Regione) al figlio (Roberto, il superassessore alla Cassa del Comune) dove in sostanza c’è scritto: «Che aspetti a chiedermi quei soldi che ti voglio dare per le Luci d’artista?». Per non parlare poi dell’inutile ordine del giorno sull’emergenza Fonderie Pisano e sulla contrapposizione salute-lavoro. Emergenza figlia di una ventennale malapolitica connivente.
Un organismo così rischia di essere superfluo e dannoso, perché dà la falsa impressione che una discussione ogni tanto possa esserci e invece è il luogo dove da tempo lentamente muoiono le aspirazioni di potersi sentire cittadini e non sudditi di un assolutismo che tende all’onnipotenza.

La falsa favola di Salerno città europea
Una favola fragile come un castello di sabbia, costruita su una sequenza di colossali mancate verità, un po’ festival dell’illusionismo e un po’ cabaret. È quella che da anni alimenta il falso mito di Salerno città europea. La logica del potere per il potere in qualche modo regge anche se scricchiola. Quando le crepe saranno evidenti la consapevolezza di sicuro crescerà ma potrebbe essere troppo tardi
Così, per il Capo, è anche più facile gridare alla persecuzione quando qualche magistrato osa mettere il naso negli intrecci poco limpidi tra soldi pubblici e interessi privati. Tutto questo quando dovrebbe esser chiaro che il problema è a monte, a prescindere dall’esito dei processi. Comunque vada, resta lo sperpero del danaro pubblico. Per trovare i soldi per quell’enorme mausoleo dedicato all’ego del Capo, si sono sottratti fondi ad altre necessità pubbliche e si è svenduto un gioiello di famiglia come la centrale del latte. Inoltre si è portato il drenaggio di imposte dirette (vedi tassa sui rifiuti) e indirette (ad esempio i parcheggi) a livelli tali da rendere, di fatto, il Capo dei Capi un gabelliere pronto a dar sempre a dar la colpa agli altri.
Nel frattempo, il falso mito dell’efficienza si scontra con il degrado e con migliaia di persone in coda per pochi posti di lavoro sottopagati. Una questua del precariato, l’ennesimo Disastro d’artista da tenere ben nascosto dietro allo sfavillio del falso mito di Salerno città europea, una favola fragile come un castello di sabbia. O, se preferite, come il cantiere della rotonda sul mare.