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La Milano che lavora: un imputato per mafia su quattro (98 negliultimi 15 anni) è un imprenditore

Nei processi per mafia a Milano un imputato su quattro è un imprenditore. Nella metà dei casi, opera nell’edilizia, seguita da ristorazione e gestione di locali notturni. E fra le organizzazioni criminali, a farla da padrone – dato tutt’altro che sorprendente – è la ‘ndrangheta. E’ il risultato di uno studio realizzato all’Università Bocconi da un gruppo di ricercatori guidato dal professor Alberto Alessandri, docente di diritto penale dell’ateneo milanese. Il gruppo ha preso in esame tutti i 105 fascicoli avviati tra il gennaio 2000 e il dicembre 2015 dalla Procura della Repubblica di Milano per il reato di associazione di tipo mafioso (416 bis), con attenzione ai casi in cui è stata contestata questo tipo di aggravante.

Negli ultimi sedici anni – spiega la ricerca  sostenuta dalla Camera di commercio di Milano, da Assimpredil Ance, dal Banco Popolare e con la collaborazione del Centro nazionale di prevenzione e difesa sociale sono stati 1.251 i soggetti indagati nell’ambito dei 105 procedimenti considerati. Dei 384 rinviati a giudizio, 98 sono appunto imprenditori, segno di una crescente presenza mafiosa nell’economia lecita. “Oggi non può più parlarsi di un fenomeno di infiltrazione della criminalità organizzata al Nord, quanto piuttosto di un radicamento nell’economia lecita, e più in particolare milanese”, è il commento ai dati del professor Alessandri. E che il radicamento abbia soppiantato la più labile infiltrazione è un dato acquisito da anni anche in sede giudiziaria, comprese le analisi della Direzione nazionale antimafia.

L’edilizia si conferma il settore più colpito – ci lavora il 25,52% degli imprenditori finiti sul banco degli imputati in processi per mafia – mentre il 15,2% opera nella ristorazione e nella gestione di bar o locali notturni. Dei 384 rinviati a giudizio, 330 sono stati condannati con una sentenza di primo grado. Nel 24,2% dei casi il ruolo nell’organizzazione criminale dell’imprenditore indagato per l’articolo 416 bis è quello di organizzatore e/o promotore dell’attività criminosa. Riguardo al tipo di reato commesso dagli indagati nel periodo considerato dalla ricerca, si evidenzia come le attività criminali più tipiche prevalgano di poco sui reati di tipo economico (53,7% rispetto al 46 ,3%).

I dati mostrano una crescita del peso della criminalità nel tessuto economico milanese, almeno per i casi individuati dagli investigatori. In 15 anni, peraltro, il numero di procedimenti aperti per mafia non è stato costante: due i picchi, nel 2006 e tra il 2010 e il 2014: se nel 2000 i fascicoli aperti dalla Procura sono stati 5 e nel 2001 solo 2, tra il 2010 – anno fra l’altro della grande operazione Crimine-Infinito, con 160 arresti nella sola Lombardia – e il 2014 il numero è di 43 procedimenti (16 dei quali solo nel 2014).

L’associazione di tipo mafioso più coinvolta nei procedimenti avviati a Milano è la ‘ndrangheta: è presente in ben il 78% dei procedimenti, mentre Cosa nostra e Sacra corona unita si ritrovano rispettivamente nel 10% e nel 3% dei fascicoli. Vi è tuttavia da registrare un 7% di casi in cui compare una convergenza di interessi criminali tra più realtà associative di tipo mafioso (‘ndrangheta, camorra, Cosa nostra).

La ricerca della Bocconi ha preso in esame anche l’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali antimafia, attraverso la consultazione dei fascicoli relativi ai 67 provvedimenti di confisca definitivi emessi nei sedici anni presi in esame: 80 sono i soggetti proposti per le misure di prevenzione, per il 63% originari della Calabria e per il 13% originari della Lombardia. Di questi proposti, 34 sono stati indagati o imputati per reati in materia di sostanze stupefacenti, mentre 22 per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso. Anche in questo ambito appare prevalente la presenza della ‘ndrangheta, associazione collegata in almeno 48 casi esaminati. I beni immobili confiscati sono stati 249 (il 47% del totale); 119 i conti correnti (23%); 57 i beni mobili registrati (11%) e 52 le azioni o le quote societarie (10%). In 6 decreti (tra il 2009 e il 2012) le imprese sono state destinatarie della misura.

(fonte)