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Nel merito. Francesco Pallante: «10 domande su un Senato casa di un’incredibile serie di complicazioni»

(di Francesco Pallante, Professore associato di Diritto costituzionale, membro del Consiglio di Direzione di Libertà e Giustizia)

La riforma costituzionale voluta dal governo è talmente mal pensata e scritta da produrre, sotto diversi profili, risultati opposti a quelli auspicati dai suoi fautori. Un caso emblematico è l’incredibile pasticcio normativo relativo al nuovo Senato. Moltissimi sono i profili contraddittori o non chiari, come risulta dalle seguenti dieci domande:

1) Se si prende per buona la previsione di cui al nuovo art. 57, co. 1, Cost., che – in contrasto con il nuovo art. 55, co. 5, Cost. – riserva la rappresentanza delle “istituzioni territoriali” ai soli senatori certi, e non anche a quelli di diritto e di nomina presidenziale, occorre chiedersi: cosa c’entrano questi ultimi nel nuovo Senato? Esercitano una funzione rappresentativa? Di chi? Della presidenza della Repubblica o del presidente che li ha concretamente nominati?

2) Quanti saranno i sindaci nel nuovo Senato: ventuno o ventidue? Il nuovo art. 57, co. 2, Cost. dispone che “I consigli regionali e i consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano eleggono, con metodo proporzionale, i senatori tra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, tra i sindaci dei Comuni dei rispettivi territori”. Benché la somma di consigli delle regioni e delle province autonome ammonti a ventidue (venti regioni e due province autonome), la maggior parte dei commentatori ritiene che i sindaci-senatori saranno ventuno, perché considera il consiglio regionale del Trentino-Alto Adige come “assorbito” dai due consigli provinciali di Trento e Bolzano.

Si tratta senz’altro di un’interpretazione ragionevole (e che, probabilmente, alla fine prevarrà), ma che cozza contro il tenore letterale della disposizione, dal momento che il consiglio regionale del Trentino-Alto Adige è composto non dai consigli delle province autonome, ma dai consiglieri delle stesse e la competenza a eleggere il sindaco-senatore spetta agli organi consigli (regionali e provinciali autonomi) e non ai loro componenti.

3) Se davvero il Senato rappresenta le “istituzioni territoriali”, tra cui vi sono le regioni, perché non fanno parte del Senato i presidenti delle regioni stesse, che pure ai sensi dell’art. 121, co. 4, Cost. rappresentano la propria regione? E davvero si può ritenere che ciascun consigliere-senatore rappresenti l’intera regione anziché il solo collegio in cui è stato eletto?

4) Se davvero il Senato rappresenta le “istituzioni territoriali”, perché la scelta dei consiglieri-senatori è affidata ai gruppi consiliari, vale a dire alle articolazioni regionali dei partiti politici nazionali? È ovvio che, essendo stati eletti dai partiti, i vari consiglieri-senatori si riuniranno in gruppi parlamentari secondo le appartenenze partitiche e non secondo le provenienze territoriali, sicché non ci saranno senatori della Lombardia, del Lazio, della Puglia etc., ma del Pd, del M5S, della destra etc., (faranno gli interessi dei partiti, non delle regioni).

5) Se davvero il Senato rappresenta le “istituzioni territoriali”, tra cui vi sono i comuni, come potranno i sindaci essere realmente rappresentativi se i comuni non hanno voce nella loro scelta? Perché non è stato previsto che i sindaci siano scelti dai Consigli delle autonomie locali (organo costituzionale – art. 123, co. 4, Cost. – presente in tutte le regioni)? I sindaci potranno tutt’al più essere rappresentanti del proprio comune, non certo di tutti i comuni della regione, anche perché nella nuova costituzione manca un criterio che indirizzi la scelta dei consigli regionali: di fatto, la scelta avverrà sulla base della persona (e del partito di appartenenza), non sulla base del territorio da rappresentare.

6) Se davvero il Senato rappresenta le “istituzioni territoriali”, perché il sistema delle conferenze permane e, addirittura, il governo in carica ne prevede il rafforzamento (si veda la relazione del sottosegretario Bressa)? Non sarà perché alle conferenze partecipano i membri degli esecutivi regionali, entrando in quella sede in rapporto con i membri dell’esecutivo nazionale? Lì sì che le regioni possono far valere i propri interessi (in particolare finanziari: è nelle conferenze che si distribuiscono le risorse dei fondi nazionali) e in effetti si può dire che i delegati regionali alla conferenza agiscono con mandato vincolato (diversamente dai senatori che, ai sensi dell’immutato art. 67 Cost., esercitano le proprie funzioni senza vincolo di mandato).

7) Come saranno eletti i nuovi senatori? È un vero mistero, perché il nuovo art. 57 Cost. contiene previsioni contrastanti, che non potranno essere tutte contestualmente attuate dalla legge elettorale. Secondo la nuova costituzione, i consigli regionali e delle province autonome “eleggono” al proprio interno i senatori “con metodo proporzionale”, “in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi” e tenendo conto che “i seggi sono attribuiti in ragione dei voti espressi e della composizione di ciascun Consiglio”.

Almeno tre cose non sono chiare:

a) Chi decide quali consiglieri saranno senatori? Gli elettori che, secondo il nuovo testo costituzionale, “scelgono” (art. 57, co. 5, Cost.) o i consigli che, sempre secondo il nuovo testo costituzionale, “eleggono” (art. 57, co. 2, Cost.)? Le due parole hanno etimologicamente il medesimo significato, per cui: o gli elettori scelgono, ma allora i consigli si limitano a ratificare; o i consigli eleggono, ma allora gli elettori danno mere indicazioni.

b) Come si potrà ripartire i seggi tra le forze politiche presenti in consiglio regionale sulla base dei voti ricevuti da ciascuna lista e sulla base della composizione dei gruppi consiliari (nuovo art. 57, co. 6, Cost.)? La cosa non è equivalente, perché nel primo caso non avrebbe influenza il premio di maggioranza, che tutte le leggi elettorali regionali prevedono (sia pure in misura diversa), nel secondo sì.

c) Se i senatori non di nomina presidenziale sono 95, e ogni regione e provincia autonoma esprime un sindaco (22 senatori) e due consiglieri regionali (44 senatori), per l’assegnazione dei seggi tra le regioni in base alla popolazione residuano 29 senatori: ma come si fa, dovendo ripartire 29 posti tra 20 regioni? Dal punto di vista matematico, non può venirne fuori alcuna distribuzione in base alla popolazione! E poco cambia se si interpreta il nuovo art. 57, co. 2 e 3, Cost. nel senso che ogni regione esprime come minimo 2 senatori (44 senatori), perché residuano comunque solo 51 senatori da ripartire per 20.

8) Se l’obiettivo della riforma è dare stabilità al sistema politico, perché è stato previsto che si perde la carica di senatore se si perde la carica di consigliere regionale o sindaco? Questo darà vita a un Senato che andrà incontro a rinnovi parziali, privo di durata complessiva. La concreta configurazione della maggioranza di un organo statale dipenderà da vicende locali (anche personali: si pensi al caso Marrazzo), rendendo la stabilità dell’organo del tutto imprevedibile.

È vero che il Senato non darebbe più la fiducia, ma in molte materie importanti rimarrebbe il bicameralismo legislativo perfetto, sicché approvare le leggi potrebbe risultare, anche per questa via, più difficile. Inoltre, da cosa realmente dipende la durata in carica dei senatori? Mentre ai sensi del nuovo art. 57, co. 5, Cost., “la durata dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti” (dunque, occorre guardare alla durata dei consigli regionali e provinciali), ai sensi del nuovo art. 57, co. 6, Cost. la legge elettorale per il Senato dovrà, tra l’altro, regolare le modalità per la sostituzione dei senatori “in caso di cessazione dalla carica elettiva regionale o locale” (dunque, occorre guardare, rispettivamente, alla durata dei consigli regionali e dei comuni).

9) Come faranno le regioni speciali a eleggere i propri senatori? Gli Statuti di tali regioni prevedono l’incompatibilità tra la carica di consigliere regionale e quella di membro del Parlamento, con la conseguenza che se il consiglio regionale eleggesse un proprio consigliere come senatore subito dopo dovrebbe dichiararlo decaduto da consigliere per incompatibilità sopravvaluta, con l’ulteriore conseguenza della perdita anche della carica di senatore (giacché si può essere senatori solo in quanto si sia consiglieri o sindaci).

10) Se davvero il Senato eserciterà tutte le competenze previste dal nuovo art. 57, co. 5, Cost., come faranno, concretamente, i consiglieri/sindaci-senatori a trovare il tempo per esercitare il doppio mandato? In proposito, vanno anche ricordati i tempi stretti (10, 15, 30 giorni) entro cui il Senato deve esercitare le proprie competenze legislative.

In definitiva, lungi dal semplificare il sistema costituzionale, il nuovo Senato, qualora la riforma dovesse entrare in vigore, produrrà un’incredibile serie di complicazioni. Davvero quel di cui abbiamo bisogno è complicarci la vita?

(fonte)