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L’affare Consip si ingrossa. Il pm: “Carlo Russo e Tiziano Renzi si facevano promettere soldi per favorire imprenditore Romeo”

È disegnata in quattro paginette la rete di relazioni tra alcuni dei protagonisti dell’inchiesta Consip, che viaggia su un doppio binario penale (con le procure di Napoli e Roma impegnate contemporaneamente) e che ha portato all’arresto per corruzione dell’imprenditore Alfredo Romeo. Nel decreto di perquisizione a carico di Carlo Russo, imprenditore farmaceutico di Rignano ritenuto vicino a Romeo e amico della famiglia dell’ex premier Matteo Renzi, si legge perché Romeo, Russo (che fu raccomandato Michele Emiliano dal ministro Lotti), l’ex deputato Italo Bocchino (che in una intercettazione si definisce “l’altra faccia della stessa medaglia” parlando di Romeo) e Tiziano Renzi (il padre di Matteo), sono indagati in concorso per traffico di influenze. Storia nota da almeno due settimane. Per gli inquirenti romani Russo e Tiziano Renzi, “sfruttando le relazioni esistenti tra Tiziano Renzi e Luigi Marroni“, amministratore delegato di Consip, “si facevano promettere indebitamente da Alfredo Romeo che agiva previo concerto con Italo Bocchino, suo consulente, utilità a contenuto economico, consistenti nell’erogazione di somme di denaro mensili, come compenso per la loro mediazione verso Marroni”, in relazione allo svolgimento di gare. Marroni arriva a Consip su nomina dell’allora premier nel 2015.

Romeo e l’accordo con Russo, amico della famiglia Renzi
L’ipotesi degli investigatori è che Romeo, con la complicità del consigliere personale e “facilitatore” Italo Bocchino“lautamente retribuito”, “si sia accordato con Carlo Russo (a fronte di ingenti somme di denaro promesse) … affinché questi”, utilizzando le sue personali relazioni e quelle di Tiziano Renzi, “interferisca indebitamente sui pubblici ufficiali presso la Consip al fine di agevolare la società di cui Romeo è dominus”. Russo, in particolare, si legge nel decreto, avrebbe agito “utilizzando le proprie relazioni (di cui vi è prova diretta) e le relazioni di Tiziano Renzi (con il quale lo stesso Russo afferma di aver agito di concerto e al quale parimenti, da un appunto vergato dallo stesso Romeo, appare essere destinata parte della somma promessa)”. Nel decreto si sottolinea come “sia chiaramente emerso un metodo constante con il quale Rome si approccia a proprio affari, ovvero la sistematica commissione di reati contro al pubblica amministrazione tra cui episodi di corruzione di Marco Gasparri“. Gasparri, direttore Sourcing Servizi e Utility di Consip, secondo l’accusa riceveva tangenti in cambio di informazioni riservate in grado di favorire le società di Romeo nell’assegnazione di alcuni bandi di gara, tra cui anche quella da 2,7 miliardi di euro da cui sono partite le indagini. E lui che intercettato al telefono con Romeo dice: “Sono arrivato molto in alto”.

Romeo, il “pentito” Gasparri e i pizzini
E Romeo, leader delle aziende di ‘facility managment’ era effettivamente in pole per un bando da quasi 700 milioni. Proprio per questo, come è stato ricostruito agli atti, contatta il funzionario Gasparri. Una conversazione fondamentale per ricostruire i rapporti che collegano Romeo a Russo e quest’ultimo a Renzi senior che è atteso in procura per venerdì. Gasparri non è stato arrestato perché ha collaborato con gli inquirenti, ma anche perché sono venute meno le esigenze di custodia cautelare poiché il funzionario non ha più ruoli operativi all’interno di Consip. Acquisite anche alcune agende e, soprattutto i pizzini con cui Gasparri e Romeo, che lo definiva il suo “prototipatore”comunicavano. Tale circostanza è documentata in alcune registrazioni ambientali: i due non parlano, ma si sente nitidamente il rumore di fogli, il che ha fatto presupporre a chi indaga che i due comunicassero tramite alcuni pezzi di carta, poi recuperati dai carabinieri nella spazzatura. Tra questi pizzini anche quello in cui si legge “30.000” per “T” e “incontro con L.”. Dove per T gli inquirenti ipotizzano sia Tiziano Renzi e L sia Lotti, che risulta indagato. Il ‘pizzino’ di Alfredo Romeo è quello svelato nei suoi contenuti dal Fatto Quotidiano il 25 febbraio.

Tiziano Renzi: “Mai promesso favori, né chiesto soldi”
I fatti addebitati a Tiziano Renzi, sono del tutto insussistenti, non avendo mai chiesto soldi né alcun’altra utilità all’imprenditore Romeo e non avendo promesso alcuna forma di interessamento, in effetti mai avvenuta, nei confronti del Sig. Luigi Marroni e/o Consip, a favore del medesimo o di qualsiasi altro soggetto” dice l’avvocato Federico Bagattini. “In relazione all’emissione della ordinanza cautelare nei confronti di Alfredo Romeo e del decreto di perquisizione a carico di Carlo Russo, eseguiti in data odierna – spiega il legale – Tiziano Renzi comunica di essere stato esclusivamente destinatario di invito a presentarsi per rendere interrogatorio, notificato in data 16 febbraio 2017″. “Precisa, inoltre, di avere dato la sua disponibilità ai magistrati per rispondere all’interrogatorio, nonostante che – dice ancora l’avvocato Bagattini – nell’invito non fosse specificato il fatto, appreso solo da fonti giornalistiche che hanno diffuso il decreto di perquisizione, emesso nei confronti di Carlo Russo, nel quale l’imputazione è riportata”.

“Alla luce delle notizie di stampa di oggi avverto la necessità di precisare quanto segue oltre alle considerazioni tecniche già esposte dal mio legale. Nessuno mi ha mai promesso soldi, né io ho chiesto alcunché. Ho 65 anni e non ho mai avuto un problema con la giustizia per una vita intera fino a due anni fa, quando sono stato indagato e poi archiviato dalla procura di Genova – dice Tiziano Renzi – Confermo la mia fiducia nei confronti del sistema giudiziario italiano e della magistratura. Gli unici soldi che spero di ottenere sono quelli del risarcimento danni per gli attacchi vergognosi che ho dovuto subire in questi mesi. Sono contento del fatto che il 16 marzo finalmente inizieranno i processi contro chi mi ha diffamato”.

L’inchiesta partita da Napoli e arrivata a Roma per competenza
L’inchiesta è nata da un’indagine avviata nei mesi scorsi dalla Procura di Napoli per presunte irregolarità nelle assegnazioni di alcuni appalti. Un’indagine condotta dai pm della Dda, John Woodcock e Celeste Carrano: il fatto che il procedimento sia condotto dai magistrati dell’Antimafia è motivato dal presunto collegamento ai clan di alcuni dipendenti della ditta di pulizia, che fa capo al gruppo Romeo, che ottenne l’appalto per svolgere tale servizio all’ospedale Cardarelli di Napoli. Dagli accertamenti svolti dai magistrati emerse un presunto sistema di tangenti in riferimento sia all’appalto nell’ospedale Cardarelli che per altri lavori pubblici a Napoli. Gli sviluppi più importanti dell’indagine sono collegati alle intercettazioni telefoniche ed ambientali ed altre attività, come sequestri e perquisizioni (a Roma furono trovati in una discarica dei pizzini sui quali secondo l’accusa Romeo avrebbe annotato importo e destinatari delle mazzette) che hanno portato all’apertura del filone sugli appalti della Consip, la centrale di spesa della pubblica amministrazione.

Da Lotti al generale Del Sette: tutti gli indagati
L’inchiesta Consip è stata svelata dal Fatto Quotidiano il 22 dicembre dell’anno scorso. Nel mirino dei pm c’è l’appalto più grande d’Europa: Fm4, cioé facility management, la gara indetta nel 2014 da Consip per l’affidamento dei servizi gestionali degli uffici, delle università e dei centri di ricerca della Pubblica amministrazione. La convenzione vale 2 miliardi e 700 milioni di euro per una durata complessiva di 36 mesi e corrisponde all’11,5 per cento della spesa annua della Pubblica amministrazione. L’appalto è diviso in lotti e Alfredo Romeo era in pole per un bando da quasi 700 milioni di euro. Nell’ambito dell’inchiesta, il ministro Lotti è indagato per rivelazione di segreto e favoreggiamento. Il fascicolo contenente le ipotesi di reato sulle fughe di notizie è stato stralciato dal filone principale sulla corruzione ed è finito a Roma per competenza territoriale. Il braccio destro di Renzi, già sottosegretario alla Presidenza del consiglio, è stato iscritto nel registro degli indagati a seguito delle dichiarazioni del suo amico Luigi Marroni, che nel suo interrogatorio come persona informata dei fatti ha tirato in ballo anche il generale dei carabinieri Emanuele Saltalamacchia, comandante della Legione Toscana, indagato per le stesse ipotesi di reato. Nella fattispecie, Marroni ha detto di avere saputo dell’indagine e della presenza di microspie negli uffici Consip dal presidente di Consip Luigi Ferrara, che a sua volta era stato informato dal comandante Tullio Del Sette. Poi ha aggiunto altri nomi. I più importanti sono quelli di Lotti e del generale Emanuele Saltalamacchia, suoi amici. Entrambi lo avrebbero messo in guardia dall’indagine. Dopo la soffiata Marroni fece eseguire la bonifica. Che effettivamente andò a segno.

(fonte)