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Chi va in carcere? Piccoli spacciatori sì, colletti bianchi no.

(un interessante Antonio Stella per il Corriere della Sera)

Un popolo di santi, poeti e spacciatori. Ecco l’immagine che esce dall’ultimo dossier sulla popolazione carceraria europea pubblicato ieri. Dove forse è in dubbio l’amata sopravvivenza storica dei santi e dei poeti ma sui pusher non c’è partita: nessuno ne ha tanti in galera quanti noi. Sono il 31% dei detenuti. Peccato che tanta (giusta) severità non venga applicata nei confronti di altre categorie.

A partire dai «colletti bianchi» che violano le regole della buona economia. Ne abbiamo in galera un quinto rispetto all’ Europa, un ventesimo rispetto alla Germania. Una sproporzione che la dice lunga sulle priorità della nostra giustizia. Capiamoci: se ‘ndrangheta, mafia e camorra dominano larga parte del business continentale (nel solo porto di Gioia Tauro, scrive linkiesta.it, sono stati sequestrati nel 2016 ben 1700 chili di coca: e gli inquirenti pensano si tratti di un decimo di quanto passa) è ovvio che la lotta al narcotraffico deve essere una priorità assoluta.

Ovvio. I numeri di «Space I – Prison Populations», il rapporto annuale del Consiglio europeo sulle statistiche giudiziarie, curato da Marcelo F. Aebi, Mélanie M.Tiago e Christine Burkhardt dell’ Università di Losanna, mostrano però che su alcuni temi la nostra giustizia, per usare un eufemismo, è distratta.

 

Prima, qualche curiosità. Per cominciare, nel 2015 l’ Europa allargata (compresi l’Armenia, l’Azerbaijan, la Russia, la Turchia, la Macedonia e altri ancora) aveva 1.404.398 detenuti. Cioè circa 800 mila in meno dei soli Stati Uniti, dove vive meno di un ventesimo della popolazione mondiale ma un quarto dei carcerati del pianeta. E dove, come ricordava tempo fa il sito web poliziapenitenziaria.it, sono in galera un bianco su 214, un ispanico su 88, un nero su 35. Al punto che, stando a Barack Obama, un bambino nero su nove ha il padre in prigione. Cifre che danno da pensare sull’ uso dei due pesi e delle due misure.

In Europa sono in carcere 115,7 cittadini su 100.000 abitanti, per il 94,8 % maschi, ospitati in penitenziari per un terzo (33%) sovraffollati. Trattamenti diversissimi, e non solo per il costo del lavoro degli agenti di custodia (in media uno ogni tre carcerati ) e del personale. Basti dire che per la sorveglianza, il vitto, l’ alloggio, le spese varie eccetera eccetera il peso di un detenuto sul bilancio è in media di 52 euro e 36 centesimi al giorno.

Ma c’ è chi spende moltissimo pagando 354 euro come in Svezia o addirittura quasi 481 come a San Marino (quanto un hotel sei stelle deluxe con trattamento principesco), chi molto (129 euro in Germania, 141 in Italia, 273 in Olanda…) chi poco o pochissimo: 22 euro in Turchia, quasi 20 in Romania, 19 euro in Serbia, poco meno di 10 in Macedonia… Fino al record in Georgia: cinque euro e 66 centesimi.

Segno che i custodi non devono essere pagati benissimo ma soprattutto che i pasti ai detenuti non vengono serviti da master chef. La (scarsa) relazione tra la spesa e il tasso di suicidi Eppure, a guardar dentro a questi dati, c’ è qualcosa che colpisce ancora di più: la scarsa relazione tra la spesa giornaliera per ogni carcerato e il tasso di suicidi. Che ad esempio resta relativamente basso (4,7 ogni 10.000 detenuti) in Spagna dove la «retta» onnicomprensiva costa allo Stato meno di 60 euro e s’ impenna a 11,9 in Svezia dove la «retta» costa sei volte di più: 354. Sia come sia, il tasso di suicidi si conferma spaventoso: uno ogni quattro morti per cause naturali. E una volta su quattro chi si uccide è in attesa di giudizio.

Quanto ai reati, i numeri sono abissalmente differenti da Paese a Paese. I condannati per omicidio o tentato omicidio, ad esempio, sono il 9,2% in Portogallo, il 12,1% in Svizzera, il 13,6% in Irlanda, il 19% in Italia, il 24,2% in Finlandia, il 26,4% in Lituania e addirittura il 39,4% in Albania. Stereotipi più o meno confermati. Ma smentiti su altri fronti. Come quello dei ladri. I Paesi che ne hanno di più in carcere sono nell’ ordine la Bulgaria (44,4% della popolazione in cella), l’ Austria (31%), la Georgia (29%) e giù giù la Turchia, l’ Ungheria, il Liechtenstein… E l’ Italia? Nei primi venti non c’ è. Perché i nostri vengono presi di rado o perché ce ne sono meno di quanti siano percepiti? Boh…

La percezione sulla presenza di stranieri nei penitenziari Certo la percezione è sbagliata sul fronte degli stranieri. Dicono i sondaggi Ipsos di Nando Pagnoncelli che gli italiani pensano che gli immigrati in Italia siano il 30% (nella realtà tra il 7 e l’ 8%) e gli islamici il 20%, quando non arrivano al 4%. Lo stesso vale per le carceri. Dove gli immigrati non sono la maggioranza come molti pensano ma il 33%. Percentuale altissima, sia chiaro, rispetto alla quota di popolazione.

Ma dovuta anche all’ impossibilità per chi non ha una casa di godere di pene alternative e comunque inferiore a quella registrata in altri Paesi: 38% dei detenuti a Cipro, 40% in Belgio, 44% in Catalogna, 53% in Austria, 54% in Grecia, 71% in Svizzera e su su fino alle stratosferiche (e un po’ irreali) percentuali dei Paesi piccolissimi sui quali svetta San Marino: 100% dei reclusi stranieri. Non un sanmarinese. Manco per sbaglio.

Da notare la Germania di Angela Merkel: è il Paese che ha assorbito più immigrati di tutti (il doppio dell’ Italia) ma nelle carceri è messo meglio di noi. Prova provata che dipende da «come» il problema è gestito. Ancor più umiliante però, lo dicevamo, è lo spread con la Germania sul versante della guerra a chi infrange le norme che regolano l’ economia. Per ogni spacciatore in carcere (6820), a Berlino e dintorni, c’ è quasi un «colletto bianco» (5973, cioè l’ 11,7% del totale) condannato con sentenza definitiva per reati economici, finanziari, truffe fiscali…

Da noi no: nonostante i disastri causati dalla pirateria economica, finanziaria, fiscale, i delinquenti di quel tipo finiscono assai di rado in galera: ne abbiamo 312, pari allo 0,9% dei nostri «ingabbiati». Il 5,2% rispetto alla Germania. Neppure il 3% rispetto agli spacciatori che teniamo in cella. I cattivi maestri che per anni hanno teorizzato che una certa dose di illegalità fa bene all’ economia hanno lasciato rovine. Non solo morali.