Vai al contenuto

pierferdinando casini

Dopo Silvio l’Italicum resuscita Casini

Io non so se riusciamo a renderci conto che la legge elettorale in discussione in Parlamento sta rispondendo a tutte le esigenze di Silvio ed ora sta riuscendo a riabilitare il solito molliccio centro di Pierferdinando Casini. Così oggi sul Corriere della Sera esce un articolo che ricorda tutti gli articoli degli ultimi anni in cui il minuscolo centro diventa determinante e subito ovviamente comincia il balletto “Casini sì o Casini no”.

I primi effetti della legge elettorale

Deve ancora passare “l’italicum” e Casini annuncia di tornare indietro:

Casini ha spiegato che il nuovo Ppe italiano sarà costruito “con Alfano ovviamente. Ma da Toti a Fitto, insieme a slogan del passato, ho sentito anche cose sensate. Per noi quella di Berlusconi é una grande questione che esiste. Le divaricazioni drammatiche che ci sono state non possono essere ricomposte con una battuta ma con un dibattito politico serio”.

Il doping UDC

Un partito di questo genere ha trovato in questi anni il leader perfetto – capace di dare una patina di garbo e dignità umana alla sua vuotezza e di dissimulare le sue magagne – in Pierferdinando Casini. Che è stato capace – gli va riconosciuto – di posizioni serie e severe a tutela delle regole e delle istituzioni quanto il berlusconismo ha preso derive oltre ogni limite, nel suo ultimo anno di governo: ed è stato giusto apprezzarle, sempre ricordando che sono arrivate piuttosto tardive rispetto a tempi in cui il suo partito gli ha dato una gran mano, al berlusconismo. Ma poi nient’altro, un uomo distinto e di buone maniere, probabilmente onesto, non stupido, ma che non ha mai suggerito nessuna idea dell’Italia e del futuro che non fossero vuota fuffa retorica. Capace ogni tanto di dire a cosa è contrario, mai a cosa sia favorevole. E peggio ancora il suo partito: vi viene in mente un solo personaggio di competenza vicino all’UdC? Vi viene in mente un intellettuale dell’UdC? Vi viene in mente una corrente dell’UdC? L’unica corrente che è stato capace di produrre, con tanto di scissione e passaggio al nemico, è stata l’estremismo ubriaco di Giovanardi.

C’è quindi solo da congratularsi dei voti che riesce tuttora a raccogliere una macchina di questo genere: non produce niente, ma lo fa con grande efficienza. Ma se mi consentite l’esempio, decidere di allearvicisi è come comprare traffico su Google per un sito web di contenuti: puro doping, e con qualche contraddizione etica. Non c’entra niente con presunte consonanze e progetti comuni, e un giorno se ne pagherà probabilmente il prezzo (alla prima occasione in cui verrà chiesto l’arresto di un sottosegretario dell’UdC, o alla prima occasione in cui si potrà fare qualcosa per il testamento biologico). Se il PD ci si vuole imbarcare, abbia il coraggio di dire che si sta comprando dei numeri, punto.

Lo scrive Luca Sofri.

Occupare la sinistra. Nel centrosinistra. A parte gli isterismi.

Confesso che un po’ mi viene da ridere. Perché leggere i soloni che scrivono le analisi politiche pregustando il piacere di predire i fatti mi procurano sempre un certa tenerezza. Ne ho già conosciuti parecchi ma ogni volta che ne incrocio uno mi ristupisco di nuovo. Non riesco a farci l’abitudine. L’ovvietà mi annienta ogni volta, per dire.

Oggi ci avevano dichiarato che la foto di Vasto si sarebbe sostituita con la foto di Vendola abbracciato all’UDC. Grande tumulto in rete (giustamente, ci mancherebbe). Poi ci hanno detto che Vendola scaricava l’IDV (che poi sarebbe da capire quale IDV: quello di Di Pietro o quello di Donadi che oggi sono antitetici o quello di Luigi De Magistris che è una penisola attaccata con un ponte di corda?).

Poi succede che c’è la conferenza stampa e Nichi (e il direttivo nazionale di SEL) dicano (semplifico, eh): Il centrosinistra da oggi c’è. L’alleanza tra PD e SEL c’è. Caro Di Pietro non si può essere solo parte destruens, dobbiamo costruire sulle macerie. Non sopporto veti incrociati, meglio discutere di questioni concrete. Superamento del liberismo sfrenato e diritti civili e sociali devono essere al centro di un’agenda politica di alternativa alle destre. Amo coalizioni larga verso movimenti sociali. Difficile essere alleato di Rocco Buttiglione, ma mai metterò veto. Valuteremo nel merito dell’agenda del cambiamento. Sulla legge elettorale ho detto a Bersani almeno di far rispettare il milione di firme che chiedevano il mattarellum. Il referendum sull’art18 non é ammissibile. Per me quel contenuto va nel programma di governo, non è oggetto di propaganda. Ci sono punti chiari: lotta al liberismo, cancellazione legge 30, stop a legge Bossi-Fini, diritti civili e di libertà.

Ecco, a parte gli isterismi, io ci vedo un bel po’ del programma che cerchiamo di costruire. Anche qui in Lombardia.

Però vorrei fare un appunto sulle reazioni. Rubare ancora qualche minuto. Hanno fatto bene i compagni di partito a preoccuparsi e farlo sentire: le incompatibilità sono i limiti definiti della propria identità. E vanno rivendicati.

Ma mi stupisce la reazione di gente che stimo del PD (penso a Pippo e all’ala “sinistra” dei democratici che si sono lasciati andare a giudizi un po’ affrettati e sono saliti in poppa per urlare allarmati uddicì uddicì). Lavoriamo per occupare la sinistra del centrosinistra ognuno per cambiare il proprio partito e costruire un futuro di diritti e uguaglianza. Ma senza rivendicazioni adolescenziali (che poi dovrebbero essere il peccato veniale che proprio i democratici rinfacciano a Di Pietro, per dire, e viene un po’ da ridere), perché come scrive Chiara qui da noi in Lombardia la tentazione del bacio con la lingua con l’UDC non è un nostro vizio. E poi, a dirla tutta, basta vedere chi governa oggi, in Parlamento. E giocare al gioco delle vergini lascia sempre il tempo che trova. Ed è pericoloso.

Ah, un’ultima cosa. Vendola è candidato alle primarie del centrosinistra. Quelle che facevano schifo perché nessuno parlava di sinistra. E quelle dove tutti cercano di palleggiare a centrocampo per farsi notare dal Mister che stilerà le liste elettorali.

Per occupare la sinistra nel centrosinistra. Come ci siamo promessi di fare.

I tecnici e i puttanieri

Una volta c’era Silvio (e c’è ancora). Lo spread volava alto. Berlusconi era (e lo è ancora) la sintesi dell’Italia che inizia sulle stragi del ’92 e della politica a uso e consumo personale. E tra l’altro era un gran puttaniere. Eppure difendeva le famiglie. Preferibilmente quelle che rientravano nello schema dei suoi grandi elettori. Però Silvio andava rimosso mica per una gestione politica antitetica e lobbystica, no, andava rimosso per lo spread. Dicevano. Ci avevano fatto anche un prima pagina chiara, sul punto:


Fate presto. Diceva.

E poi ci hanno detto dei tecnici. Che conoscevano i mercati. Che ci avrebbero salvato. Si sono messi tutti in fila a sostenerli. Tutti tranne qualcuno. Pd, Pdl, Udc insieme. L’importante era che Silvio non fosse più Silvio (e intanto lo è ancora).

Oggi dicono che non governeranno insieme. Anzi, che non è pensabile che il PD si allei con l’UDC (bravo Pippo, a proposito, e grazie alle voci di Albinea). Anche se oggi il PD, in fondo, al governo è proprio con l’UDC, e anche il PDL (e Silvio c’è ancora). Un’alchimia di sigle e partitismi.

Ma non è importante pensare alle sigle, ci dicono, è tutto sotto il grande ombrello della “responsabilità”. Va bene.

E oggi lo spread è a 520.

Ma i titoloni non ci sono più. Perché il viceministro Ciaccia dice che sono i mercati che non ci capiscono. Che è colpa loro. Come l’altra volta ma finalmente senza Berlusconi (che c’è ancora) e di stare tranquilli. Capito?

UDC: mai con IDV e SEL, l’hanno scritto ufficialmente

E adesso, caro Bersani?

“Non esistono margini di intesa con forze come Sel e Idv che stanno contrastando il Governo Monti e che si collocano su posizioni radicali e populiste di sinistra, inconciliabili con l’interesse nazionale”. E’ quanto si legge nel documento approvato all’unanimità dalla Direzione nazionale dell’Udc in corso al Tempio di Adriano di Roma.

“Per quanto riguarda il Pd – afferma ancora l’Udc – la scelta di Bersani di imboccare con decisione una linea riformista ed europeista è seria e importante e, se confermata, troverà l’Udc pronta ad avviare un confronto aperto, alla luce del sole, nell’interesse del Paese”. Il documento è stato letto dal segretario del partito, Lorenzo Cesa, ed è stato accolto da un applauso unanime della Direzione.

“Riteniamo indispensabile – ha spiegato Cesa – lanciare fin d’ora, almeno per quanto riguarda il nostro partito e la nostra area di riferimento, l’area dei moderati, una serie di messaggi e di indicazioni all’insegna della serietà e della responsabilità che valgono per l’oggi e che dovranno valere per il domani, per i mesi che ci separano al voto e anche per il tempo successivo alle elezioni”.

Perché qualcuno si dovrà prendere la responsabilità politica del tempo, le occasioni e i dibattiti persi durante questo patetico inseguimento. No?

Sarò scemo

Perché di colpo mi sembra di non capirci più niente. Eh, lo so, mi direte voi che la politica è roba da intellettuali, ma quelli veri, quelli che si confrontano con il superalcolico e il sigaro sulle terrazze romane, e invece noi ci sporchiamo di fango sui blogs (al plurale, ho sentito un veterocentristademocratico che lo pronuncia così, al plurale, alla moderna) e sudiamo disordinati e male ai presidi. Insomma qui il can can delle primarie si apre e si richiude, si schiude per una mezza giornata e poi si riaddormenta. Sul nazionale e in Lombardia.

Sul nazionale c’è un congresso di partito (ampio, sicuro, passa dal Monti bis all’uso improprio della parola “sinistra”) che chiamano primarie. Dentro c’è Bersani, c’è Renzi e da oggi Boeri (a Stefano chiedono di dimettersi da assessore per non intasarsi di impegni, intanto Tabacci fa l’assessore, il parlamentare e l’analista di Regione Lombardia).

E gli altri? Mi chiedono ma voi? Ma gli altri? Nessuno invece che chiede cosa siano. Che chiede le regole. Che chiede i tempi. Interessa sapere i nomi. Come la giostra con le bocce e i cavalli (minuscoli) che si trova al Luna Park, ve la ricordate? Ecco. Una cosa così.

Bersani parla di un “patto civico” che metta insieme la sinistra progressista, la sinistra meno progressista, i riformisti, i moderati, i conservatori illuminati, i Montiani (Monti incluso, ovvio), i cattolici, i laici, i diritti civili, i conservatorismi incivili e i filoberlusconiani che furono se si pentono e si dissociano: ci fossero anche i neonazisti sarebbe il Partito dell’Umanità Estesa. Anzi, il Partito delle etichette affibbiate all’umanità estesa, perché dentro di persone a forma di persone i sondaggi non dicono che ce ne siano tantissime.

In Lombardia la fotografia è la stessa. Con tanti piccoli personaggi minori. Ma la stessa. Con il segretario del PD che manda sms per dire che le primarie si fanno, altroché. Io e Civati l’avevamo frainteso, lui e Bersani, evidentemente. Meglio così, direte voi. E invece il patto UDCivico è lo stesso. E anche gli isterismi. Oggi qualcuno ha anche confezionato un sondaggio per le primarie. Fantastico. Non si sa chi è (anzi, meglio, che roba é) la coalizione e intanto danno i numeri. Con dentro Pisapia, Tabacci e Di Pietro. Tra l’altro il sondaggio è confezionato dal partito che a Roma Bersani non vuole sentire nominare. Della serie: se ci autoinvitiamo di nascosto nei sondaggi non se ne accorge nessuno.

Sì, sarò scemo io. Se sono da solo a credere che se in questo benedetto Paese c’è stato un momento buono, utile e urgente per costruire una forza di sinistra seria è quello che ci sta passando sotto al naso.

Buone primarie a tutti. Questa sera, quando tornate a casa dai vostri figli, regalatevene una anche voi. Vi sentirete peggio. Ma meno scemi.

 

Casini ha detto sì

Ad un’alleanza con il PD perché la colpa è di Berlusconi, della sua deriva populista e perché Bersani invece è serio: lo dice oggi in un’intervista al Corriere Pierferdinando Casini, l’uomo della politica dei due forni di vecchio stampo andreottiano ma con molta meno arguzia. E poi qualche altra chicca: dice di volere costruire un’offerta nuova per il Paese (lui, che è in Parlamento dal 1983) e che il fatto che il consigliere del Quirinale parli con Mancino è la dimostrazione dell’umanità (dice così) all’interno delle istituzioni.

Vengono i brividi.

 

I prestigiatori del finanziamento ai partiti (e una soluzione concreta)

Qualche mese fa Alfano-Bersani-Casini ci avevano promesso una legge anti corruzione in pochi giorni. Non ne abbiamo più avuto notizia. Ricordo che si diceva di separare la politica dalla finanza impedendo ai partiti di diventare luoghi d’investimento una decina di anni or sono. Dopo aver partorito una legge elettorale che grida vendetta, ora parlano di rivedere i finanziamenti ai partiti. “Rivedere” mentre tutti sentono (perché un politico dovrebbe essere capace di cogliere il comune sentire) che sia il caso di bloccare i bonifici in arrivo, sedersi e parlarne partendo da una rivoluzione totale e non tentando magici aggiustamenti. Ormai sembra che non si riesca a perdere occasione perché la politica si dimostri scollegata dalla realtà, onnivora, prepotente, miope e cretina.

Poi, per fortuna, curiosando in giro scopri che la soluzione possibile è stata elaborata (ovviamente fuori dal trio governativo, ci mancherebbe) e che finalmente un dibattito è possibile senza patetiche tattiche di preservazione della specie. È il meccanismo elaborato da Pellegrino Capaldo contenuto in una proposta di legge di iniziativa popolare che sta per essere depositata alla Cassazione: abrogazione del sistema di rimborso diretto ai partiti e introduzione di un credito d’imposta del 95% sui contributi che i cittadini decidono di versare alla politica (fino a un tetto massimo di 2mila euro).

Scrive il Sole24ore:  Quello ideato da Capaldo è un meccanismo diverso che non nega l’idea del costo della politica a carico della finanza pubblica ma ne rovescia la logica: ai cittadini va lasciata la scelta del sostegno alla politica in modo da promuovere il loro coinvolgimento nella vita dei partiti. Una rivoluzione copernicana che lascia però l’onore per gran parte allo Stato: ai cittadini che decidano di sostenere i movimenti politici viene infatti riconosciuto un credito d’imposta pari al 95% del contributo versato con un tetto massimo di duemila euro. A conti fatti, perciò, un contributo di 2mila euro al proprio partito si tradurrebbe per il cittadino-sostenitore in un esborso effettivo di 100 euro, dal momento che 1.900 euro gli verrebbero restituiti dall’Erario.

Il principio della ‘defiscalizzazione’ del contributo ai movimenti politici esiste già: una quota delle somme versate (pari al 19%) può essere detratta per l’Irpef (persone fisiche) e l’Ires (società). La proposta di legge popolare che sta per essere presentata riserva il credito d’imposta alle sole persone fisiche, mantiene in vita il primo canale di supporto ma cancella il secondo: l’obiettivo è favorire una maggiore partecipazione dei cittadini.
L’altro aspetto sui cui il meccanismo ideato da Capaldo interviene è quello della platea dei beneficiari. Il finanziamento non è riservato ai soli partiti che abbiano partecipato a competizioni elettorali (ottenendo rappresentanza o un numero minino di voti, come accade ora) ma a tutti i movimenti politici e alle fondazioni con precisi requisiti. Le prime devono avere almeno trecento iscritti, le seconde un patrimonio minimo di cinque milioni. Criteri stringenti che non vengono applicate a realtà esistenti con continuità negli ultimi dieci anni. 

Il passaggio alla nuova legge dovrebbe comportare un risparmio per le casse dello Stato: è infatti improbabile ‐ è il ragionamento dell’ideatore della proposta ‐ che l’entità delle somme versate dai cittadini ai partiti per le quali si applica il credito d’imposta del 95% possa eguagliare l’enorme flusso di fondi pubblici che l’attuale legge garantisce alle casse dei nostri partiti. Un aspetto che dovrebbe spingere i movimenti politici a rinnovarsi per riconquistare quella fiducia che gli elettori hanno smarrito da tempo.

Ecco, si potrebbe proprio partire da qui.

ps Anche l’Europa (come scrive Agoravox), tramite un comunicato del Consiglio europeoboccia il sistema dei rimborsi elettorali italiani e l’opacità dei partiti italiani (qui il pdf del documento). E visto che per pensioni articolo 18 abbiamo dovuto procedere in fretta, anche questa volta sui partiti si deve agire in fretta, visto che “ce lo chiede l’Europa”.

La truffa elettorale firmata ABC

Ne scrive Michele Ainis. E la sua è analisi politica senza possibilità di accuse di populismo come ogni tanto (troppo spesso) succede ormai quando si tocca il Alfano-Bersani-Casini, sempre più scendiletto di un governo dove tutti possono per un minuto sentirsi viceré.

L’articolo 515 del codice penale castiga (due anni di galera) chi vende merci contraffatte, spacciando la brutta copia per l’originale. E’ la truffa delle etichette: ti metto in mano una bottiglia di gassosa, dopo averci incollato sopra il cartellino biondo dello champagne. Sempre bollicine, ma di tutt’altro sapore. Attenti: è esattamente quanto ci sta per capitare. O almeno i nostri politici ci provano. Con la riforma costituzionale, ma soprattutto con quella elettorale. Nelle intenzioni dichiarate, nell’etichetta che campeggia sulla confezione, servono ambedue per dimostrare la capacità di rinnovamento dei partiti, restituendo quote di potere agli elettori. Però se assaggi la bevanda le bollicine diventano altrettante ballicine.

La prima truffa sta nel metodo. Perché dopo tante chiacchiere il Porcellum è ancora vivo e vegeto? Riunioni, vertici, rinvii, bozze che non escono dal bozzolo: la riforma è tutta qui. Loro, i partiti, dicono che non si può mettere troppa carne al fuoco, che prima bisogna licenziare la riforma della Costituzione. Balle, sparate per guadagnare tempo. La nostra Carta non spende una parola sui sistemi d’elezione. E difatti non fu modificata quando, nel 1993, il Mattarellum cancellò il proporzionale. Né nel 2005, quando il centrodestra vi sostituì il Porcellum.

Secondo: il nuovo sistema. Bipolare ma identitario, maggioritario ma proporzionale. Un maggiorzionale. Che però ci inganna promettendo che sceglieremo il premier, indicato da ciascun partito sulla scheda elettorale. Siccome salta l’accordo di coalizione preventivo, siccome è alquanto improbabile che un singolo partito s’accaparri il 51 per cento dei seggi in Parlamento, siccome a quel punto dovrà giocoforza stipulare un’alleanza con altri partiti dopo il voto, l’unica cosa certa è che nessuno dei candidati ufficiali ha speranze di varcare l’uscio di palazzo Chigi. Se Bersani e Casini stipuleranno un patto di governo, il premier sarà una terza persona. Altrimenti l’uno o l’altro dovrebbe accettare un patto leonino.

Sennonché l’accordo su cui convergono i partiti è pieno di false promesse. Ci dicono: oltre al premier, sceglierete finalmente il vostro deputato, il vostro senatore. Non è vero, perché esprimeremo un unico voto (modello tedesco, ma in Germania ne hanno due) sia sul collegio uninominale sia sul plurinominale. Dove troveremo una lista bloccata di 3 o 4 compagni di cordata del candidato principale. Prendere o lasciare.

E le incongruenze? La nuova legge elettorale coniugherà una soglia di sbarramento (4 o 5 per cento) con il diritto di tribuna per chi non supera la soglia. Se ne parlò in Francia ai tempi di Le Pen, senza poi farne nulla. Perché la soglia significa o dentro o fuori, non puoi stare con un piede in terra e l’altro sulla luna. Ma se è per questo, anche il premio di maggioranza normalmente si declina al singolare. Altrimenti sarebbe come assegnare due scudetti. Invece i partiti stanno progettando il doppio premio, e magari arriveranno al triplo, come la sigla della nuova maggioranza: ABC, Alfano Bersani Casini. Più che un premio, un viagra. O forse una diga per proteggersi dai barbari, dato che i sondaggi, ahimè, sono in caduta libera.

Quanto alla riforma della Costituzione, anche lì non mancano i raggiri. Come il superamento del bicameralismo perfetto attraverso un bicameralismo “eventuale”, pasticcio foriero di bisticci. Come lo scioglimento delle Camere: il premier propone, il presidente della Repubblica dispone. Proposta non vincolante, dunque se quest’ultimo rifiuta s’apre un’altra zuffa al vertice delle istituzioni. Come il dimezzamento dei parlamentari (in realtà la sforbiciata è del 18 per cento). O come il njet sulla democrazia diretta, su nuovi strumenti di decisione e di controllo in mano agli elettori. Niente da fare, anche in questo caso le parole divorziano dai fatti. Una truffa delle etichette, per l’appunto. D’altronde ne avremo un assaggio alle amministrative, dove il Pdl si maschererà da lista civica, Forza Lecco o Forza Trentino o Forza Peppa. Dal teatrino della politica al ballo in maschera. (Michele Ainis – l’Espresso)