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Nel lodigiano i rifiuti li raccoglie la mafia

Una storia che si è sussurrata, bisbigliata. Una storia che mi è capitato di urlare in giro per la provincia. Negli occhi mi rimane la timidezza di chi, seduto al fianco durante una serata qualsiasi, si dissociava (millimmetricamente) con gli occhi di chi si trova dove si esagera.

ITALIA 90, la società che si occupa della raccolta di rifiuti in molti comuni del lodigiano, del cremonese e in alcuni comuni liguri è il braccio imprenditoriale di Cosa Nostra sull’immondizia lombarda. ITALIA 90 con il suo capannone a forma di tranquillo capannone lombardo a Ospedaletto Lodigiano (Lodi) è mafia. Con tutti i contorni della mafia: le minacce, le intimidazioni (come i dipendenti della ditta concorrente “buttati giù dai camion” come si diceva dei dipendenti della Meco Srl a San’Angelo Lodigiano), e i soldi. Una montagna di soldi. 22 milioni di euro di beni sequestrati tra Palermo e Lodi con quel filo sottile che molti si ostinano a non voler vedere. E chi vede si ostina a non volerne parlare.

Luigi Abbate (per gli amici degli amici “Gino u mitra”, vista la sua abilità con le armi) è uomo d’onore del mandamento mafioso di “Porta Nuova” a Palermo, impegnato in una fitta rete di società cooperative nel settore di raccolta e smaltimento rifiuti: una delle tante storie del “sud” che si leggono nei giornali “su al nord”. Abbate, del resto, è uomo conosciuto dalle forze dell’ordine: per due volte sottoposto a misure di prevenzione (nel lontano 1978 e poi nel 1996, con obbligo di soggiorno) viene arrestato il 23 settembre 2000 per concorso esterno in estorsione aggravata ed associazione a delinquere di stampo mafioso, poi nel 2005 in carcere per traffico di stupefacenti e cinque anni fa per il reato di estorsione aggravata, fino ad arrivare al 14 giugno 2006 alla condanna definitiva per il reato di cui all’articolo 416 bis. Luigi Abbate è un mafioso. Un mafioso con un reddito dichiarato da umile operaio.

Nelle storie di mafia si sa che arriva sempre l’investimento che non ti aspetti, con i soldi che non si riconoscono e che si nascondono sotto falsi nomi. Una di queste società è ITALIA 90 SRL costituita nel 1999 con la ragione sociale di “ITALIA 90 di Truddaiu Roberto e C. S.a.s. Con sede a Palermo in via dello Spasimo 62 e con alle spalle la solita ombra del Luigi Abbate e con sede operativa prima a Sant’Angelo Lodigiano (LO) e, dal 2008, nel Comune di Ospedaletto Lodigiano. E qui il filo arriva a noi. E diventa tutto dal sapore locale.

Dopo un giro di passaggi societari ITALIA 90 diventa di Claudio Demma, marito di Maria Abbate figlia di “Gino u mitra”. Amministratore unico Susanna Ingargiola. Tutti residenti nel profondo lodigiano: Sant’Angelo Lodigiano. Claudio Demma con i suoi pittoreschi modi da boss(ettino) in trasferta non mancava di raccontare la propria parentela con il temibile e temuto Gino ‘u mitra.

Claudio Demma difende con le unghie l’onorabilità del padrone occulto Abbate come un figlio con il proprio padre, come un cane con il proprio padrone: il 23 novembre del 2008 telefona a Nino Aiutino (un nome, un programma) riprendendolo per una brutta frase detta dal padre di Nino. Dice Demma di avere sentito urlare “Abbate me li sbatto nella minchia, Ginu u mitra ma suca”, e questo non è modo di parlare riferendosi al boss.

Poi Demma e soci sentono puzza di bruciato e cercano di salvare almeno il salvabile. Il 7 ottobre 2008 la famigliola Demma-Abbate discute allegramente sui prestanome da scovare in giro. Alla fine la scelta cade sulla dipendente di ITALIA 90 Francesca Castellese per la costituzione della società AZIMUT in cui nascondere i beni cercando di salvarsi.

Eppure ITALIA 90 è una storia che puzza da un pezzo. Nel 2003 Giannantonio Tealdi titolare della cooperativa “La Luna” aveva sporto querela contro Demma, ritenuto autore di danneggiamenti ai mezzi della cooperativa. In quella querela stava scritto a chiare lettere che su ITALIA 90 decideva solo e solamente Luigi Abbate, direttamente da Palermo.

ITALIA 90 ha monopolizzato, inquinato e calpestato il mercato dei rifiuti nelle provincie di Lodi e Cremona. Un mercato che per anni non è stato un mercato legale ma un campo dopato da gente con la voce grossa e (forse) concorrenti con la paura in tasca. Mentre si sparla di commissioni antimafia, di nuove leggi e di impegni chiaccherati e sbandierati in Questura ci dicono che il primo sospetto è nato perché un piccolo comune (Zelo Buon Persico) aveva deciso di approfondire le carte su questa “ombrosa” società fino ad annullarne l’appalto. Zelo Buon Persico ha meno di 7000 abitanti e un municipio grande come l’ingresso di grandi e potenti istituzioni. Zelo Buon Persico usando e osando le leggi a disposizione ha detto no a ITALIA 90 e i suoi amichetti. Ci è cascato invece Sant’Angelo Lodigiano e (udite, udite) il comune di Maleo dove siede la poltrona di Sindaco il Presidente della Provincia di Lodi, il leghista Pietro Foroni. Lo stesso che ha annunciato soddisfatto la nuova Commissione Antimafia della Provincia.

Come può il territorio non alzare la voce? Non scendere in piazza? Non allarmarsi almeno tanto quanto il pericolo scippi o la fobia dei rom?

La domanda sorge spontanea: sono eroi e illuminati i funzionari di Zelo Buon Persico o troppo timidi tutti gli altri?

Altrimenti trasferiamo quel funzionario del paesino all’interno del Palazzo Provinciale e avremo bella e pronta l’unica commissione antimafia che per ora ha funzionato in provincia.

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