Macelleria sociale, attuazione del piano del venerabile Gelli, iniquità al potere, disuguaglianza per decreto: la manovra estiva del governicchio in castigo è riuscita ad allargare (se ancora fosse possibile) il vocabolario dello sdegno. Eppure oltre la questione finanziaria questo conato estivo per scansare il fallimento ha aperto l’oscenità di una cultura dell’impunità che passa non solo dalle aule giudiziarie ma anche (e soprattutto) dalle ipotesi indecenti e intollerabili che ci vengono propinate con la postura dei buoni padri di famiglia.
La notizia arriva da Venezia e ha come protagonista il presidente di Confindustria Veneto, nonché Presidente di Lotto Sport Italia Spa, Andrea Tolmat che propone una ricetta per uscire dalla crisi semplice semplice: i lavoratori rinuncino alle ferie per aiutare l’economia. Testualmente: «regalando cinque giorni lavorativi all’anno per un periodo limitato, diciamo cinque anni» perché, ci dice, «non bisogna guardare alla singola azienda ma al sistema. Cinque giornate lavorative consentirebbero di aumentare la produttività e la competitività per le imprese, si riuscirebbe ad abbassare i costi dei prodotti, anche ad ampliare le possibilità di aumentare le assunzioni».
Verrebbe da chiederai cosa ne pensano i sindacati (o i lavoratori, meglio, di questi tempi) ma Tolmat ha la risposta ad eventuali critiche: «Teniamo presente che già oggi c’è un numero elevato di giorni di ferie – sottolinea – da 25 potrebbero passare a 20 con sacrificio: non se ne accorgerebbe nessuno». E i sacrifici delle aziende? «Le aziende pagano già il 60 per cento di imposte»: capitolo chiuso.
Agosto 2011, Italia: Giuliano Amato disse nel 1992 “in Italia le misure si riescono a prendere solo quando è crollato il soffitto”, oggi, sotto le macerie (già appaltate), la vera lotta di classe è una resistenza all’indecenza.
Pubblicato anche su IL FATTO QUOTIDIANO