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Una favola equa e solidale: Tetiteatro e un chicco di caffè

In una settimana non facile una favola per smaltire la domenica con dolcezza. E’ di qualche anno fa. Scritta per alcune associazioni di commercio equosolidale aveva in scena un chicco di caffè sul palcoscenico di un teatro di pochi centimetri. E questo audio in sottofondo.

TETITEATRO E UN CHICCO DI CAFFE’

Diario di Iuta. 31 Dicembre.

 

Piove.

Piove e fa un freddo cane,

e per il freddo ci si incolla tutti e tra noi e al sacco che sembra che il cuore sia stato inscatolato in una confezione di pochicentimetritroppostretta.

Fa un freddo cane mamma qui sul camion, e l’umidità mi fa perdere il colore e l’allegria.

Ma rido.

Porcapannocchia come rido.

Perchè aveva ragione il nonno che fuori dal campo il mondo è sbilenco, e aveva ragione a dire che staccarsi dalla pianta è poi come entrare in un gran casinò perchè di tipi strani è pieno il mondo.

Il trattamento è ottimo, ci si è fatti tutti un po’ di viaggi in giro per il mondo, non si capisce perchè qui quasi ogni giorno il tour operator ci cambia guida e tutte che si urlano in faccia quandi ci lasciano dalla vecchia alla nuova.

Ma qui mamma gli uomini mi dicono che sono fatti così.

Parlano sempre più veloci di quanto pensino e stanno zitti solo a mangiare, bere o quando si inebetisticono.

Ma non preoccuparti il viaggio è proprio come c’era scritto sul depliant e io mi sto divertendo e poi almeno a noi non provano sul camion a venderci le pentole.

E poi ho conosciuto tanti chicchi ed è come essere una grande famiglia : spazio troppo stretto, piena condivisione delle buche sulla strada, delle nevrosi e degli odori.

Proprio come una grande famiglia.

E poi il camion su cui viaggiamo deve essere proprio un’invenzione genialiode di uno di questi uomini ; perchè anchese da fuori sembrauna casseruola da cotechino con le ruote arrugginita da una marea secolare…

beh….

ti devo dire che davvero l’apparenza inganna,

perchè anche se non ne hai la sensazione

(e qui nella iuta di sensazioni haiquelle dei piedi tuoi sulla testa di qualcun’altro e della polvere che si attacca all’umore e sulle pareti interne delle vene),

beh a parte l’aspetto

(ma deve essere un trucco perchè questi uomini truccanomicamale, che proprio ieri quello che ci ha preso ha convinto chiciha dato che eravamo bassoprodottodalavorazionisecondarie e poi ci ha dato ad un altro dicendogli di aromisaporigustodiprima, e io ti giuro che ho controllato (io personalmente con i piedi al buio di spago della iuta) eravamo sempre solo noi sempre gli stessi chicchi di caffè….

urlandosi a dueedue in faccia,

Come sempre che deve essere la loro buoneducazione.

E ti dicevo che beh, sto camion da zampone viaggia così veloce che va più veloce della clessidra delle stagioni.

In questi giorni ho visto ESTATEAUTUNNOINVERNOPRIMAVERAEPOIANCORAESTATE tutto di seguito di fila, come fossero una collana.

E’ geniale sta casseruola rotante…..

Anche perchè qui volano tutti via di testa per qusta cosa della velocità…

ed è sempre tutto con l’affanno di fare prima,

e si scontrano, si intercanoschiantano e sudano, sbaglianoritornano  s’intristiscono e si schiantano : ma sono felici lo stesso perchè l’hanno fatto veloce.

l’hanno fatto prima.

di cosa e chi non si capisce.non lo sanno neanche loro e non è importante.

Ma basta poco agli uomini per essere felici.

Di fianco a me c’è  uno che ne conosce di gente che ha fatto di questi viaggi : è parente della Rubiaccia quellla che sta sulla pianta dell’angolo sinistro, e che tu mi dici sempre che sono gente da giramondo.

Lui dice che dei suoi cugini gli hanno raccontato che  tra poco ci si mette tutti a prendere il sole proprio come dei gran pascià….e si entra in una specie di ottovolante.

E poi si riparte via…. belli abbronzati.

L’unica pecca è che mi sa che ci verrà una sete assassina, ma non si può mica pretendere tutto dalla vita………..

Non si seguono mica le stagioni come da noi qui fuori…

Immagina il mondo come  un prato steso su una palla da biliardo pieno di girasoli in tilt e con le gambe, come se gli proiettassero sulla cartadaforno del cielo soli all’impazzata, e d’inverno impermeabilizzano le bucce, d’estate  costeggiano le acque tutti in file da vitigni, d’autunno aprono  fiori finti incatramati, ma non le sentono mica per nient’altro le stagioni, mica come noi……e perchè porcapannocchia loro devono arrivarci prima delle stagioni (per quel loro strano virus…).

E così devono aver costruito cunicoli con magazzini glaciali, e d’estate mangiano pere e d’inverno le pesche .

E sono felici…..

Contenti loro, mamma….

Quacluno nel sacco dice che faremo una brutta fine, i più pessimisti raccontano di fratelli finti nelle moke smacchiatenonpefettamente dei bar di paese con la puzza di ms apiccicata ai muri, un arabico dell’altro sacco ha raccontato che i più sfortunati è capitato di finire invece nelle rosticcerie lussuose con i sorrisi di bigiotteria in centro e che vengono venduti a signore con capelli come impalcature e cotonati come campi di subbuteo.

Ma io mamma continuo a credere che questi siano accompagnatori di parola.

Anche perchè tra noi e loro ce l’hanno solo loro……la parola…porcapannocchia.

Pensa che addirittura un pazzo, un chicco che deve aver preso troppa ombra scrive lettere di carta di riso ad un compagno che racconta di essere diventato macchia e che abita sulla camicetta di una vecchina di gesso in inghilterra : e racconta dei campi verdi, di un clima ottimo, tranne qualche saponetta all’anice e smacchiatore al latte dimandorla e oliodifagiolo.

Porcapannocchia come rido….mamma.

E poi le mani, tu mi hai sempre detto di annusare come ti si mette la vita dalle mani : quando ci hanno staccato dal campo, già ti avevo scritto che quelle mani, sembrava di essere imbevuti in un abbraccio di cartavetrata, e poi le manciate, che arrivano sempre all’improvviso, quando nessuno nella iuta se lo aspetta, mentre tra noi si improvvisa almeno un tresette o un reteforbicesasso quelle mani, sono sempre più sudaticce, e grassoccie, perchè ho scoperto, che qui che è tutto prima, non si è mica tutti nello stesso campo, qualcuno ce l’ha nuovo appena scartato e agghindato come fosse un asciugamano da spiaggia trilocale più balcone, e alcuni altri ci nascono senza campo, e devono andarsi a ritirare, o strappare come ladri gli avanzi dei campi degli altri, ed è per quello che che diceva il nonno, tutto sembra fatto e cucito male, come un arlecchino che ha stracci morti e stracci di platino.

Come sono sbilenchi qui fuori mamma,e io perdo il colore e rido, e i ricchi sono sempre più maturi, sudaticci e urlano sempre più forti, non hanno il senso della misura, e chi ha fame non ha nemmeno da bere, nè il sole e nè un pizzico di allegria : anche i poveri qui fuori non hanno il senso della misura.

E porca pannocchia come rido.

Ma preparatevi, perchè quando torno lì da noi non sarà più niente come prima, perchè ho imparato cose, a girare questo mondo sguincio, e niente nel nostro campo sarà più come prima : ho imparato come attaccarsi di sforo al gambo e le radici dei vicini senza dover più pagare la bolletta all’acqua, ho imparato come sedersi all’ombra degli altri quando il sole gli brucia anche i sentimenti, e ho imparato ìa montare impalcature di sforo in gran velocità per andarcelo a prendere il sole, intrecciando gli altri come cestini di vimini, in quelle notti in cui l’umidità e la notte ti bollono a freddo il cuore, e ho imparato che nel campo piuttosto che tutti meglio pochi e grassocci : e l’importante è capirlo prima, e appena torno ci arriveremo prima.

E vedrai come staremo bene allora, e come sarà dal volare via dal ridere urlarci in faccia.

Domani è l’anno prossimo, e qui sono tutti a preparare tavoli apparecchiati con  piatti che hanno dentro cibi che di notte sembrano fluorescenti che nemmeno nei film di superman e apparecchiati così unti e lunghi di vino, cioccolato e tristezza che ho già l’acquolina in bocca….

E il mondo si è fermato con il dito sul tappo di spumante che puzza di porti arrugginiti, perchè chi arriva veloce e prima a capodanno è un po’ prima tutto l’anno, e loro sai sono felici con poco.

Pensa che i più furbi sono già sei sette mesi che sono lì in posizione di sparo capodannifero bollicinoso, e mi raccontano che villaggi interi stanno lì immobili, e le macchine in mezzo immobili alla strada, e le donne ferme con mezzo lenzuolo e una molletta, e bambini così, con il pallone sul piede che sarà sicuramente per il prossimo anno sicuramentegoal, il primo dell’anno, e i musicisti con il la maggiore già pronto : per sei sette mesi, così si arriva prima all’anno nuovo e la tristezza di quest’ultimo cade in prescrizione ed è come non averlo mai vissuto…

E porcapannocchia che ridere mamma….

E intanto continuamo a camionare…

e mentre ti scrivo

ci sono buche qui sotto,

che di rimbalzo ti ritrovi sotto la lingua il cuore.

E qui dentro al sacco,

c’è un odore che sembra di essere nei bagni pubblici

di caffè.

Se per caso domani che è l’anno prossimo dovessi arrivare dopo,

mamma,

raccomanda agli altri di gustarsi il più possibile il sole,

che qui fuori puzza di ammorbidente e plastica bruciata,

di guardarsi bene in faccia,

perchè qui c’è tanto di quel fuomo o nebbia che in pochi giorni si ciolgono

e diventano facce da carri di carnevale

e la voce un lamento elettronico.

Divertirsi con gli spaghi che vi accarezzano la sera,

perchè quelli di qui perdono ferro marcio e hanno il morso in bocca,

e raccomanda di ascoltare e ascoltarsi,

qui la voce la zittiscono i tonfi

di sacchi che

dentro alla fine ci diventiamo tutti sassi,

raccomandati di mettersi in tasca prima di partire

una bottiglietta della vostra aria,

qui quella che c’è esce dai tombini e puzza di

monete di resto al mercato nero.

Ma non preoccuparti mamma,

se fuori è così,

io non voglio essere moderno

potendo scegliere preferirei essere eterno.

E chiedi scusa alle pannocchie.