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La stilografica cremata

Cara Kitty,
ho un bel titolo per questo capitolo:
“Ode alla mia stilografica
in memoriam”
La mia stilografica fu sempre per me un prezioso possesso: l’apprezzavo molto, soprattutto per la sua grossa punta, perché io so scrivere bene soltanto se il pennino della stilografica ha la punta grossa. La mia penna ha una vita assai lunga e interessante, che ora ti racconterò in breve.
Quando compii nove anni, essa mi arrivò avvolta di ovatta in un pacchettino, come “campione senza valore”, da Aquisgrana, dove abitava mia nonna, la buona donatrice. Ero a letto coll’influenza, mentre il vento di febbraio soffiava attorno alla casa. La gloriosa penna era in un astuccio di cuoio rosso e fu subito mostrata a tutte le amiche. Io, Anna Frank, fiera proprietaria di una penna stilografica.
Quando ebbi dieci anni, potei portare la penna a scuola e la signorina mi permise di servirmene per scrivere. Quando ebbi undici anni dovetti riporre il mio tesoro, perché la signorina della sesta classe non ammetteva che penna e calamaio. Quando ne compii dodici e andai al Liceo ebraico, la mia stilografica si ebbe per maggior onore un nuovo astuccio in cui c’era posto anche per una matita e per di più munito di chiusura lampo. A tredici me la portai nell’alloggio segreto, dove percorre con me le innumeri pagine del diario. Ora sono arrivata a quattordici, ed è l’ultimo anno che la mia penna ha passato con me…
Fu un venerdì pomeriggio dopo le cinque: io venivo dalla mia cameretta e volevo andarmi a sedere al tavolino per scrivere, ma fui rudemente spinta da parte e dovetti cedere il posto a Margot e al babbo che volevano fare i loro esercizi di latino. La stilografica rimase inutilizzata sul tavolo, mentre la sua proprietaria si accontentò sospirando di un angolino del tavolo e si mise a strofinare fagioli. “Strofinare fagioli” qui significa ripulire i fagioli ammuffiti. Alle cinque e tre quarti scopai il pavimento, raccolsi lo sporco e i fagioli marci in un giornale gettai tutto nella stufa. Ne venne fuori un’enorme fiammata, e io fui contentissima di avere in tal modo ravvivato la stufa che pareva già quasi spenta. Tutto era di nuovo tranquillo, i latinisti avevano finito e io andai a sedermi al tavolo per cominciare, finalmente, a scrivere; ma la mia stilografica era irreperibile. La cercai dappertutto, la cercarono Margot, mamma, papà e Dussel, ma la penna era scomparsa senza lasciar traccia. «Forse è andata a finire nella stufa coi fagioli» insinuò Margot. «Ma no, assolutamente no» risposi io. La sera, però, la penna non era ancora ricomparsa e allora ci persuademmo tutti che era bruciata, tanto più che la celluloide è infiammabilissima.
Ed effettivamente i nostri tristi sospetti furono confermati la mattina seguente, quando papà nel ripulire la stufa trovò fra le ceneri il fermaglio metallico. Ma del pennino d’oro non si trovò traccia. «Certamente dev’essersi cotto rimanendo appiccicato ad una mattonella» disse il babbo.
M’è rimasta una consolazione, sebbene assai magra: la mia stilografica è stata cremata, proprio come vorrei io, a suo tempo.
La tua Anna.

[da IL DIARIO DI ANNA FRANK Traduzione di Arrigo Vita]