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Open data: una casa di vetro per lo Stato

Per darvi una idea: un sistema informativo di un grande Comune – spiega Davide Lipodio, direttore consulenza per la Pa di Engineering – oggi può arrivare a superare le 200 applicazioni e, poiché le competenze sono sostanzialmente le medesime, anche nei Comuni di medie dimensioni si può arrivare a superare con facilità le 100 applicazioni». Su Bologna, per esempio, sono state analizzati 179 programmi. «In queste settimane è in corso l’analisi dei risultati che permetterà di decidere a quali dati dare priorità e quali interventi effettuare per la generazione degli open data. Le prime indicazioni sono confortanti – sottolinea -. Le applicazioni che non gestiscono dati di una qualche utilità per cittadini, imprese e istituzioni si sono rivelate una minoranza». L’esperienza di Engineering con il Comune di Bologna ma anche quelle di soggetti come Spaghetti OpenData stanno dimostrando come estrarre un metallo prezioso ma instabile. «Le pubbliche amministrazioni – osserva Lipodio – rappresentano immensi giacimenti e le applicazioni informatiche che raccolgono, elaborano e trattano i dati pubblici possono essere considerate alla stregua di vere e proprie miniere». La tecnologia c’è, servono solo i minatori. Se ne parla oggi su Il Sole 24 Ore. Servono i minatori e noi (l’avevamo già scritto qui in tempi non sospetti) stiamo provando ad accendere la miccia.