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Umbrèlliade

Ad Umbrèllia la vita scorre, meglio rotola, serenamente, tra aperture e chiusure, gioie e dolori, ma con l’unico grande tormento che è rappresentato dalle mani e le braccia di uomini e donne che ogni tanto appaiono all’orizzonte per accaparrarsi qualche malcapitato e portarselo appresso, aprendolo e chiudendolo a proprio piacimento, senza mai chiedere loro se ne abbiano voglia o bisogno. Ma si sa, noi umani siamo prepotenti per definizione. E così a volte, d’inverno maggiormente, si sentono i lamenti disperati degli ombrelli orfani che piangono i propri rapiti. La condanna per queste vittime innocenti ed inconsapevoli è quella di vivere il resto dei loro giorni sotto la stretta ferrea di una mano, d’uomo o donna non fa differenza se sei vittima, Un giogo perenne che li costringe ad aperture improvvise o chiusure repentine. Se gli va bene, giorni e giorni d’abbandono, chiusi dentro umidi, sporchi e tristi portaombrelli casalinghi o d’ufficio. Uno squallore! Peggio che quei poveri cani al guinzaglio, per loro almeno c’è qualche metro di autonomia. Per un ombrello in cattività nulla, millimetro zero. Ma. Una bella favola di Manlio Epifania (e un bel ‘ma’). Tra l’altro la città degli ombrelli esiste sul serio: Gignese, provincia Verbano Cusio Ossola (VCO).