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La dittatura e le sue lezioni

Ho voluto fortemente che Matteo Pascoletti fosse dei nostri per Non Mi Fermo. Perché Matteo non ha analisi mediate: scrive e sputa, alla De André. Il suo pezzo di oggi su dittature e i suoi figli ne è un esempio. La stagione berlusconiana ha imposto nel paese un leaderismo allergico al confronto, e quindi debolissimo sul versante della democraticità. Un leaderismo che ha sdoganato, nella comunicazione pubblica, l’insulto, la denigrazione, l’oscenità sfoggiata, indebolendo dunque ulteriormente gli anticorpi offerti dalla logica e dal pensiero critico. Indebolendosi quest’ultimi, la tendenza a delegare di volta in volta al leader la soluzione a un problema percepito soprattutto sul piano emotivo, e la cui complessità non si è in grado di sviscerare, è diventata prassi sociale. Non è un caso, sospetto, che sia alta la fiducia a Monti e bassissima la sfiducia nei partiti, come se il dato non tenesse conto che il Presidente del Consiglio, per far passare i provvedimenti, deve passare proprio per quei partiti. Del resto, come si può vedere in questo articolo di la Repubblica, la maggior parte degli italiani non percepisce il Governo Monti come governo di centrodestra o di centrosinistra. Quindi l’opinione pubblica italiana è culturalmente predisposta a un leader forte, ed è portata dallo stato di crisi e dai valori trasmessi dalla politica di questi ultimi anni ad essere emotivamente indisposta verso dialogo e confronto, o quanto meno disabituata. Ma questo leader forte non può essere Monti, perché la dipendenza dagli attuali partiti segna, a mio avviso, il limite invalicabile e la natura temporanea della narrazione dei “tecnici estranei alla politica”. Il resto qui.