Proprio ieri sera in Feltrinelli a Milano, in occasione della presentazione del libro di Luca Martinelli “La caduta di Stalingrado” su Sesto San Giovanni e l’ex Area Falck che vi consiglio, discutevo con l’amico Mario Portanova e con il rappresentante di Legambiente Lombardia, Damiano Di Simine, della carente analisi dei numeri: del consumo di suolo in Italia si parla molto, si fa troppo poco e interpreta pochissimo. Per questo credo che la riflessione di Claudio per #nonmifermo possa essere uno strumento da cui partire per le proposte. Per prendere il proprio lavoro sul serio, leggere i numeri per costruire una chiave di lettura e trovare la sintesi dell’agire. Insieme. Politica, insomma.
Sul cemento, invece, vale la pena fare qualche riflessione in più. Anzitutto, sui numeri. Infatti, si potrebbe pensare che l’aumento del numero degli edifici sia proporzionale a quello rilevato per la popolazione italiana. Purtroppo, non è così. All’11% di incremento (pari a oltre 1.500.000 edifici in più rispetto a 10 anni fa), la popolazione italiana è cresciuta solo del 4,3%. Più o meno la stessa proporzione che si rileva considerando un altro denominatore, quello delle abitazioni, cresciuto meno del 6%.
Con ciò l’Istat non fa altro che confermare una condizione allarmante che da molto tempo associazioni e movimenti politici (molti dei quali però fuori dal Parlamento) denunciano instancabilmente. Solo pochi mesi fa, FAI e WWF avevano ricostruito la drammatica situazione del consumo di suolo in un dossier intitolato “Terra Rubata – Viaggio nell’Italia che scompare”. Nel rapporto appare ancora più evidente la gravità delle ripercussioni determinate da politiche pro-cemento; in particolare, attraverso il graduale smantellamento da parte dei governi Berlusconi non solo di auspicate “logiche pianificatorie” (vengono in mente le parole di Adriano Olivetti: “L’urbanistica reclama la pianificazione”), sostituite dal concetto di “mera realizzazione” (alla base della c.d. “Legge Obiettivo” e dei provvedimenti approvati dal 2001 al 2006), ma anche di un rigido sistema di controlli e verifiche. Un’Italia letteralmente erosa, che al ritmo di consumo attuale nei prossimi 20 anni rischia di perdere altri 600mila ettari di suolo. In altre parole, un quadrato di 6.400 Kmq.
Nel post anche le linee guida per le proposte.