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Gli astenuti che vorrebbero la rivoluzione

Leggete l’analisi di Leonardo. Ne vale la pena:

Credo di poterlo anticipare, visto che in altre nazioni è già successo: quando l’Astensione sarà il primo partito in Italia, non succederà un bel niente. Ci sarà qualche editoriale in più sulla Disaffezione della Gente, qualche dibattito televisivo con ospiti molto accigliati… e dal giorno seguente chi ha vinto le elezioni governerà, chi le ha perse starà all’opposizione, come sempre. Come è successo in altri Paesi, di più antica tradizione democratica, che siamo abituati a ritenere più politicamente evoluti del nostro. Per dire, nel ’96 Clinton fu rieletto Presidente con un’affluenza alle urne del 49%, che non fece certo di lui un’anatra zoppa – perlomeno finché non scoppiò il caso Lewinsky. Per contro un’alta affluenza (come quella di cui noi italiani eravamo orgogliosi ai tempi della Prima Repubblica) in generale nel mondo non è ben vista, spesso è un indizio di scarsa democrazia: è ai tiranni che piace far sfilare compatto alle urne il 99% degli aventi diritto.

Forse dietro al movimento astensionista militante c’è un equivoco, nato con la deriva dei referendum abrogativi: quando, a partire dagli anni ’90, l’astensionismo è diventato così importante che accanto ai comitati per i Sì e per i No sono nati veri e propri comitati per l’Astensione (come quello dei vescovi al tempo del referendum per la fecondazione assistita), che per 15 anni hanno vinto a man bassa tutte le consultazioni referendarie. Ma astenersi dalle elezioni non ha lo stesso peso politico: chi non si reca alle urne, semplicemente, si chiama fuori. Governeranno gli altri, e lo faranno anche in nome suo. Meglio spargere l’idea, perché in giro c’è chi davvero non lo sa, chi è convinto che si possano invalidare anche le elezioni politiche.

L’astensionismo, in effetti, ha un che di diabolico. È riuscito a spacciarsi per rivoluzionario, quando alla fine è una resa bella e buona alla famigerata Casta, che con una riduzione dell’elettorato avrà anche meno spese da affrontare per campagne e voti di scambio. E mentre lorsignori si votano e si governano da soli, all’Astensionista resterà la gran consolazione di poter urlare “non nel mio nome”. Come se davvero gli importasse qualcosa, a chi ti frega il futuro, di come ti chiami.

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