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Il partito di giornale

Una riflessione di Vauro che (anche se “spinta”) dovrebbe instillare almeno qualche dubbio. Dico, Vauro, mica Giuliano Ferrara, l’ha scritta:

Un tempo c’erano i giornali di partito. Poi quel tempo è finito. Adesso ci sono i partiti di giornale. Finora con i giornali si era fatto un po’ di tutto: cappelli da muratore, aeroplanini, barchette, coperte per i barboni ed un altro uso non troppo nobile ma utilissimo in caso di inderogabili emergenze. 
Insomma, non si può dire che i giornali siano fatti solo per essere letti, anche perché spesso non c’è scritto un cazzo per cui ne valga la pena. Ma comunque, come abbiamo visto, a qualcosa servono sempre.
Un vecchio giornalista comunista, Luigi Pintor, diceva: “Un giornale il giorno dopo è buono solo per incartare il pesce”.
E cosa ti vanno a fare invece Ezio Mauro ed Eugenio Scalfari con il giornale? Un partito. Un bel partito di carta, dopo tanti anni in cui siamo stati governati da un partito di plastica. Se ne sentiva proprio il bisogno. La carta è leggera e segue il vento, è biodegradabile e riciclabile. Questa ultima caratteristica poi la rende particolarmente adatta all’impiego in politica. Intellettuali, cantanti, comici, scrittori, roberti saviani e tutta la buona società plaudono oggi entusiasti al nuovo partito di giornale.
E domani? Ci si domanda.
Sarà sempre buono per incartare il pesce.

Vauro