Vai al contenuto

Il federalismo che serve: tornare alle città, ripensare il territorio

Il secolo nuovo, nei suoi primi dieci anni, ha portato una “mistificazione” della questione urbana. Le politiche della sicurezza da una parte e il dibattito sul federalismo municipale, dall’altro, hanno dominato il discorso pubblico e hanno evitato che si affrontassero le questioni urbane entro a un quadro di respiro strategico che ne evidenziasse l’interesse nazionale dinanzi ai cambiamenti che le città hanno registrato nel ventennio a cavallo tra il secolo vecchio e il nuovo. Le città hanno subito cambiamenti profondi, per alcuni versi radicali. 

Pretendiamo che l’affermazione di centralità delle Città nella politica del governo centrale, pur nel rispetto delle competenze e delle attribuzioni che restano alle Regioni, alle Province e ai Comuni, si affermi; pretendiamo che si individui un percorso reale che porti alla costruzione di un vero Piano nazionale per le Città d’Italia. Dobbiamo pretendere, anche in vista dei futuri programmi di governo, che le forze politiche si pongano l’obiettivo di ricostituire in sede nazionale un luogo di elaborazione e di attuazione di queste politiche (meno improvvisato e spartitorio della cabina di regia prevista dal decreto). Sparare sul Piano Città di Monti è come sparare sulla Croce Rossa e ci distoglie dalla questione vera che merita di essere affrontata: se e come le città possono tornare al centro dell’Agenda politica nazionale. 

Lo scrive Giovanni Caudo e pone un tema che non si riesce a prendere in toto. Un po’ perché tutti intimiditi a parlare di federalismo come se ce l’avessero scippato e allora è meglio non lambirlo nemmeno e un po’ perché fa comodo a tutti depotenziare i sindaci per controllare le scelte. Eppure un Piano Nazionale per le città sarebbe una bella pagina dell’agenda politica (anche e soprattutto in Lombardia per praticare federalismo senza appuntarselo al petto) che lambisce consumo di suolo, ambiente e il modo di intendere lo stare insieme.