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#apply194 nella versione di Tayyip Erdoğan

La Turchia è vicina, ce lo racconta Chiara Lalli su Pubblico:

Women on Waves, organizzazione internazionale non governativa che combatte per i diritti riproduttivi e la salute delle donne, ha pubblicato un comunicato stampa sulla politica restrittiva della Turchia sull’aborto: Press release: Turkey bans medicines used for safe abortion from pharmacy in move to further restrict accessLe farmacie non potranno più vendere il Misoprostol, un farmaco utilizzato dalle donne per indurre una interruzione di gravidanza. Il Misoprostol può essere usato fino alla nona settimana di gravidanza senza rischi secondo il World Health Organization; serve anche per il trattamento e la prevenzione delle emorragie post parto, responsabili del 25% delle morti puerperali.

La decisione della Turchia non è una sorpresa, anzi è una mossa coerente con la premessa: “l’aborto è un omicidio” aveva dichiarato Tayyip Erdoğan nel maggio scorso. E anche il parto cesareo non va tanto bene. Il governo turco sta lavorando per modificare la legge sull’aborto, anticipando il termine per interrompere una gravidanza alla quarta settimana (oggi in Turchia si può abortire fino alla decima). Imporre il limite alla quarta settimana significa impedire alla maggior parte delle donne di accedere a un aborto sicuro. Difficilmente una donna si accorge di essere incinta così precocemente, come lo stesso comunicato di Women on Waves sottolinea. […]

Quello che succede in Turchia non è un caso isolato: sono molti i Paesi in cui l’aborto è oggetto di attacchi feroci o schiacciato da condizioni che lo rendono estremamente complicato. In Italia di recente un giudice ha pretestuosamente sollevato una questione di legittimità sull’articolo 4 della 194.
La condanna verso l’aborto prende varie forme: dalle marce “per la vita” (che meglio sarebbe chiamare “contro la possibilità di scegliere”) alla presenza di associazioni contrarie all’aborto nei reparti di strutture pubbliche, dalla demolizione lenta e irreversibile dei consultori familiari allaproposta di legge Tarzia, un colpo di grazia verso strutture già in difficoltà.