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Formigoni, Comunione e Liberazione e la pasta cruda di Daccò

Un illuminante articolo di Pier Vito Antoniazzi:

Ma se la testimonianza e la presenza cristiana in pubblico è “una bandiera” dei ciellini,che rifiutano un’idea privata/intimista della religiosità, dove è il dibattito pubblico su ciò che sta succedendo?
E’ lasciato alla sola difesa “istituzionale” di Formigoni?
Quale elaborazione, quale svolta, quale pratica nuova? Il dibattito è solo interno (se c’è…) come nei vecchi partiti comunisti o nelle sette?
Una sola voce è “uscita dal coro”…
Guarda caso,la voce di una donna (per questo subito bollata: “non rispondo a una signora ” ha detto Formigoni).
Carla Vites, moglie di Antonio Simone,ciellino della prima ora oggi in carcere, ha scritto due lettere e lasciato un’intervista al Corriere della Sera.
La sua piu recente lettera (30 giugno), una specie di apologo, di metafora, non ha avuto molta eco.
Racconta Carla Vites che nelle cene a casa Daccò “c’erano TUTTI” (in maiuscolo nel testo originale) e lei veniva chiamata “zia” con riferimento al suo essere “antiquata” rispetto al contesto trendy ( misoginia?).
L’ospite aveva lo sfizio di cucinare la pasta e decretava che dovesse essere al dente.TUTTI si adeguavano ,compreso Carla impietrita, a “ingollare quella robaccia dura senza fiatare”, quando un bimbetto di sei anni esclamò esterefatto:”Ma fa schifo, è cruda!”.
Costringendo, ridendo, a riconoscere che la pasta era immangiabile.
Insomma “il re era nudo”, molti lo sapevano ma nessuno aveva il coraggio di lasciare la corte.
Brava Carla hai tirato un sasso nello stagno!
Ma possibile che solo tu parli con questo stile allusivo, metaforico, cifrato?
La confessione secondo Michel Foucault è alla base del “discorso” moderno.
Non parte da li la conversione e la purificazione di cui ha parlato Carron?

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