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Blasfemia in scena

Questione di priorità, evidentemente:

Tre attori sono stati arrestati in Grecia con l’accusa di blasfemia. Avevano infatti preso parte ad uno spettacolo teatrale dal titolo Corpus Christi, prodotto da Terence McNally nel 1997, in cui Gesù e i suoi discepoli venivano rappresentati come una comunità gay che viveva a Corpus Christi, nello stato americano del Texas.

Un’opera provocatoria, colpita non solo dall’anatema religioso per la pervasività della Chiesa ortodossa, ma anche dal braccio secolare: in Grecia espressioni giudicate blasfeme vengono punite duramente, con il carcere fino a due anni.

La Federazione Umanista Europea (EHF) e il Greek Helsinki Monitor (GHM) hanno lanciato un appello per la liberazione dei tre attori, scrivendo al ministro della Giustizia greco. Con la secolarizzazione che avanza in Europa, scrivono il presidente EHF Pierre Galand e il portavoce del GHM Panayote Dimitras, diversi paesi hanno ormai abrogato le leggi vetuste che punivano la blasfemia.

Ma in altri, come la Grecia, sono ancora in vigore e “possono portare a persecuzione o avere un effetto deterrente su giornalisti, accademici, artisti e altri cittadini”, per effetto dell’autocensura indotta. L’organizzazione che riunisce le associazioni laiche europee, e di cui fa parte anche l’Uaar in rappresentanza dell’Italia, sostiene la libertà di espressione contro ogni forma di criminalizzazione di stampo religioso e di privilegio delle confessioni di fede.

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