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Che faccia a metterci la faccia

Andiamo con ordine: l’appuntamento di questa sera a Palazzo Lombardia è importante per la presenza dei cittadini e, finalmente, l’emersione dell’indignazione civile. Quella stessa indignazione civile che aveva chiesto Giuliano Pisapia, civile e civilissima ma non disposta a tollerare tutto questo. Per questo eviterei sfilate di politici, lo dico adesso sapendo che non sarà così.

Poi c’è in questo momento in atto un vecchio trucco che si insinua tra le pagine di qualche quotidiano e nei corridoi atterriti del Pirellone: “niente personalismi”, dicono e dicono bene se coloro che lo chiedono sono gli stessi che stanno già costruendo sintesi, programmi e idee; perché se a dire “niente personalismi” sono quelli che confidano in un personalismo strutturale e di segreterie di partito allora il trabocchetto si svela subito.

La partita (una volta succedeva anche nei partiti) la fanno i programmi, le idee, i contenuti, le regole (mi raccomando: le regole, in fretta) e le persone e le facce: io ci metto la faccia.

Ci metto la faccia non perché la faccia debba essere per forza la mia ma perché la mia faccia si prende la responsabilità di essere garante delle posizioni che assumo.

Ci metto la faccia perché i partiti sono un mezzo e non un fine e le coalizioni una squadra e non una somma algebrica.

Ci metto la faccia perché qualsiasi decisione verrà presa ne rispondo guardando negli occhi.

Ci metto la faccia perché in questo pantano non siamo tutti uguali e lo dico a testa alta.

Ci metto la faccia perché chi cercherà di fare saltare le primarie dicendo che è tardi o chi cercherà di farci ingerire alleati indigesti o accrocchi non mi troverà con il sorriso servile.

Ci metto la faccia perché abbiamo le idee chiare e le difendiamo senza che vengano svendute in nome della fretta o delle emergenze.

Ora è il momento dell’unità e dell’inclusione per il dopo Formigoni. E di facce che mettano sul tavolo le idee. Mettendoci la faccia.