Vai al contenuto

Il silenzio è SLA

E’ una protesta solo con gli occhi. Non è facile essere malati di Sla, nemmeno protestare, del resto. Eppure per richiamare l’attenzione del Governo Monti Sono più di 70 pazienti, tutti in condizioni gravi e gravissime, tracheotomizzati e allettati, che hanno deciso di accendere i riflettori sulla loro condizione per chiedere il diritto ad una vita decorosa. Perché quando si convive con patologie neurodegenerative progressive, come Sla, distrofia muscolare e sclerosi multipla, serve assistenza a ogni ora del giorno.

Un piano per l’autosuficienza. 
C’è chi vive a Roma, chi a Torino, chi a Cagliari. Eppure sono riusciti a superare la distanza e le difficoltà e a formare il Comitato 16 novembre. Fra le priorità di quest’associazione, c’è quella di realizzare al più presto un Piano nazionale per l’autosufficienza. “Il governo ha destinato parte dei 658 milioni della legge sulla Spending Review alla non autosufficienza, ma ancora non c’è un piano per la destinazione delle risorse – spiega da Grosseto Laura Flamini, malata di Sla e presidente del Comitato 16 novembre onlus -. Ora chiediamo che i tre ministeri Finanze-Welfare-Sanità ci incontrino per discutere di un piano organico e strutturale per l’assistenza ai non autosufficienti. Fra le nostre richieste c’è anche la disponibilità di una parte non definita dei 650 milioni del fondo destinato ai disabili gravi per assistenza domiciliare”.

Uno di loro, Alberto Damilano, tiene un diario su La Stampa e descrive il silenzio che c’è tutto intorno:

Sono sinceramente stupito dall’indifferenza dei media. Invece dei tecnici bocconiani che dispensano supposte venefiche e bon ton ho già detto ieri.

L’unica che ogni tanto dice quel che pensa è la Fornero, salvo educatamente adombrarsi quando gli altri dicono quel che pensano di lei.

Mi stupisco invece del silenzio dei grandi quotidiani e dei canali Rai e Mediaset. Intervista mia a parte, peraltro sul tg regionale, so che lunedì sia rai 3 che canale 5 hanno registrato analoghi servizi a casa di due altri malati, salvo poi non mandarli in onda. Qualcuno dei miei compagni di lotta pensa che sia un boicottaggio, un caro amico del mestiere mi ha spiegato che l’ambiente è «intorpidito», fa più notizia la gaffe di un ministro che 62 malati gravi che rischiano la vita (il numero di chi mette in atto lo sciopero cresce di giorno in giorno). Anch’io credo che le cose stiano così. Certo, cinicamente, se «ci scappasse il morto» tutto cambierebbe. Quel che non capiscono è che, poiché facciamo sul serio, «il morto ci scapperà».

Fortunato il paese che non ha bisogno di eroi, diceva Brecht. Aimè, non è il nostro caso.