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Lettera a Babbo Natale dall’Ilva

Il testo del mio intervento alla trasmissione “L’Ultima Parola”:

Caro Babbo Natale,

Mi chiamo Tommaso ho 7 anni e abito in un paese in provincia dell’Ilva,

Qui siamo quasi tutti in provincia dell’Ilva che è un provincia che non è mai stata abolita e al posto dei cartelli per segnare i confini ha un tappeto peloso e nero graffettato sotto i bordi del cielo come quelle tettoie abusive in giardino che aspettano solo i tempi del condono.

Caro Babbo Natale,

Questa lettera mi dice mamma che dovevo scriverla alla Befana, perché è lei che di solito si occupa del carbone, e io all’inizio mi ero anche preoccupato, Babbo Natale, ma poi sull’attribuzione dei poteri per le decisioni che contano mi ha detto mamma che in fondo vince chi arriva prima e chi riesce a fare la voce più grossa, e allora mi sono messo di corsa a scrivere questa lettera senza nemmeno perdere un minuto a lavarmi i denti e sto usando il pennarello con la punta più grande che avevo in giro per casa.

E mia mamma mi ha detto di stare tranquillo, che Babbo Natale capirà, mi ha detto mamma, che ogni tanto tocca a lui farsi carico di una lettera alla Befana che gli arriva per decreto ministeriale, come nelle commedie degli equivoci che fanno tanto ridere alla tivvù.

Vedi Babbo Natale,

Qui a casa nostra aspettiamo il natale per la neve sui balconi che è uno spettacolo da volarci via con la testa, davvero, e il quartiere diventa tutto bianco come il latte versato sopra ai tetti e ai balconi, bianco come i calzini dei pirati, bianco come le dimissioni che ha firmato papà per farsi assumere e bianco come le bare che sono cinquant’anni che ci passano sotto il terrazzo e sono lunghe poco più di me se mi metto sdraiato sul pavimento. Il bianco più veloce del west, Babbo Natale, che dura giusto il tempo prima che atterri di nuovo la polvere di carbone perché qui, Babbo Natale, in provincia dell’Ilva la neve nevica a Natale ma il carbone sono cinquant’anni che nevica tutto l’anno. Siamo bambini fortunati, qui da noi, sempre con l’ombrello aperto come nei film con la nebbia finta a vapore. E il bianco della neve dura il tempo di farci le foto per i parenti e poi si infeltrisce di nero come la coda di un gatto: i balconi, i tetti, i marciapiedi e i calzini bianchi dei pirati. Solo le bare bianche rimangono bianche, strofinate dalle mamme, il papà e i fratelli se ci sono fratelli. Una cosa da volarci via, dovresti vederla, Babbo Natale.

Caro Babbo Natale,

L’altro ieri la maestra ci ha dato un tema come compito a casa sulle cose che ci sono antipatiche e io, Babbo Natale, ci avevo scritto sopra che se c’è una cosa che mi rimane proprio sul gargarozzo, anche se sono solo un bambino cinico di sette anni, sono i morti di lavoro. E lei me l’ha segnato con l’errore del pastello blu e mi ha detto “Tommaso si scrive morti – al – lavoro” mi ha detto, e io le ho risposto che no, maestra, che questi sono morti – di – lavoro, che ne ho conosciuti di amici di papà che sono morti e quando ho chiesto di cosa sono morti lui mi ha detto di lavoro. Proprio – di – lavoro, maestra, mi ha detto così, perché ci sono morti che lavorano per curarsi il lavoro infame che gli hanno cucito addosso e che non riescono mica a pulirsi i polmoni e il sangue mettendolo in lavatrice, come fanno con la tuta.

La maestra, caro Babbo Natale, si è tirata fuori dalla tasca la gomma e mi ha cancellato la riga blu e poi mi ha detto sottovoce di non dirlo troppo in giro. Anche se, caro Babbo Natale, sul foglio del tema, che ci ho preso “bravissimo ma troppo curioso”, sul foglio ci è rimasta la macchia di blu. Perché gli errori gravi non si cancellano con la gomma, lo sanno anche gli asini più asini della mia classe, caro Babbo Natale.

Caro Babbo Natale,

Qui nel mio paese in provincia dell’Ilva ci sono morti che abbiamo solo noi, qui in giro: i morti che muoiono della pioggia di carbone ma non è colpa di nessuno. E quando non è colpa di nessuno, Babbo Natale, la colpa è dei morti che si ostinano a morire senza nemmeno preoccuparsi di chi è la colpa.

E allora, caro Babbo Natale, ti scrivo perché per questo Natale puoi anche fare a meno di portarci i pacchi impacchettati, così eviti di infilarti nel lurido dei nostri camini, e magari come regalo per quest’anno ci porti via il carbone che si è asfaltato sui banchi in questi ultimi cinquant’anni. Magari lo rivendi a prezzo buono alla befana per la sua prossima tournée di gennaio oppure ci fai uno svincolo su a casa tua al Polo Nord. L’importante è che ce ne liberi un po’ perché nemmeno con una tromba d’aria riusciamo a cacciarcelo giù per la gola.

E se ti capita portaci un libretto delle istruzioni sulle priorità della salute e del lavoro, un bugiardino come quello delle medicine che ci dica le dosi giuste per evitare le controindicazioni e la secchezza delle fauci.

Che qui i grandi li vediamo parecchio in confusione e non vorrei che ci facessero altre primarie, della salute contro il lavoro, e il doppio turno con il ballottaggio.

Buon Natale, Babbo Natale, dalla provincia dell’Ilva.

 

 Il video è a questo link oppure qui sotto dal minuto 8 e 47 secondi: