– E nessuno che ascolta.
– Non siamo più capaci.
– L’altro giorno, son venuti da me dei testimoni di Genova.
– Geova.
– E hanno detto che ai nostri giorni non c’è più nessuno che ascolta. Come noi.
– Noi invece ci ascoltiamo.
– Ma dicono che nessuno ascolta.
– È vero.
– E quando gli dico di dirmi quello che gli sta a cuore, che io son capace di ascoltare perché mi han dato un’educazione, non come ai nostri giorni…
– È una parola quasi dimenticata.
– Esatto. Allora quando gli ho detto così, mi hanno detto che avrei trovato tutto nella Bibbia e me ne hanno voluto vendere una per cento corone. Che ci avrei trovato la via. In una libreria, hanno detto, mi sarebbe costato almeno trecento cinquanta.
– La via è sempre più cara.
– Ma chiacchierare, no, non hanno voluto.
– È una cosa rara, oramai.
– Forse non erano dei testimoni di Genova.
– Geova.
– Forse erano dei Mermoni.
– Mormoni.
– Sì.
– Che non hanno la bibbia. Hanno la loro.
– Ma ce n’è solo una, di bibbie.
– Una santa, sì, ma ce ne sono anche delle altre.
– Allora non erano dei Mermoni.
– Mormoni.
– Sì.
– Si vede di no.
– Forse eran quegli altri, lì, del settimo giorno.
– Gli avventisti.
– Sì. Oggi qualsiasi abbrutito crede di avere il diritto di parlare.
– Sì.
– Se è questa, la democrazia…
– È questa.
– Lei ha senz’altro ragione. Ma a cosa serve?
– È democratica.
– Sì, e allora?
– Son d’accordo con lei.
– L’altro giorno, il presidente, per radio, ha detto che la democrazia si fonda sull’intelligenza.
– Non è mica una bestialità.
– Forse. Ma quanta ce n’è di intelligenza, qui?
– Non tanta.
– Vede?
– Lei forse ha ragione.
– Intendiamoci, io non ho niente contro la democrazia, ma io la fonderei piuttosto sulla coglionaggine.
– Sarebbe più semplice.
[Patrik Ourednik, Classé sans suite, Paris, Allia 2012, pp. 63-64]