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L’educazione di lasciarli fare

Dopo alcuni giorni convulsi ho avuto modo di leggere il botta e risposta tra Eugenio Scalfari e Stefano Rodotà. Anzi: ho letto l’attacco bilioso di Scalfari a Rodotà in un editoriale “normalizzante” che ancora una volta lascia a Repubblica il diritto di decidere la dignità politica di qualcuno. Il passaggio di Scalfari che testimonia la temperatura dell’arroganza potrebbe essere questo:

L’Italia l’hanno fatta Mazzini, Cavour e Garibaldi, diversissimi tra loro ma oggettivamente complementari. E se vogliamo giocare alla torre e si deve scegliere tra Gramsci e Togliatti, scelgo Gramsci. E se debbo scegliere tra Andreotti e Moro scelgo Moro. Tra Togliatti e Berlinguer scelgo Berlinguer. Infine scelgo Napolitano perché, purtroppo per noi, non trovo altro nome da contrapporgli. Ti chiedo scusa, caro Stefano, con tutto l’affetto e la stima che ho verso di te, ma il nome Rodotà in questo caso non mi è venuto in mente.

La sensazione (terribile per una certa stampa politica che vorrebbe smarcarsi dalla “rete” e ci riesce solo per l’evidenza dei condizionamenti) è ancora una volta che si costruisca un’ipotesi di Governo e poi si cerchino le parole per una narrazione credibile di un percorso logico. Ma trovare una certa logicità al “niet” su Rodotà che non ha avuto nessuna spiegazione chiara e discutibile (cioè: da potersi discutere) lascia il terribile sospetto che alla fine sia successo ciò che non auguravo al centrosinistra italiano proprio qui.

Fin troppo facile per Rodotà rispondere (sempre su Repubblica):

Non contesto il diritto di Scalfari di dire che mai avrebbe pensato a me di fronte a Napolitano. Forse poteva dirlo in modo meno sprezzante. E può darsi che, scrivendo di non trovare alcun altro nome al posto di Napolitano, non abbia considerato che, così facendo, poneva una pietra tombale sull’intero Pd, ritenuto incapace di esprimere qualsiasi nome per la presidenza della Repubblica.
Per conto mio, rimango quello che sono stato, sono e cercherò di rimanere: un uomo della sinistra italiana, che ha sempre voluto lavorare per essa, convinto che la cultura politica della sinistra debba essere proiettata verso il futuro. E alla politica continuerò a guardare come allo strumento che deve tramutare le traversie in opportunità.

Ma è la controreplica di Scalfari che chiarisce perfettamente lo status quo politico:

4. Resta il fatto che il governo che sta per nascere non deriva da una concertazione tra i partiti che lo appoggiano. Sarà un governo del Presidente e i voti per fiduciarlo verranno dati a quel governo. Un tempo si chiamavano “convergenze parallele” e questa credo sarà la natura politica del governo stesso, né più né meno come il governo Monti quando nacque nel novembre 2011.

5. Se il risultato sarà positivo ai fini dell’uscita dalla recessione ed anche dalla costruzione di un’Europa federale che è a mio avviso indispensabile in un mondo globalizzato, allora questo governo che a Rodotà sembra scellerato riconsegnerà il proprio mandato con un Paese finalmente rafforzato e solido. Chi verrà dopo  –  sempre che i risultati corrispondano alle aspettative  –  dovrà lodarlo insieme al Capo dello Stato che l’ha reso possibile ma, per l’esperienza che ho, posso fondatamente supporre che sarà invece ricoperto dai vituperi di chi senza essersi sporcate le mani riceverà un bel dono che non gli sarà costato sicuramente nulla.

Ecco, insomma: ci dicono lasciateci fare, come avete fatto con Monti in nome delle “convergenze parallele” senza rendersi conto che ci siamo stancati di non vederne la fine. E sospettarne il fine, però.