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Le commissioni placebo per l’antimafia

C’è qualcosa di sinistro nel silenzio che circonda la Commissione Antima­fia del Consiglio Regionale della Lom­bardia in questi mesi e, più in genera­le, nell’abitudine nazionale alle istitu­zioni antimafiose trattate come merlet­ti doverosi per consenso e smussati nell’azione: la sensazione che ci basti così.

L’istituzione di una Commissione An­timafia viene celebrata, al solito, con conferenze stampa dai toni polizieschi e severi e dalla ricorrenza di nomi eroici del passato (così difficili, del resto, da scovare nel contemporaneo) insieme alle fotografie di rito. Poi poco o nulla. Qual­che commemorazione in sale ben bardate o l’audizione formale di qualche saggio per riempire i verbali sono gli slanci che ci arrivano.

Eppure la Commissione Antimafia ha due vie possibili da seguire per essere viva e presente e quindi utile: o essere la voce pungente di una comunicazione che non vuole concedere spazi e pieghe all’indifferenza (in fondo è il cuore dell’azione di tante associazioni antima­fia da Libera fino alle più piccole realtà locali) oppure un luogo di studio silen­zioso ed operoso di pratiche amministra­tive e di analisi (il Comune di Milano sta lavorando sotto questo profilo). Il resto è solo una coccarda effimera e inutile per mettere a tacere le critiche.

Stupisce, del resto, che nel luogo in cui nel Consiglio comunale di Milano coor­dina il presidente David Gentili (che su questi temi lavora da anni nella propria esperienza politica) in Regione Lombar­dia ci sia Gian Antonio Girelli che pur essendo un ottima persona e un politico capace, per carità, viene da esperienze nel campo sanitario e nelle politiche so­ciali.

Ecco, ogni tanto assale il dubbio che la Commissione Antimafia (in tutte le sue mille declinazioni di nome che si ritrova ad avere nelle diverse amministrazioni) sia una testimonianza che “si basta sol­tanto nell’esistere” come un testimonian­za di impegno.

Qualcuno dice che comunque è un ini­zio, certo, nella Regione dell’ex assessor­e Zambetti che si comprava tranquillam­ente voti al supermercato della ‘ndran­gheta ma il dubbio, ed è un dubbio dolo­roso, è che in nome della pochezza pas­sata ci si debba accontentare del bro­dino presente.

Forse varrebbe l’adagio di Giovanni Falcone: “Se vogliamo combattere effi­cacemente la mafia, non dobbiamo tra­sformarla in un mostro né pensare che sia una piovra o un cancro. Dobbiamo rico­noscere che ci rassomiglia”.

(scritto per I Siciliani Giovani)