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Non dire mai grazie

Stamattina mi sono alzato con la voglia di ringraziarvi. Non si usa, anzi si usa poco, di solito a fine serata per gli sponsor o qualcosa del genere ma quando questa mattina ho aperto gli occhi, nel letto, pensando a quanto sono riuscito a stare leggero (per niente a galla, ma con il timone saldo, direi, piuttosto) in questi giorni, ecco, ho pensato che di solito non mi prendo mai il tempo e il modo di ringraziare. È una deformazione professionale, forse, che mi fa rincorrere i “cattivi” e vorrebbe convincermi a sospettare anche di tutti i “buoni”. Ho sempre fatto fatica a togliermelo il vizio, del resto. Voglio ringraziare quelli che mi stanno scrivendo, voglio ringraziare amici che mi hanno sostenuto con preoccupazione e azione, soprattutto facendo quello che per ora si può fare aspettando i riscontri, la magistratura e tutto il resto. Voglio ringraziare le associazioni, i comitati e i politici (sì i politici, tu pensa, eh) che stanno interrogando le istituzioni e voglio ringraziare i ragazzi della mia scorta che dividono questa aria pesante che non si affetta ma purtroppo si moltiplica per le persone che la devono respirare in giro. Voglio ringraziare il mio lavoro (il palco e la penna) che sono il mio porto con le sponde sempre alte e voglio ringraziare chi mi sta vicino che mi divide (lei sì, senza moltiplicazioni) il peso. Ed è più facile.
Sarebbe bello che tornasse di moda la gratitudine, sarebbe un mondo terribilmente solidale, con meno isole, meno solitudini e molto più forte. Anche contro le mafie.