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La mia intervista per lindifferenziato.com

Rubrica mensile del portale www.lindifferenziato.com

Nel 2009 ha messo in scena il suo spettacolo Do ut Des, sui riti e conviti mafiosi. A causa delle minacce mafiose ricevute a seguito della messa in scena della sua opera, gli è stata assegnata una scorta. Proprio in questi giorni è stato svelato da un pentito un piano della ndrangheta per eliminarla. Qual è la cosa che le manca di più della vita “normale”? Nei momenti di sconforto cosa le da la forza per andare avanti e cosa pensa per farsi coraggio?

Devo confessare che trovo molta normalità nella vita che faccio e sono più portato a scandalizzarmi per la pavidità diffusa; non per eroismo o per inseguire il superuomo, per carità, ma perché continuo a credere che l’isolamento sia sempre provocato dal silenzio dei giusti piuttosto che dal rumore dei “cattivi”. Certo c’è un’intimità che diventa molto più complicata e una programmazione da cui non si può sfuggire ma la privazione vale la lotta. Per questo quando mi capita un momento di sconforto posso pensare che l’appoggio delle molte persone che mi leggono o vengono a vedermi a teatro è una protezione che non posso deludere.

Come spiegherebbe ad un bambino cosa è la mafia?

Quando tre o più persone si mettono d’accordo, con mezzi e metodi fuorilegge, di arricchirsi impoverendo tutti gli altri. La mafia è egoismo organizzato in un tempo di solidarietà parecchio sgangherata.

Nel 2012 ha scritto un libro “L’Innocenza di Giulio”. Nella sua presentazione sostiene che “legittimare l’illegalità è la sfida della politica italiana. La vicenda Andreotti è il simbolo di una storia che parte da lontano, sale su fino agli albori della Repubblica e scivola fino a oggi, alle leggi fatte apposta per fermare i processi e alla prescrizione dei reati. Prescritto è diventato sinonimo di innocente.” Cosa pensa quando sente dichiarare in tv o sui giornali che Giulio Andreotti era innocente ed è stato un perseguitato politico? Come crede sia possibile il fatto che la maggioranza degli italiani ritengano veritiera questa opinione?

Proclamare continuamente l’innocenza di Giulio Andreotti è un metodo per discolpare gli italiani e per questo la sentenza manipolata viene accolta spesso con un moto quasi di sollievo. La maggioranza degli italiani ha trovato comodo credere a ciò che le veniva raccontato da una larga parte (servile) dell’informazione perché accettare il verdetto televisivo costava poca fatica e non richiedeva un particolare allenamento del muscolo della curiosità; muscolo parecchio atrofizzato in questo Paese.

Recentemente sul suo blog ha scritto: “Puttana la cultura. E’ la vera prostituta del Parlamento. E non solo. Nei Consigli Regionali e in centinaia di Comuni grandi o piccoli. La Cultura è la puttana che tutti usano per garantirsi un aplomb responsabile e intellettuale in campagna elettorale o mentre si sta all’opposizione e che viene poi lasciata appena ci si ritrova a governare in un posto qualunque. A parole la scopano tutti ma poi in fondo non la vuole nessuno. Perché la Cultura richiede sacrificio, chiede che ci venga messa sopra una testa pensante prima di qualsiasi decisione e la Cultura ha bisogno di avere lo spessore politico di sapere giudicare al di fuori delle tonnellate, dei trend, dei risultati finanziari e del “ce lo chiede l’Europa”. Alla luce di questa sua denuncia, quanto reputa profonda la crisi culturale che attanaglia l’Italia? Vede una via d’uscita a questa situazione?

La crisi che stiamo vivendo è soprattutto culturale. Lo sentiamo ripetere da anni, l’abbiamo letto benissimo tra le pagine di Pasolini, lo manifestiamo spesso nelle piazze o nei convegni eppure non riusciamo a declinare l’indignazione in azione. Ci siamo affidati all’economia credendo che l’etica dei numeri non chiedesse la responsabilità di una guida culturale e oggi paghiamo il prezzo di una mancata capacità di elaborazione di pensiero collettiva.

Nell’estate del 2011 ha lasciato l’IDV ed è approdato in Sel “per contribuire a costruire il cantiere della sinistra”. Quanto dovranno aspettare ancora gli elettori di centro-sinistra per veder nascere realmente questo cantiere?

Questa è la domanda più difficile: stiamo aspettando Godot.

Le propongo un gioco molto semplice: le scrivo dei nomi e lei mi dice quale personaggio cinematografico o letterario le fanno venire in mente, spiegando brevemente i motivi dell’accoppiamento.

Matteo Renzi: una tartina da aperitivo. Stuzzica ma non sfama. Non scomoderei cinema e letteratura.

Giovanni Falcone: Ulisse. Solo che non siamo stati capace di farlo tornare a casa.

Silvio Berlusconi: un bravo che è riuscito a diventare Don Rodrigo.

Roberto Calderoli: uno gnu del monologo di Fo. Corre solo per fare polvere.

Giorgio Ambrosoli: credo che Stajano l’abbia raccontato meravigliosamente. Giorgio Ambrosoli è quel Giorgio Ambrosoli.

Giorgio Napolitano: Gargantua. Onnivoro al di là della giusta misura.

Beppe Grillo: uno Zanni, che non riesce ad educarsi.

Toto Riina: un bluff. Sta ai boss come Moccia sta all’amore.

Peppino Impastato: per l’antimafia è un vangelo che qualcuno vorrebbe apocrifo.

Antonio Gramsci scriveva che “ L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera.” In che misura la nostra società è indifferente e omertosa?

E’ il vero cancro di questo tempo: gli indifferenti inutili che si sentono legittimati.

Quali sono i progetti futuri di Giulio Cavalli? Cosa si augura per il suo futuro professionale e cosa spera, invece, per l’Italia?

Sto scrivendo il mio primo romanzo. Sto preparando due nuovi spettacoli. E immagino (e lavoro) per un’Italia all’altezza delle aspirazioni delle sue persone migliori.