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Se Riina perde la maschera

Abbiamo vissuto due tempi paralleli in questi ultimi anni, accorgendosene poco, sulla proiezione di Totò Riina: da una parte il boss raccontato (a volte anche male inseguendo fascinazioni negative) e dall’altra l’anziano e corto detenuto che ha sempre finto di essere solo anziano e corto. Ora le indiscrezione de Il Fatto Quotidiano sulle intercettazioni catturate durante l’ora d’aria del boss al 41 bis nel carcere di Opera fanno finalmente cadere il velo:

“Questi cornuti… (i pm di Palermo, ndr), se fossi fuori gli macinerei le ossa”. E ancora bisbigliando: “Sono stati capaci di portarsi pure Napolitano”.

Il boss corleonese parla anche dell’ex premier Berlusconi: “A quello carcere non gliene fanno fare… Ci vuole solo che gli concedano la grazia”. E poi, rispondendo agli elogi di Lorusso: “Io sono sempre stato un potentoso deciso, non ho mai perso tempo… e se fossi libero, saprei cosa fare, non perderei un minuto, a questi cornuti gli macinerei le ossa”.

Riina non ha freni con il suo interlocutore arrivando a parlare anche delle stragi del 1992, quelle di Capaci e via d’Amelio: “Quello venne per i tonni – ha detto alludendo a Falcone che nel maggio del ’92 era stato invitato a Favignana ad assistere alla mattanza – e gli ho fatto fare la fine del tonno”.

“U curtu” parla di “segreti fittissimi”, in particolare proprio su Capaci. Cose che “i picciotti di Cosa nostra non dovranno sapere mai”. L’unico ad aver avuto il quadro completo, a suo dire, è stato il pentito Totò Cancemi, ex capomandamento di Porta Nuova, deceduto nel 2011.
Ma è sul processo trattativa Stato-mafia che Riina sfoga la sua rabbia: “Mi fa impazzire. Questi pm mi fanno impazzire”. In particolare rivolge le proprie affermazioni contro il pm Antonino Di Matteo: “Ma che vuole questo? Perché mi guarda? A questo devo fargli fare la fine degli altri. Fa parlare i pentiti, gli tira le cose di bocca è uno troppo accanito”.
Le cimici registrano tutto e dall’altra parte ascolta gli inquirenti della Dia e della Procura di Palermo. Riina è come un fiume in piena e parla anche della strage che ha portato alla morte di Rocco Chinnici nell’83: “A quello l’ho fatto volare in aria, saltò in aria e poi tornò per terra, fece un volo”.

Riina parla delle stragi descrivendosi come il capo dell’organizzazione che sfidò lo Stato, dicendosi rammaricato per non aver potuto proseguire anche se avrebbe agito in maniera diversa rispetto ai suoi “successori”: “Io avrei continuato a fare stragi in Sicilia, piuttosto che queste cose in Continente, cose ambigue… dovevamo continuare qui”.

Ora le domande sono spontanee:

– Perché Riina teme così tanto il processo sulla presunta “trattativa”?

– Quali sono le “cose ambigue” fatte in Continente su cui Riina non era d’accordo?

– Se i pm di Palermo fanno addirittura “parlare i pentiti” chi sono quei pm che non li hanno fatti (o non li fanno) parlare?

– Perché escono queste intercettazioni?

Ecco, sarebbe bello partire da qui.