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L’inganno

Riflettere sulle parole di Gianfrancesco Turano e le ombre di Rosy Canale (e gli abbracci):

La serata del teatro Parenti, preceduta da un dibattito fra Rosy e Nando Dalla Chiesa, si conclude con un trionfo. Metà della sala piange. Tutti applaudono. L’onda emotiva ha travolto le incongruenze del racconto. Un racconto che, peraltro, è già stato espurgato da particolari imbarazzanti che si trovano nel libro La mia ‘ndrangheta che Rosy Canale ha pubblicato per le Edizioni Paoline.

Lì il ritratto dell’autrice da giovane rivela qualche particolare imbarazzante. Rosy stessa racconta del suo flirt da diciannovenne, quindi in piena guerra, con un “ragazzo dagli occhi dolci”. Incomincia a frequentarlo e conosce i suoi amici. Fra questi, un certo Giuseppe, simpatico e spiritoso, che invita la comitiva a casa sua, ad Archi. Uno strano luogo pieno di telecamere di sorveglianza. Con grande stupore Rosy scopre di essere a casa di Peppe De Stefano, figlio di Paolo boss di Archi ucciso dai Condello-Imerti nel 1985, ed erede del padre con la carica di Capocrimine.

Il “ragazzo dagli occhi dolci” fa parte del gruppo di fuoco dei destefaniani in guerra. Forse questo circuito di conoscenze potrebbe spiegare perché il Malaluna ha avuto problemi con la coca ma non con il pizzo. Del resto, il Malaluna non è mai stato di Rosy Canale. Lei si limitava a presiedere un’associazione senza scopo di lucro che gestiva uno dei locali più ricchi di Reggio in un contesto di grande rilassatezza fiscale. Men che meno è di Rosy Canale l’immobile, che adesso ospita una sala di videolotterie e poker elettronico. Lo stabile appartiene a tale Gaetano Tramontano, un gagliardo reggino nato nel 1904 che l’anno prossimo festeggerà i suoi 110 anni, salvo che qualcuno si ricordi di dichiararlo morto e magari riveli al catasto il reale proprietario.

Dopo la sera del Parenti, la tournée di Rosy è andata avanti con lo stesso successo della serata di Milano e un accompagnamento di recensioni entusiastiche. Adesso il giro dei teatri registrerà una pausa ma il danno è fatto. Chi ha pianto in teatro la prossima volta non ci andrà più in teatro e la ‘ndrangheta avrà trovato un mezzo molto più efficace della censura per tornare sotto traccia: creare un finto martire e aspettare che si screditi da solo.