Vai al contenuto

Tre proposte per mangiare i libri

Alessio Aringoli ne parla sull’Huffington Post. Personalmente credo che siano semplici semplici e attuabili per parlarne:

Primo. Consentire e sostenere un rapporto diretto fra scuole ed editori. Non gli editori scolastici (che si rivolgono agli insegnanti), ma tutti gli editori: grandi, piccoli e medi. C’è spazio e lavoro per tutti, visto che, a proposito di spread con la Germania, abbiamo 34 punti di gap da recuperare sull’indice di lettura (46 contro 80). E li possiamo recuperare, se lo vogliamo davvero. I ragazzi dai 14 ai 19 anni (l’età decisiva per stabilire se sarai un lettore) devono poter accedere ai cataloghi e comprare i libri facilmente, scegliendoli con libertà, anche a prescindere dal programma, con sconti molto alti e condizioni di favore. Le scuole non solo possono essere uno spazio d’incontro tra libri e lettori, ma sono il solo luogo in cui si può dare ossigeno ed energia realmente nuova a tutta l’editoria, e di riflesso a tutta la cultura (chi legge poi di solito va anche a visitare i musei, a teatro, ecc.).

Secondo. Nelle periferie e nei quartieri popolari della grandi città si devono costruire Case della Lettura, che siano dei veri e propri centri sociali pubblici, in sinergia con associazioni, comitati, cittadini.

Terzo. Ogni Regione italiana dovrebbe organizzare annualmente una Festa della Lettura, coinvolgendo nell’organizzazione editori, librai, realtà culturali del territorio. Eventi di forte impatto, a costi bassissimi (che si potrebbero pagare con il contributo di sponsor e degli operatori).

Se queste proposte (tra cui quella sulle scuole è la più importante) non si discutono ancora (nonostante tutto il settore editoriale sia in una situazione per molti versi disastrosa, e nonostante nel Paese ci siano centinaia di migliaia di disoccupati o sotto-occupati intellettualmente qualificati per i quali l’editoria sarebbe uno sbocco naturale, se non l’unico possibile) è perché – va detto con franchezza – poche realtà relativamente più forti preferiscono mantenere in piedi un sistema vecchio, chiuso e inadeguato (che, peraltro, presto o tardi verrà travolto da Amazon), nel quadro di un Paese in cui si legge pochissimo, pur di esercitare una posizione di oligopolio.

Si preferisce, insomma, detta brutalmente, un Paese ignorante e un’editoria povera, ma in cui si conservano posizioni di rendita più o meno durature, rispetto ad un’apertura alle possibilità di sviluppo
esistenti.

L’articolo completo è qui.