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I Riina e la Puglia

Giusto oggi riflettevo sullo strano legame con la Puglia della famiglia Riina: partendo da Totò che nel carcere di Opera si lascia andare allegramente alle considerazioni con il boss della Sacra Corona Unita Lorusso fino ai viaggi “pugliesi” della sua famiglia. L’idea che Cosa Nostra sia un’entità separata da camorra, ‘ndrangheta e tutte le altre organizzazioni criminali orami è superata dagli studi, dai riscontri e anche nei fatti. Ne ha scritto un articolo come sempre intelligente e interessante Lirio Abbate per L’Espresso:

170908228-b858e71d-d78e-4881-b375-73cbf6cafb86La signora Ninetta Bagarella, sposa di Totò Riina, nei mesi scorsi ha fatto un giro nel Brindisino. Dopo aver abbracciato la figlia e i nipoti che si sono trasferiti in Puglia, è andata a salutare la moglie del capomafia Giuseppe Rogoli, uno dei fondatori della Sacra corona unita, in carcere per scontare tre ergastoli. Le due donne, secondo quello che risulta a “l’Espresso”, si incontrano a Mesagne, come se fosse una visita di cortesia, e conversano da vecchie amiche, accomunate dalla stessa passione: quella per i boss. La coincidenza vuole che sia pugliese pure la “dama di compagnia”, così viene chiamato nel gergo carcerario il detenuto che trascorre ogni giorno l’ora di socializzazione con i mafiosi al 41 bis. La “dama” di Riina è Angelo Lorusso, con un passato criminale insignificante, ma ben preparato sulla storia di Cosa nostra. Della mafia siciliana il pugliese conosce tutto. Lorusso stuzzica Riina durante le passeggiate nel cortile del carcere di Opera e lo aizza sui magistrati di Palermo, in particolare su quelli che sostengono l’accusa nel processo sulla trattativa fra mafia e Stato. Lo fa parlare delle stragi, a cominciare dalla morte del giudice Chinnici fino agli attentati contro Falcone e Borsellino, criticando anche il comportamento del latitante Matteo Messina Denaro che «pensa solo a se stesso» fino alla mancanza di coraggio dei mafiosi di oggi che non vogliono delitti eccellenti. Ma contro il pm Nino Di Matteo le affermazioni del boss sono pesantissime. Riina lo vorrebbe morto «come un tonno». Ma in libertà non ci sarebbe nessuno disposto a riprendere la stagione stragista dei corleonesi. Sarà così? Lorusso incalza molto Riina, facendogli fare affermazioni e rivelazioni su stragi e omicidi che per tre mesi sono state registrate da telecamere e microspie della Dia fatte piazzare dai pm. Si vedono i due parlare a lungo, appartati in un angolo in cui Riina e Lorusso credono di essere al riparo e quindi possono discorrere liberamente. Ma chi ha voluto che Lorusso diventasse la “dama” di Riina? La coppia sembra essere stata formata dal Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria) dopo aver ricevuto l’indicazione del nome dalla Procura nazionale antimafia. Una prassi che si ripete per tutti i capimafia detenuti. Sarà forse una coincidenza, ma anche la “dama” precedente a Lorusso assegnata a Riina era un pugliese. L’unico detenuto al 41 bis che da quasi trent’anni si rifiuta di avere una compagnia è don Raffaele Cutolo, perché non gradisce i reclusi che gli vengono assegnati per la socializzazione. E da sempre trascorre la sua detenzione in completa solitudine. La procura di Caltanissetta sta indagando su queste minacce, contenute nelle conversazioni intercettate da settembre a novembre scorso. E il Dap nei giorni scorsi ha completato il parere per sottoporre Riina a un ulteriore restringimento del carcere duro previsto dal 41 bis, che lo porterà a un ulteriore isolamento: niente più “dama di compagnia” e niente più passeggiate per sei mesi. In passato allo stesso provvedimento sono stati sottoposti Bagarella e Provenzano. Il comportamento di Riina, con l’eco mediatica provocata dalle intercettazioni, ha creato negli ultimi mesi un clima tesissimo dentro il carcere di Opera. Lì il “capo dei capi” sembrava primeggiare su tutti e rispolverare un atteggiamento spavaldo da padrino, al punto da fargli rispuntare in viso il suo ghigno da “belva”: quello che illuminava il suo volto prima di lanciarsi sulla vittima designata, descritto da tanti collaboratori di giustizia. Un’eccezione anomala. A Opera sono rinchiusi i più pericolosi criminali, ma a nessuno è permesso avere lo stesso comportamento assunto da Riina.