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Per essere antipatici: una precisazione sugli spot antimafia di oggi

Come al solito senza peli sulla lingua Giovanna Maggiani Chelli, Presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili, puntualizza qualcosa che conviene tenere a mente anche ai fidati consiglieri di Renzi che l’hanno convinto a pronunciare almeno la parola “mafia”:

Non abbiamo mai creduto agli spot antimafia sui beni confiscati a “cosa nostra“, perché poi abbiamo ben visto come è andata a finire, quando ci siamo presentati dopo una causa civile contro Salvatore Riina e Giuseppe Graviano, abbiamo trovato il Fondo 512 legge del 1999 per le vittime di mafia vuoto e ci sono voluti anni e abbiamo dovuto andare con gli striscioni di contestazione in via dei Georgofili, per sistemare la questione risarcitoria della nostra causa datata in via risolutiva ottobre 2007.
Peraltro oggi la situazione del Fondo 512/1999 legge apprezzata a livello mondiale, quale contrasto alle organizzazioni mafiose, non è poi così rosea come dovrebbe, perché ancora fatichiamo a far rientrare quelle insignificanti cifre che comunque spettano alle nostre vittime;
e inoltre il Fondo 512 è stato inglobato con altri fondi lacunosi che frenano irrimediabilmente i risarcimenti alle vittime di mafia che portano i criminali mafiosi prima in causa penale e poi in causa civile.
Quindi è con grande apprensione che ascoltiamo frasi ormai si può dire intrise di retorica per i beni confiscati alla mafia.
Temiamo ancora una volta la solita demagogia, il solito trionfalismo e soprattutto la solita ricerca affannosa attraverso spot e icone di confisca dei beni alla mafia per alimentare carriere politiche. Per non parlare poi di una voglia spasmodica che da anni sentiamo, quella di mettere le mani sui soldi che la mafia ha guadagnato illecitamente, non per fini di ritorno alle vittime di mafia, e ai territori depredati dalla mafia, bensì a chi dell’antimafia ha fatto un mestiere.